Il 7 gennaio 2025
il neoeletto presidente Donald Trump ha tenuto una conferenza stampa presso la
sua residenza di Mar-a-Lago, esponendo un sintetico quadro delle priorità che scandiranno
il suo secondo mandato. L’evento, atteso con grande interesse sia dai
sostenitori che dai detrattori, è stato caratterizzato da indicazioni
programmatiche molto concrete annunciate con enfasi e determinazione. Un tema
centrale è stata la politica estera. Trump innanzitutto ha promesso di
intraprendere iniziative per porre fine ai conflitti in corso. Ha definito la
guerra in Ucraina un'orribile tragedia e si è impegnato a dialogare con
Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky per raggiungere una pace negoziata. Trump è
stato sempre critico nei confronti dell'approccio della Nato e degli Stati
Uniti, definendo un errore il sostegno militare che consente all’Ucraina
di colpire il territorio russo. Questa sua visione, che in concreto ribadisce
il suo sfavore per le alleanze multilaterali e la preferenza per iniziative
personali, solleva interrogativi su come gli Stati Uniti gestiranno la loro
leadership globale. Per quanto riguarda il Medio Oriente Trump ha
descritto come produttiva una recente conversazione con il primo
ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Ha dichiarato che nella questione l’obiettivo
principale del suo mandato sarà il rilascio degli ostaggi israeliani e la
cessazione delle ostilità a Gaza. In proposito ha avvertito che l'inferno si
scatenerà in Medio Oriente se gli ostaggi israeliani non verranno
restituiti prima del suo insediamento. Il neopresidente americano non ha
indicato quale strategia concreta seguirà nella delicata questione dei diritti
del popolo palestinese. La mancata
considerazione di questo aspetto costituirebbe una grave lacuna che potrebbe
limitare l'efficacia della sua politica nella regione. Se da un lato Trump
enfatizza il suo approccio diretto e personale con i leader mondiali,
dall’altro il rischio di alienare gli alleati tradizionali è evidente. La sua
visione bilaterale delle relazioni internazionali potrebbe conseguire successi
ma anche causare un isolamento crescente degli Stati Uniti. Trump ha espresso
l’intenzione di riportare il Canale di Panama sotto il controllo statunitense,
criticando l’influenza cinese - sebbene la Cina non controlli il canale direttamente,
alcune aziende cinesi gestiscono terminal portuali collegati al canale - e le
tariffe imposte alle navi americane, giudicate eccessive. Pertanto, ha espresso
l'intenzione di riprendere la gestione del canale di Panama, ma senza
specificare se attraverso negoziati diplomatici, pressioni economiche o misure
più drastiche. Da tali iniziative potrebbero seguire tensioni, oltre che con
Panama, anche con la Cina, nonché il rischio di compromettere le relazioni
diplomatiche e commerciali con i due Paesi. La proposta non appare praticabile
senza provocare una grave crisi: il governo di Panama difficilmente cederebbe
il controllo senza forti resistenze politiche e sociali. Trump ha poi parlato
della Groenlandia. Nel 2019 gli Stati Uniti avevano espresso interesse per
l’acquisto dell’isola; fu una proposta che generò scalpore internazionale e
venne rapidamente respinta dalla Danimarca. Nella conferenza Trump ha ribadito
questo interesse. La Groenlandia si trova in una posizione strategica per il
controllo della regione artica, nella quale cresce l’influenza cinese e russa; inoltre,
l’isola è un’area sempre più importante per le sue risorse naturali. Possiede
riserve significative di minerali rari, essenziali per tecnologie avanzate, come
batterie, turbine eoliche e dispositivi elettronici. Dall’esplorazione per la ricerca di petrolio e gas potrebbe scaturire
un’opportunità economica importante, anche se controversa per le implicazioni
ambientali. Gli Stati Uniti hanno già una presenza militare in Groenlandia
tramite la base aerea di Thule, ma acquisirne la sovranità consentirebbe un
controllo diretto e consoliderebbe la presenza in una regione sempre più
contesa. La proposta appare estremamente difficile da realizzare. La Danimarca
respinge da sempre l’idea della cessione. Sebbene sia sotto la sovranità
danese, la Groenlandia, che gode di un'ampia autonomia, ha sempre mostrato
scarso interesse per qualsiasi forma di vendita o alienazione di territorio. Trump
inoltre ha annunciato la proposta di rinominare il Golfo del Messico Golfo
d’America, al fine di ridefinire simbolicamente l'identità della regione, rivendicando
l’influenza degli Stati Uniti. La proposta riflette una visione nazionalista e
un tentativo di consolidare l’immagine degli Stati Uniti come attore dominante
nella regione. Questo tipo di proposta potrebbe essere destinata principalmente
a compiacere i sostenitori di Trump, molti dei quali vedrebbero il cambio di
nome come una riaffermazione dell’egemonia americana. La regione del Golfo del
Messico è strategicamente rilevante per il commercio globale e l’estrazione di
risorse naturali. Il cambio di nome potrebbe essere un messaggio diretto ai
vicini regionali e agli attori globali come la Cina, che cerca di espandere la
propria influenza economica anche in America Latina. Tuttavia, le implicazioni
pratiche del progetto sono limitate, mentre i rischi diplomatici con i vicini
regionali, come il Messico, sono significativi. Una parte centrale della
conferenza è stata dedicata all’impegno di rilanciare l’economia americana. Al
riguardo sono state annunciate alcune riforme. Saranno attuati tagli alla tassazione
e modifiche alle normative a cui sono soggette imprese o altre entità economiche
al fine di attirare investimenti stranieri e incentivare la crescita delle
aziende americane. Trump ha parlato di una nuova età dell’oro per gli
Stati Uniti, un’idea che strizza l’occhio alla sua base elettorale. Pur non
fornendo dettagli specifici, Trump ha accennato anche ad un piano massiccio per
migliorare le infrastrutture - in particolare nel settore energetico – al fine
di rendere gli Stati Uniti indipendenti dai fornitori esteri. Sebbene queste
promesse siano state accolte con entusiasmo dai suoi sostenitori, gli
economisti avvertono che un eccessivo taglio alle regolamentazioni potrebbe incidere
negativamente su settori critici come l'ambiente e la sicurezza sul lavoro. Uno
dei momenti più controversi è stato quando Trump ha affrontato il tema della
sanità. Ha riaffermato posizioni scettiche sui vaccini e ha manifestato preoccupazioni
per alcune presunte correlazioni con alcune patologie, peraltro smentite dalle
rappresentanze della comunità scientifica internazionale. Le dichiarazioni di
Trump sulla sanità rivelano un approccio che mescola proposte ambiziose, come
la riduzione dei costi dei farmaci, con posizioni controverse che rischiano di
minare la fiducia nella scienza e nei programmi di salute pubblica. Inoltre, la
nomina di Robert Kennedy Jr., noto per le sue posizioni antivacciniste, come
futuro Segretario alla Salute, è destinata a polarizzare ulteriormente il
dibattito pubblico. Trump ha inoltre annunciato
cambiamenti nel modo in cui l’amministrazione centrale opera.
Innanzitutto, viene visto con sfavore il lavoro da remoto per i dipendenti
federali: Trump ha definito il lavoro da casa una scusa per essere meno
produttivi. Questa decisione mira a riportare la produttività ai livelli
pre-pandemia, ma potrebbe incontrare resistenze in un contesto in cui il lavoro
ibrido è ormai la norma. Inoltre, sarà esplorata la possibilità di abolire l'ora legale: una proposta
giustificata con argomentazioni economiche e pratiche. Questo cambiamento
potrebbe sembrare marginale, ma riflette la sua tendenza a prendere decisioni
simboliche per conquistare consenso popolare. Queste affermazioni
programmatiche riflettono una visione
tradizionale e centralizzata del lavoro e della società. Tuttavia,
l'implementazione di tali cambiamenti potrebbe risultare complicata e richiedere
un notevole sforzo normativo. Infine, Trump ha l’intenzione di ritirare gli
Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, accusata di essere
influenzata dalla Cina e di aver fallito durante la pandemia. Nello stesso
tempo rinegozierà la partecipazione americana ad altre organizzazioni
multilaterali. Questa posizione rafforza l’immagine di un Trump sempre più
critico verso il multilateralismo. Tuttavia, la mancanza di un piano
alternativo rischia di indebolire l’influenza globale degli Stati Uniti.