Al momento (gennaio 2025) i conflitti in Ucraina e Medio
Oriente continuano a dominare l’agenda internazionale, plasmando in modo
significativo gli equilibri geopolitici globali. Entrambi i teatri di crisi si
contraddistinguono per una complessità crescente, con ostilità persistenti e
alleanze fluide che riflettono un panorama in costante trasformazione. Le
ripercussioni si estendono ben oltre i confini regionali, influenzando
economie, sicurezza e strategie globali. Il conflitto in Ucraina, entrato nel
suo ventiduesimo mese, si trova in una fase di stallo devastante lungo la linea
del fronte. Entrambe le parti continuano a subire pesanti perdite, mentre gli
scontri incessanti non lasciano intravedere segnali concreti di tregua. La
recente interruzione delle forniture di gas attraverso l’Ucraina, annunciata da
Gazprom il I gennaio 2025, ha ulteriormente complicato la situazione. Questa
decisione, motivata da Mosca con presunti impedimenti tecnici e legali, ha
innescato un’impennata dei prezzi sul mercato europeo, alimentando nuove preoccupazioni
sulla sicurezza energetica e sull’impatto economico per il continente. Nel
frattempo, il presidente ucraino Zelensky ha ribadito con determinazione
l’obiettivo di porre fine alla guerra entro il 2025. Nel suo discorso di fine
anno ha sottolineato l’importanza del sostegno internazionale, definendo
cruciale l’assistenza degli alleati occidentali. Tuttavia, le posizioni di Kiev
e Mosca restano profondamente inconciliabili e i tentativi di mediazione
internazionale si sono dimostrati finora infruttuosi. Non emergono prospettive
diplomatiche concrete, mentre segnali di una possibile escalation si
fanno sempre più evidenti: l’arrivo di nuovi armamenti occidentali a sostegno
dell’Ucraina e l’intensificarsi degli attacchi aerei russi indicano un inasprimento
del conflitto. La guerra ha inoltre acuito le divisioni tra le grandi potenze
globali. Gli Stati Uniti e i loro alleati continuano a sostenere con fermezza
l’Ucraina, mentre la Russia si trova sempre più isolata sulla scena
internazionale. Tuttavia, Mosca potrebbe trarre vantaggio dall’attenzione
dell’Occidente sempre più focalizzata sulle tensioni in Medio Oriente. In
parallelo, il sostegno statunitense a Israele rischia di ridurre le risorse
dedicate all’assistenza militare e finanziaria all’Ucraina, con potenziali
conseguenze sull’equilibrio delle forze in campo. L’elezione di Donald Trump
alla presidenza degli Stati Uniti ha generato aspettative su possibili
iniziative diplomatiche per risolvere il conflitto. Zelensky si è detto
fiducioso nella capacità di Trump di affrontare la questione dell’aggressione
russa, descrivendolo come un leader forte e imprevedibile. Tuttavia,
Mosca, attraverso il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, ha dichiarato di non
aver ricevuto segnali concreti da Washington, manifestando scetticismo verso
alcune ipotesi trapelate, come il rinvio dell’adesione dell’Ucraina alla Nato e
il possibile dispiegamento di un contingente di forze di pace europee. Permangono
divergenze significative all’interno dell’Ue, soprattutto sulla politica estera
e sulla gestione della crisi migratoria, evidenziando fragilità nell’unità del
blocco occidentale. Sul piano globale, la Cina e l’India giocano un ruolo
sempre più rilevante. Pechino, pur mantenendo una posizione ufficialmente
neutrale sulla guerra in Ucraina, ha intensificato i suoi legami con Mosca e
con diversi Paesi in via di sviluppo, criticando apertamente le sanzioni
occidentali. L’India, invece, adotta un approccio bilanciato, rafforzando da un
lato le importazioni di petrolio russo, e dall’altro consolidando la
cooperazione militare con gli Stati Uniti. Questa diplomazia pragmatica
consente a Nuova Delhi di mantenere un ruolo strategico in un contesto
internazionale sempre più polarizzato. Parallelamente, il Medio Oriente rimane
una regione caratterizzata da instabilità cronica, con conflitti attivi in più
Paesi. La Siria, devastata da anni di guerra civile, continua a essere teatro
di violenze. La Russia e l’Iran sostengono il regime di Bashar al-Assad, mentre
la Turchia intensifica il proprio appoggio ai gruppi ribelli, alimentando
ulteriormente le tensioni regionali. Il conflitto israelo-palestinese si
conferma un focolaio cruciale di instabilità. Negli ultimi mesi, le tensioni
sono aumentate sia nella Cisgiordania che nella Striscia di Gaza. Il I gennaio
2025, raid aerei israeliani hanno colpito il campo profughi di al-Bureij e la
città di Jabalia, provocando almeno 17 vittime, tra cui diversi bambini. L’escalation,
iniziata con l’attacco di Hamas a Israele, ha coinvolto attori regionali come
Hezbollah in Libano, accentuando la centralità dell’Iran nelle dinamiche di
tensione. Le situazioni in Yemen e Iraq sono altrettanto complesse, con
tensioni settarie, conflitti armati e rivalità regionali che minacciano la
sicurezza e la stabilità. Nel frattempo, le relazioni tra Iran e Arabia
Saudita, pur restando tese, hanno mostrato segnali di un possibile disgelo, con
tentativi di ridurre le tensioni e stabilizzare la regione. I conflitti in
Ucraina e in Medio Oriente rappresentano le principali sfide geopolitiche del
nostro tempo, con dinamiche interconnesse che plasmano non solo gli equilibri
regionali ma anche quelli globali. Le loro ripercussioni economiche, politiche
e sociali continuano a farsi sentire in tutto il mondo, richiedendo risposte
coordinate e strategie di lungo termine da parte della comunità internazionale.
Il 2025 si prospetta come un anno cruciale, in cui le scelte politiche e
diplomatiche saranno determinanti per il futuro di entrambe le regioni e per la
stabilità globale. Prevedere il futuro a lungo termine per questi conflitti è un esercizio complesso, dato l'alto numero di
variabili coinvolte. Tuttavia, analizzando le attuali dinamiche e tendenze, è
possibile delineare alcune prospettive plausibili. Se lo stallo persiste, il
conflitto in Ucraina potrebbe trasformarsi in una guerra di logoramento simile
a quella coreana, con una linea di demarcazione e un equilibrio instabile.
Questo scenario potrebbe concretarsi in una pace congelata senza una
risoluzione definitiva. Nel lungo periodo, l’Ucraina potrebbe integrarsi sempre
più nelle strutture occidentali, sia militarmente che economicamente,
specialmente con il sostegno della Nato e dell’Unione Europea. Se le sanzioni e
l’isolamento economico continueranno, la Russia potrebbe dover affrontare un
progressivo indebolimento economico e sociale. Tuttavia, in questo caso
potrebbe trarre vantaggio attraverso una maggiore dipendenza da Cina e India,
creando un blocco alternativo. Un’Ucraina ricostruita, con infrastrutture
moderne e un’economia resiliente, potrebbe diventare un bastione democratico ai
confini della Russia, ma questo richiederà decenni e un massiccio investimento
internazionale. In Medio Oriente la frammentazione politica e settaria potrebbe
continuare, con conflitti in Siria, Yemen, Iraq e Libano che rimarrebbero
aperti. Il rischio di una guerra regionale su vasta scala, innescata da scontri
tra Iran e Israele, resta significativo. Un disgelo tra Teheran e Riyadh
potrebbe stabilizzare la regione, ma richiederebbe compromessi difficili,
soprattutto sul nucleare iraniano e sulle influenze regionali. Al contrario,
un’escalation potrebbe coinvolgere attori globali, trasformando il Medio
Oriente in un campo di battaglia per le potenze mondiali. Gli Stati Uniti
potrebbero ridimensionare il loro impegno nella regione, concentrandosi su Asia
e Pacifico. Questo potrebbe aprire spazi a potenze come Cina e Russia per
espandere la loro influenza. Senza un processo di pace credibile, il conflitto mediorientale
rischia di alimentare una instabilità cronica. Al contempo, nuove leadership
regionali potrebbero tentare una mediazione, ma ciò dipenderà dalla volontà
delle parti coinvolte. Da un punto di vista globale il Pacifico diventerà un
fulcro geopolitico, con Taiwan come principale punto di frizione. Un conflitto
in Asia potrebbe distrarre le risorse occidentali dai teatri di crisi in Europa
e Medio Oriente. Le crisi attuali potrebbero accelerare la transizione verso
fonti energetiche rinnovabili. Tuttavia, questa trasformazione richiederà
tempo, e nel breve termine la dipendenza globale da petrolio e gas manterrà
alta la volatilità geopolitica. Il mondo potrebbe evolversi verso un ordine
multipolare più frammentato, con Cina, Russia e blocchi regionali che sfidano
la supremazia occidentale. Questo potrebbe alimentare instabilità ma anche
opportunità di cooperazione su scala regionale. Le prospettive per il futuro a
lungo termine dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente pertanto sono incerte,
ma evidenziano la necessità di strategie globali flessibili. La comunità
internazionale dovrà bilanciare il sostegno ai diritti sovrani e alla
stabilità con la gestione di rivalità geopolitiche sempre più complesse. Le
scelte fatte nei prossimi anni saranno cruciali per determinare la direzione di
questi conflitti e il futuro ordine mondiale.
Roberto Rapaccini