RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

mercoledì 2 luglio 2025

IL MEDIO ORIENTE, QUAL È IL RUOLO DEL QATAR DOHA NELA CRISI TRA STATI UNITI, IRAN E ISRAELE (2025)

Nel pieno della tensione tra Israele, Iran e Stati Uniti, un attore apparentemente marginale ma in realtà strategico si muove con una discrezione abile e calcolata: il Qatar. Questo piccolo emirato spesso percepito come una potenza secondaria rispetto ai colossi regionali come Arabia Saudita, Turchia e Iran, si è costruito  una posizione unica, trasformandosi in un hub geopolitico e diplomatico centrale nel Medio Oriente attuale. Il Qatar non dispone né di una potenza militare paragonabile a quella delle grandi potenze né di una popolazione consistente. Eppure, ha saputo trasformare le sue dimensioni contenute in un vantaggio strategico, giocando il ruolo del mediatore agile, del negoziatore accreditato presso attori tra loro ostili. Doha ha saputo coltivare relazioni parallele e spesso contraddittorie: mantiene basi militari americane ma dialoga con Teheran; ospita i leader di Hamas ma parla anche con Israele e Stati Uniti. Questa diplomazia multilivello si basa su credibilità, pazienza e una certa ambiguità che consente al Qatar di essere percepito come utilizzabile da tutti gli attori in gioco, senza essere completamente compromesso con nessuno. Dietro le quinte delle grandi crisi il Qatar è spesso presente, seppure invisibile. Lo dimostra il suo ruolo nella liberazione degli ostaggi durante le crisi di Gaza, il dialogo con i talebani durante e dopo il ritiro americano dall’Afghanistan, e oggi nella gestione delle tensioni israelo-iraniane. Il Qatar ha saputo fare delle sue relazioni scomode un capitale negoziale. Mentre molte cancellerie occidentali rifiutano contatti con attori come Hezbollah o Hamas, Doha mantiene linee di comunicazione aperte e funzionanti, usandole per mediare e disinnescare escalation. Doha è oggi uno dei pochissimi luoghi al mondo in cui si incrociano interlocutori normalmente separati da ostilità irriducibili: diplomatici americani, emissari iraniani, funzionari israeliani e mediatori arabi. L’ostilità tra Stati Uniti e Iran resta uno dei pilastri della geopolitica mediorientale. Tuttavia, questa ostilità ha bisogno di canali di comunicazione intermedi. È qui che Doha diventa essenziale. Da un lato, Washington continua a utilizzare la base aerea di al-Udeid (la più grande degli USA in Medio Oriente), segno della fiducia militare strategica riposta nel Qatar. Dall’altro, Teheran sa che Doha non è una pedina saudita o un avamposto israeliano, e dunque può accettare la sua mediazione senza perdere la faccia. Il Qatar è in questo senso l’equilibrista perfetto tra fuoco e acqua. Una delle partite più complesse è quella relativa alla questione palestinese, e in particolare alla Striscia di Gaza. Il Qatar è uno dei principali donatori di aiuti umanitari per la popolazione gazawi, e ha finanziato ospedali, scuole e infrastrutture con milioni di dollari. Questo sostegno è spesso letto da Israele con sospetto, soprattutto per le accuse – mai del tutto confermate – che parte dei fondi finisca nelle mani di Hamas. Tuttavia, è proprio il Qatar a facilitare le tregue, a negoziare liberazioni di ostaggi e a impedire che le crisi si trasformino in guerre totali. L’ambivalenza è evidente: Tel Aviv critica Doha ma al tempo stesso la convoca e la ascolta ogni volta che la situazione sfugge di mano. La crisi tra Israele, Iran e Stati Uniti si gioca su più piani: quello militare, quello informativo, quello delle alleanze e – sempre più – quello della comunicazione diplomatica. In questo quadro, il Qatar non è un semplice spettatore: è un facilitatore attivo, che utilizza le sue leve (mediazione, gas, basi militari, soft power) per ritagliarsi un ruolo da ago della bilancia. La sua importanza aumenterà ancora se gli sforzi diplomatici delle grandi potenze dovessero fallire. Doha rappresenta una delle ultime valvole di decompressione nel Medio Oriente contemporaneo: una zona franca, una piazza di compromesso, un punto d’incontro tra linee rosse che altrove non si possono incrociare. In un mondo in cui i conflitti si irrigidiscono, i blocchi si contrappongono e le narrative si polarizzano, il Qatar ha scelto una via controcorrente: quella del dialogo multipolare, anche tra nemici giurati. Non è una neutralità passiva, ma una strategia sofisticata che richiede equilibrio, credibilità e – in parte – opacità. Oggi più che mai, in un Medio Oriente sull’orlo del collasso diplomatico, la piccola Doha dimostra che a volte il vero potere non sta nelle armi o nel petrolio, ma nella capacità di essere ascoltati da tutti. Anche nel silenzio.