RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 16 settembre 2025

LA GUERRA INFINITA E LA FRAGILE VIA D’USCITA DELLA PACE IMPERFETTA E’ ANCORA LONTANA

 



La guerra in Ucraina è diventata un laboratorio in cui si ridefiniscono gli equilibri politici, militari ed economici a livello globale. Non è soltanto un conflitto regionale: le sue implicazioni investono l’architettura della sicurezza europea, le relazioni tra le grandi potenze, la tenuta del diritto internazionale e persino la percezione dei cittadini riguardo al futuro delle democrazie. Per capire dove potrebbe andare a finire questa guerra, occorre partire dalle richieste reciproche delle parti e dalla distanza che le separa. L’Ucraina considera imprescindibile il rispetto della propria sovranità e l’integrità territoriale, la restituzione dei territori occupati, la possibilità di aderire ad alleanze come la NATO e l’Unione Europea, la protezione della popolazione civile attraverso garanzie concrete. Dalla prospettiva di Kiev ogni rinuncia equivarrebbe a riconoscere la legittimità della forza come strumento di ridefinizione dei confini. La Russia muove da presupposti opposti. Per Mosca la sicurezza passa attraverso la creazione di una fascia di influenza e di controllo intorno ai propri confini. L’Ucraina, se pienamente integrata nell’Occidente politico e militare, rappresenterebbe un avamposto percepito come ostile. Per questo le richieste russe insistono sul riconoscimento delle annessioni, sulla neutralità permanente di Kiev, sulla smilitarizzazione e, in prospettiva, su un’influenza diretta nei campi linguistico, culturale e religioso. È una visione che non ammette l’indipendenza piena dell’Ucraina, ma la riduce a stato cuscinetto sotto vigilanza. Queste posizioni rendono complicato ogni negoziato. Gli accordi parziali e i cessate il fuoco sperimentati negli anni passati sono stati caratterizzati da un’applicazione discontinua, violazioni ripetute, assenza di fiducia reciproca. In un contesto in cui ciascuna parte teme la sopravvivenza del proprio progetto nazionale, la diplomazia appare insufficiente. Quali potrebbero essere i possibili scenari futuri? Un primo scenario è quello della prosecuzione indefinita del conflitto con fronti più o meno stabilizzati nel contesto di una guerra cronica, caratterizzata da bombardamenti intermittenti, azioni di sabotaggio, periodiche escalation. Sarebbe un conflitto che logorerebbe progressivamente le popolazioni, minerebbe le economie, distruggerebbe infrastrutture civili e alimenterebbe l’esodo di milioni di persone. Un simile scenario è probabile se nessuna delle due parti riesce a prevalere e se la comunità internazionale non riesce a imporre una soluzione condivisa. Il secondo scenario è quello di un accordo negoziato basato su concessioni reciproche. Qui la prospettiva è più complessa. Kiev potrebbe essere costretta ad accettare la perdita formale di parte dei territori occupati e a rinunciare almeno temporaneamente all’ingresso nella NATO, ottenendo però garanzie multilaterali di sicurezza da parte di Stati Uniti, Unione Europea o persino ONU. Mosca, dal canto suo, potrebbe congelare le proprie conquiste senza poterle trasformare in un riconoscimento legittimo, ma riuscendo comunque a preservare un cuscinetto strategico. Questo scenario non eliminerebbe le tensioni, ma le congelerebbe; tuttavia, il rischio di un ritorno alle armi resterebbe costante. Il terzo scenario è quello di una svolta militare decisiva. È l’opzione meno probabile. L’Ucraina potrebbe ottenere un sostegno occidentale tale da garantirle superiorità militare e riconquistare porzioni di territorio. La Russia, viceversa, potrebbe riuscire a mobilitare un numero di risorse in grado di imporre condizioni e consolidare le annessioni. In entrambi i casi il prezzo sarebbe altissimo: escalation incontrollate, peggioramento della crisi umanitaria, rischio di coinvolgimento diretto di altri attori. Sarebbe lo scenario più instabile per l’intero sistema internazionale. Gli ostacoli a ciascuna di queste vie d’uscita sono enormi. Le garanzie di sicurezza per Kiev appaiono imprescindibili, ma non si può escludere che l’impegno internazionale possa ridimensionarsi a causa di cambiamenti interni nei Paesi occidentali. Il riconoscimento delle annessioni è inaccettabile perché comprometterebbe la credibilità del diritto internazionale basato sull’inviolabilità dei confini. Il ruolo delle alleanze esterne se da un lato sostiene Kiev nella difesa, dall’altro rafforza la convinzione di Mosca di essere sotto accerchiamento. In definitiva, la guerra in Ucraina rischia di non avere vincitori. La realtà dimostra come ogni avanzata comporta costi insostenibili e come nessun obiettivo raggiunto sia in grado di trasformarsi in un risultato strategico definitivo. L’Ucraina paga un prezzo altissimo in vite umane, distruzione delle città, perdita di popolazione attiva costretta a fuggire all’estero. La Russia, pur potendo vantare conquiste territoriali, si ritrova isolata sul piano internazionale, gravata da sanzioni economiche, logorata da un conflitto che mette a dura prova il consenso interno e le capacità produttive. L’Europa e l’intero sistema globale risentono delle conseguenze: crisi energetica, instabilità dei mercati alimentari, crescita dei flussi migratori, aumento della spesa militare. Il futuro più realistico è quello di una pace imperfetta, ovvero di una soluzione che non restituisce ciò che è stato perduto, né mantiene ciò che è stato conquistato, ma cerca un equilibrio provvisorio basato su rinunce reciproche. Sarebbe una pace costruita su compromessi, in cui alcune aree resterebbero sotto il controllo russo mentre altre verrebbero restituite a Kiev. La linea di demarcazione non coinciderebbe con i confini ufficiali, ma con un confine di fatto, destinato a restare contestato. Fondamentale in questo quadro sarebbe il ruolo di accordi multilaterali di protezione. L’Ucraina non accetterebbe alcuna tregua se non accompagnata da garanzie concrete, poiché l’esperienza dimostra che ogni cessate il fuoco privo di garanti autorevoli si trasforma in una pausa armata. Da qui la necessità di un coinvolgimento internazionale forte: Stati Uniti, Unione Europea, Paesi terzi come Turchia o India, persino organismi globali come l’ONU o l’OSCE potrebbero concorrere a costruire un sistema di sicurezza capace di rassicurare Kiev senza umiliare Mosca. Non basterebbero dichiarazioni politiche: occorrerebbero strumenti vincolanti, patti di difesa, finanziamenti per la ricostruzione, meccanismi di sanzione immediata in caso di violazioni. In questa logica, la neutralità condizionata dell’Ucraina rappresenterebbe un altro elemento centrale. Non si tratterebbe di una neutralità assoluta, come quella imposta in passato ad altri Paesi satelliti, ma di una formula ibrida: rinuncia formale all’ingresso nella NATO in cambio della possibilità di rafforzare legami economici e politici con l’Unione Europea, e contemporaneamente diritto ad armarsi entro certi limiti per garantire l’autodifesa. Una neutralità, quindi, non subalterna ma di equilibrio, sorretta dalla presenza di osservatori o persino di forze internazionali sul territorio, con il compito di monitorare e scoraggiare nuove aggressioni. Una simile pace non ripristinerebbe il diritto internazionale violato, ma proprio nella sua imperfezione risiederebbe la sua forza: sarebbe l’unico argine contro la spirale di distruzione che sta travolgendo due nazioni e minaccia di destabilizzare l’intero continente europeo. La pace imperfetta è una soluzione che scontenta tutti ma che proprio per questo rende sostenibile la convivenza. È un compromesso doloroso, ma l’unica alternativa concreta a una guerra infinita che non potrà mai avere un vincitore, bensì soltanto nuove generazioni di sconfitti. RR