RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 28 ottobre 2025

LA LIBERTÀ GIORNALISTICA NEGATA NEL MONDO QUANDO INFORMARE DIVENTA UN RISCHIO





 L’attentato contro Sigfrido Ranucci, avvenuto, come è noto, nella notte tra il 16 e il 17 ottobre 2025, rappresenta uno dei momenti più inquietanti per la libertà di stampa in Italia degli ultimi anni. Un ordigno artigianale è stato collocato nei pressi della sua abitazione a Campo Ascolano (a Pomezia – RM). L’esplosione ha distrutto due automobili, una delle quali appartenente alla figlia, senza provocare feriti ma generando un forte allarme sociale. Si è parlato di danneggiamento aggravato dal metodo mafioso, ma al di là delle qualificazioni giuridiche resta evidente che l’obiettivo non era soltanto materiale: l’esplosione è un messaggio. Ranucci, giornalista e conduttore di Report, è da anni un punto di riferimento del giornalismo d’inchiesta in Italia, con un passato di indagini su corruzione, mafie e intrecci tra politica e potere economico. Non è la prima volta che riceve minacce, ma in questa occasione la violenza ha superato la soglia del simbolico, trasformandosi in un atto che va oltre l’intimidazione diretta. La reazione è stata immediata: solidarietà da parte delle istituzioni, dei colleghi italiani e stranieri, e di organizzazioni internazionali come Article 19, Reporters Without Borders e il Media Freedom Rapid Response. Anche il Parlamento Europeo ha chiesto un dibattito urgente sulla sicurezza dei giornalisti, riconoscendo che l’attacco a Ranucci è un segnale del deterioramento generale della libertà di stampa in Europa. Capire cosa significhi libertà di stampa nel contesto internazionale richiede di guardare oltre i singoli episodi di censura o intimidazione e di analizzare i meccanismi più profondi che condizionano l’informazione. L’organizzazione Reporters Sans Frontières (RSF), che ogni anno pubblica la World Press Freedom Index, offre proprio questa visione d’insieme. La classifica, che valuta 180 Paesi, si basa su un’analisi complessa costruita attraverso centinaia di questionari rivolti a giornalisti, esperti e accademici, e su dati concreti riguardanti violenze, arresti, minacce e limitazioni alla libertà di informazione. Gli indicatori utilizzati da RSF non si limitano a misurare la censura diretta, ma considerano anche gli aspetti politici, economici e culturali che definiscono la qualità e l’indipendenza del giornalismo. I cinque ambiti principali in cui emerge il fenomeno: sono il contesto politico, che valuta il grado di indipendenza del giornalismo rispetto al potere, la libertà di critica verso i leader e la trasparenza nell’accesso alle informazioni; il quadro giuridico, che esamina le leggi sulla stampa e la loro applicazione, compresa la protezione delle fonti e il diritto di accesso ai documenti pubblici; il contesto economico, che riguarda la concentrazione della proprietà dei media, la trasparenza dei finanziamenti e l’autonomia delle redazioni; il contesto socioculturale, che misura il livello di fiducia del pubblico nei media, la presenza di autocensura e la tolleranza verso opinioni diverse; infine, la sicurezza, che valuta i rischi fisici e psicologici per i giornalisti, le aggressioni, le minacce, la sorveglianza e l’impunità per chi li colpisce. Ogni Paese riceve un punteggio da 0 a 100 su ciascun indicatore (più alto equivale a maggiore libertà) e la media ponderata determina la posizione nella classifica mondiale, pubblicata ogni anno il 3 maggio, in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa delle Nazioni Unite. Nel caso dell’Italia RSF segnala da tempo diverse criticità: la pressione politica e la lottizzazione dei media pubblici, la concentrazione della proprietà nel settore privato, l’uso frequente delle querele temerarie, la scarsa protezione delle fonti e le minacce — spesso mafiose — ai cronisti locali. Allo stesso tempo l’organizzazione riconosce anche elementi positivi, come il pluralismo delle testate e il ruolo crescente di redazioni indipendenti impegnate nella difesa del giornalismo d’inchiesta. Tra le principali minacce strutturali alla libertà di stampa emergono oggi le SLAPP (Strategic Lawsuit Against Public Participation, ovvero azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica). Si tratta di cause civili o penali intentate non per ottenere giustizia, ma per intimidire, zittire o scoraggiare giornalisti, attivisti o ricercatori che denunciano casi di corruzione, malaffare o abuso di potere. Chi le promuove — spesso soggetti potenti o imprese — utilizza il sistema giudiziario come strumento di pressione: anche se la causa è infondata, costringe il bersaglio a sostenere anni di spese legali, stress e rischi economici, fino a indurlo all’autocensura. L’Unione Europea, consapevole della pericolosità di queste pratiche, ha introdotto nel 2024 una Direttiva anti-SLAPP, che prevede la possibilità di respingere le cause manifestamente infondate, di sanzionare chi promuove azioni intimidatorie e di fornire assistenza legale alle vittime. Nel complesso la classifica di RSF non è una semplice gara tra Paesi, ma una vera radiografia delle condizioni in cui il giornalismo può o non può esercitare la sua funzione di controllo del potere. Le SLAPP, le minacce fisiche, le pressioni politiche e le distorsioni economiche sono solo diverse facce dello stesso problema: la riduzione progressiva dello spazio critico e della libertà di parola. In un’epoca di disinformazione e polarizzazione, difendere la libertà di stampa non significa solo proteggere i giornalisti, ma garantire ai cittadini il diritto di conoscere la verità e partecipare consapevolmente alla vita democratica. Oltre alla classifica di Reporters Sans Frontières, esistono diverse altre iniziative che, con metodologie e prospettive differenti, cercano di misurare lo stato della libertà giornalistica nel mondo. In generale tutte condividono l’obiettivo di capire quanto i media siano realmente liberi di informare senza pressioni politiche, economiche o sociali, ma ognuna adotta strumenti di analisi propri. L’UNESCO, ad esempio, non produce una classifica numerica ma promuove il Piano d’Azione delle Nazioni Unite per la sicurezza dei giornalisti e la lotta all’impunità, concentrandosi sulla protezione fisica e legale dei cronisti e sul monitoraggio delle violenze subite. L’International IDEA (Institute for Democracy and Electoral Assistance) include invece la libertà di stampa tra gli indicatori del suo Global State of Democracy Report, che valuta il funzionamento complessivo delle democrazie, analizzando anche pluralismo, libertà civili e accesso all’informazione. Un’altra fonte autorevole è Freedom House, con il rapporto annuale Freedom in the World, che misura la libertà di espressione e di stampa come parte dei diritti civili e politici. I punteggi di Freedom House si basano su un’analisi combinata di dati, interviste e consultazioni con esperti regionali, e sono spesso utilizzati anche da organismi internazionali e università. Accanto a questi esistono osservatori regionali o tematici, come il South East European Media Observatory o il Committee to Protect Journalists (CPJ), che si concentrano sul monitoraggio diretto di casi di intimidazione, censura o violenza. In sintesi, mentre Reporters Sans Frontières offre un indice globale comparativo, altre istituzioni come UNESCO, Freedom House e International IDEA adottano un approccio più qualitativo, orientato ai diritti umani e alla sicurezza. Tutte insieme, queste iniziative contribuiscono a delineare un quadro più ampio: la libertà di stampa non è un dato statico, ma un indicatore sensibile dello stato di salute delle democrazie, e la sua tutela rappresenta una misura concreta del livello di civiltà e trasparenza di un Paese.

Roberto Rapaccini