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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

venerdì 10 gennaio 2025

CECILIA SALA E' TORNATA A CASA LIBERA. UN SUCCESSO DI DIPLOMAZIA E SERVIZI (Gennaio 2025)

La liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala, che, com’è noto, è avvenuta ieri dopo tre settimane di detenzione nel carcere di Evin a Teheran, rappresenta un importante successo per la diplomazia e i servizi segreti italiani. Ricordo che Cecilia Sala, 29 anni, era stata arrestata il 19 dicembre u.s. con un’accusa generica e poco circostanziata (pertanto apparentemente pretestuosa) di aver violato le leggi iraniane, nonostante fosse entrata nel Paese con un regolare visto giornalistico. Il contesto dell’arresto risulta centrale per comprendere le dinamiche della vicenda. Pochi giorni prima le autorità italiane avevano sottoposto a custodia Mohammad Abedini Najafabadi, un ingegnere svizzero-iraniano fermato all’aeroporto di Milano-Malpensa su richiesta degli Stati Uniti. Mohammad Abedini Najafabadi era accusato di traffico di componenti elettronici strategici destinati all’Iran, con potenziali implicazioni per il programma militare della Repubblica Islamica. La coincidenza temporale tra i due eventi ha immediatamente suggerito un collegamento: l’arresto di Cecilia Sala poteva essere una risposta delle autorità iraniane alla detenzione di Mohammad Abedini Najafabadi. Il fermo della giornalista italiana infatti avrebbe potuto essere utilizzato come leva per negoziare il rilascio dell’ingegnere. Tra l’altro, l’Iran ha spesso fatto ricorso alla detenzione di cittadini stranieri come strumento di pressione politica e diplomatica. Il contesto internazionale ha contribuito ad amplificare la complessità della situazione. L’arresto di Cecilia Sala infatti si è verificato in un periodo di forti tensioni tra l’Iran e i Paesi occidentali, ulteriormente aggravate dall’inasprimento delle sanzioni economiche e dalla crescente attenzione sulle sue attività militari. L’Iran inoltre sta vivendo complicate e difficili vicende interne, caratterizzate da sempre più frequenti proteste popolari e da latenti conflitti istituzionali. Il  governo iraniano, al fine di sfruttare al massimo l’impatto mediatico dell’arresto e utilizzarlo per fini negoziali,  per la custodia della giornalista ha scelto il carcere di Evin, noto per detenere prigionieri politici e persone accusate di spionaggio. In questo modo la detenzione ha assunto una forte connotazione simbolica ed intimidatoria. Il successo dell’operazione è stato preceduto da un’intensa attività di intelligence guidata dall’AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna). Gli 007 italiani hanno probabilmente monitorato comunicazioni, contattato fonti locali e analizzato tutti gli attori coinvolti per comprendere il contesto dell’arresto e le motivazioni reali dietro la detenzione. Hanno sicuramente agito inoltre come intermediari discreti, stabilendo contatti diretti con funzionari iraniani e valutando l’opzione più opportuna per ottenere il rilascio, ovvero lo scambio,  o concessioni diplomatiche, o altre opzioni. Parte essenziale di queste operazioni è stata garantire la sicurezza delle comunicazioni per evitare fughe di notizie o interferenze esterne che potessero compromettere il negoziato. La liberazione di Cecilia Sala è stata accompagnata dalla presenza di alti funzionari dell’intelligence, con la partecipazione del generale Gianni Caravelli, direttore dell’AISE, sul volo di ritorno, un segnale della serietà e dell’impegno diretto dell’Italia. La diplomazia ha lavorato in parallelo con l’intelligence, esplorando soluzioni e negoziando con equilibrio. L’Ambasciata italiana a Teheran e il Ministero degli Esteri a Roma hanno sicuramente svolto un ruolo centrale nel dialogo con il governo iraniano. Il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha probabilmente mantenuto un tono istituzionale per evitare malintesi, data la delicatezza della questione. Storicamente, l’Italia ha sempre mantenuto rapporti pragmatici e meno conflittuali con l’Iran rispetto ad altri Paesi occidentali, il che ha favorito un dialogo diretto, senza la necessità di intermediari. La diplomazia italiana ha inviato messaggi chiari, sottolineando l’urgenza di una soluzione e il rischio di danni alla reputazione internazionale dell’Iran in caso di ulteriori complicazioni. La creazione di un clima di fiducia richiede che siano ridotte al minimo le esternazioni pubbliche: limitare l’esposizione mediatica è essenziale per consentire un dialogo riservato e produttivo. La diplomazia evita di norma il ricorso a ultimatum, preferendo negoziati graduali e discreti. In casi come quello di Cecilia Sala, la diplomazia ha anche  il compito di bilanciare interessi strategici nazionali, relazioni bilaterali e diritti umani. Particolarmente influente è stato il contributo della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha dimostrato capacità di leadership e determinazione nel garantire il rilascio della giornalista. Il successo dell’operazione, come dichiarato dalla stessa Premier, è stato il risultato di una combinazione vincente di azioni diplomatiche, intelligence strategica e coordinamento politico ai massimi livelli. Il suo intervento personale è stato un elemento fondamentale per sbloccare la situazione. In proposito, l’incontro riservato con Donald Trump potrebbe aver avuto l’obiettivo di assicurare un compromesso accettabile tra gli Stati Uniti e l’Iran. L’Iran ha probabilmente richiesto garanzie adeguate circa la sorte dell’ingegnere iraniano in cambio del rilascio della giornalista. La capacità di Meloni di negoziare senza compromettere la posizione strategica dell’Italia o accettare condizioni umilianti è stata un elemento particolarmente apprezzabile. L’esito favorevole della vicenda  era subordinato ad un atteggiamento flessibile e non intransigente di Donald Trump relativamente all’estradizione dell’ingegnere iraniano. Pertanto, il neoeletto presidente americano, pur non ancora ufficialmente in carica, probabilmente è stato decisivo nell’alleggerire la pressione del suo Paese, aprendo così la strada a una soluzione negoziale con l’Iran. Questa dinamica sottolinea l’importanza di rapporti diretti tra leader politici in situazioni complesse. Resta un’ultima questione: la sorte di Mohammad Abedini Najafabadi. Innanzitutto, i giudici italiani dovranno valutare la richiesta di estradizione presentata dagli Stati Uniti. Il procedimento prevede che la Corte d'Appello di Milano esamini la documentazione fornita dalle autorità americane per determinare se sussistano le condizioni legali per dare seguito alla richiesta. La decisione della Corte d'Appello è vincolante per quanto riguarda la legittimità dell'estradizione; tuttavia, la decisione finale spetta al Ministro della Giustizia italiano. In altre parole, anche se la Corte d'Appello esprimesse un parere favorevole, il Ministro ha l'autorità di concedere o rifiutare l'estradizione, considerando anche aspetti di sovranità, sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato. In sintesi, il processo di estradizione coinvolge sia l'autorità giudiziaria, che valuta la conformità legale della richiesta, sia l'autorità politica, rappresentata dal Ministro della Giustizia, che prende la decisione finale tenendo conto di vari fattori, inclusi quelli politici e diplomatici. Come scenario finale è improbabile l’estradizione dell’ingegnere iraniano verso gli Stati Uniti. È possibile che l’Iran ottenga il ritorno di Mohammad Abedini Najafabadi  nel Paese.  Si potrebbe optare per una soluzione compromissoria, in cui né gli Stati Uniti né l’Iran ottengono una vittoria completa. Questo o mediante l’espulsione dell’iraniano verso un Paese neutrale che  ne garantisca la protezione. O in alternativa, l’Italia potrebbe decidere di trattener Mohammad Abedini Najafabadi e avviare un processo interno per giudicare le accuse, evitando così di scegliere tra USA e Iran. Comunque, Cecilia è a casa, e questa è la cosa più importante.