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PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 7 gennaio 2025

IL LUNGO CONFLITTO FRA RUSSIA E UCRAINA. EFFETTI SUGLI EQUILIBRI GEOPOLITICI GLOBALI



 Al momento  (gennaio 2025) i conflitti in Ucraina e Medio Oriente continuano a dominare l’agenda internazionale, plasmando in modo significativo gli equilibri geopolitici globali. Entrambi i teatri di crisi si contraddistinguono per una complessità crescente, con ostilità persistenti e alleanze fluide che riflettono un panorama in costante trasformazione. Le ripercussioni si estendono ben oltre i confini regionali, influenzando economie, sicurezza e strategie globali. Il conflitto in Ucraina, entrato nel suo ventiduesimo mese, si trova in una fase di stallo devastante lungo la linea del fronte. Entrambe le parti continuano a subire pesanti perdite, mentre gli scontri incessanti non lasciano intravedere segnali concreti di tregua. La recente interruzione delle forniture di gas attraverso l’Ucraina, annunciata da Gazprom il I gennaio 2025, ha ulteriormente complicato la situazione. Questa decisione, motivata da Mosca con presunti impedimenti tecnici e legali, ha innescato un’impennata dei prezzi sul mercato europeo, alimentando nuove preoccupazioni sulla sicurezza energetica e sull’impatto economico per il continente. Nel frattempo, il presidente ucraino Zelensky ha ribadito con determinazione l’obiettivo di porre fine alla guerra entro il 2025. Nel suo discorso di fine anno ha sottolineato l’importanza del sostegno internazionale, definendo cruciale l’assistenza degli alleati occidentali. Tuttavia, le posizioni di Kiev e Mosca restano profondamente inconciliabili e i tentativi di mediazione internazionale si sono dimostrati finora infruttuosi. Non emergono prospettive diplomatiche concrete, mentre segnali di una possibile escalation si fanno sempre più evidenti: l’arrivo di nuovi armamenti occidentali a sostegno dell’Ucraina e l’intensificarsi degli attacchi aerei russi indicano un inasprimento del conflitto. La guerra ha inoltre acuito le divisioni tra le grandi potenze globali. Gli Stati Uniti e i loro alleati continuano a sostenere con fermezza l’Ucraina, mentre la Russia si trova sempre più isolata sulla scena internazionale. Tuttavia, Mosca potrebbe trarre vantaggio dall’attenzione dell’Occidente sempre più focalizzata sulle tensioni in Medio Oriente. In parallelo, il sostegno statunitense a Israele rischia di ridurre le risorse dedicate all’assistenza militare e finanziaria all’Ucraina, con potenziali conseguenze sull’equilibrio delle forze in campo. L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha generato aspettative su possibili iniziative diplomatiche per risolvere il conflitto. Zelensky si è detto fiducioso nella capacità di Trump di affrontare la questione dell’aggressione russa, descrivendolo come un leader forte e imprevedibile. Tuttavia, Mosca, attraverso il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, ha dichiarato di non aver ricevuto segnali concreti da Washington, manifestando scetticismo verso alcune ipotesi trapelate, come il rinvio dell’adesione dell’Ucraina alla Nato e il possibile dispiegamento di un contingente di forze di pace europee. Permangono divergenze significative all’interno dell’Ue, soprattutto sulla politica estera e sulla gestione della crisi migratoria, evidenziando fragilità nell’unità del blocco occidentale. Sul piano globale, la Cina e l’India giocano un ruolo sempre più rilevante. Pechino, pur mantenendo una posizione ufficialmente neutrale sulla guerra in Ucraina, ha intensificato i suoi legami con Mosca e con diversi Paesi in via di sviluppo, criticando apertamente le sanzioni occidentali. L’India, invece, adotta un approccio bilanciato, rafforzando da un lato le importazioni di petrolio russo, e dall’altro consolidando la cooperazione militare con gli Stati Uniti. Questa diplomazia pragmatica consente a Nuova Delhi di mantenere un ruolo strategico in un contesto internazionale sempre più polarizzato. Parallelamente, il Medio Oriente rimane una regione caratterizzata da instabilità cronica, con conflitti attivi in più Paesi. La Siria, devastata da anni di guerra civile, continua a essere teatro di violenze. La Russia e l’Iran sostengono il regime di Bashar al-Assad, mentre la Turchia intensifica il proprio appoggio ai gruppi ribelli, alimentando ulteriormente le tensioni regionali. Il conflitto israelo-palestinese si conferma un focolaio cruciale di instabilità. Negli ultimi mesi, le tensioni sono aumentate sia nella Cisgiordania che nella Striscia di Gaza. Il I gennaio 2025, raid aerei israeliani hanno colpito il campo profughi di al-Bureij e la città di Jabalia, provocando almeno 17 vittime, tra cui diversi bambini. L’escalation, iniziata con l’attacco di Hamas a Israele, ha coinvolto attori regionali come Hezbollah in Libano, accentuando la centralità dell’Iran nelle dinamiche di tensione. Le situazioni in Yemen e Iraq sono altrettanto complesse, con tensioni settarie, conflitti armati e rivalità regionali che minacciano la sicurezza e la stabilità. Nel frattempo, le relazioni tra Iran e Arabia Saudita, pur restando tese, hanno mostrato segnali di un possibile disgelo, con tentativi di ridurre le tensioni e stabilizzare la regione. I conflitti in Ucraina e in Medio Oriente rappresentano le principali sfide geopolitiche del nostro tempo, con dinamiche interconnesse che plasmano non solo gli equilibri regionali ma anche quelli globali. Le loro ripercussioni economiche, politiche e sociali continuano a farsi sentire in tutto il mondo, richiedendo risposte coordinate e strategie di lungo termine da parte della comunità internazionale. Il 2025 si prospetta come un anno cruciale, in cui le scelte politiche e diplomatiche saranno determinanti per il futuro di entrambe le regioni e per la stabilità globale. Prevedere il futuro a lungo termine per questi conflitti è  un esercizio complesso, dato l'alto numero di variabili coinvolte. Tuttavia, analizzando le attuali dinamiche e tendenze, è possibile delineare alcune prospettive plausibili. Se lo stallo persiste, il conflitto in Ucraina potrebbe trasformarsi in una guerra di logoramento simile a quella coreana, con una linea di demarcazione e un equilibrio instabile. Questo scenario potrebbe concretarsi in una pace congelata senza una risoluzione definitiva. Nel lungo periodo, l’Ucraina potrebbe integrarsi sempre più nelle strutture occidentali, sia militarmente che economicamente, specialmente con il sostegno della Nato e dell’Unione Europea. Se le sanzioni e l’isolamento economico continueranno, la Russia potrebbe dover affrontare un progressivo indebolimento economico e sociale. Tuttavia, in questo caso potrebbe trarre vantaggio attraverso una maggiore dipendenza da Cina e India, creando un blocco alternativo. Un’Ucraina ricostruita, con infrastrutture moderne e un’economia resiliente, potrebbe diventare un bastione democratico ai confini della Russia, ma questo richiederà decenni e un massiccio investimento internazionale. In Medio Oriente la frammentazione politica e settaria potrebbe continuare, con conflitti in Siria, Yemen, Iraq e Libano che rimarrebbero aperti. Il rischio di una guerra regionale su vasta scala, innescata da scontri tra Iran e Israele, resta significativo. Un disgelo tra Teheran e Riyadh potrebbe stabilizzare la regione, ma richiederebbe compromessi difficili, soprattutto sul nucleare iraniano e sulle influenze regionali. Al contrario, un’escalation potrebbe coinvolgere attori globali, trasformando il Medio Oriente in un campo di battaglia per le potenze mondiali. Gli Stati Uniti potrebbero ridimensionare il loro impegno nella regione, concentrandosi su Asia e Pacifico. Questo potrebbe aprire spazi a potenze come Cina e Russia per espandere la loro influenza. Senza un processo di pace credibile, il conflitto mediorientale rischia di alimentare una instabilità cronica. Al contempo, nuove leadership regionali potrebbero tentare una mediazione, ma ciò dipenderà dalla volontà delle parti coinvolte. Da un punto di vista globale il Pacifico diventerà un fulcro geopolitico, con Taiwan come principale punto di frizione. Un conflitto in Asia potrebbe distrarre le risorse occidentali dai teatri di crisi in Europa e Medio Oriente. Le crisi attuali potrebbero accelerare la transizione verso fonti energetiche rinnovabili. Tuttavia, questa trasformazione richiederà tempo, e nel breve termine la dipendenza globale da petrolio e gas manterrà alta la volatilità geopolitica. Il mondo potrebbe evolversi verso un ordine multipolare più frammentato, con Cina, Russia e blocchi regionali che sfidano la supremazia occidentale. Questo potrebbe alimentare instabilità ma anche opportunità di cooperazione su scala regionale. Le prospettive per il futuro a lungo termine dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente pertanto sono incerte, ma evidenziano la necessità di strategie globali flessibili. La comunità internazionale dovrà bilanciare il sostegno ai diritti sovrani e alla stabilità con la gestione di rivalità geopolitiche sempre più complesse. Le scelte fatte nei prossimi anni saranno cruciali per determinare la direzione di questi conflitti e il futuro ordine mondiale.

Roberto Rapaccini