RASSEGNA STAMPA S.

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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

sabato 18 gennaio 2025

QUESTIONE PALESTINESE: COSA PENSA IL MONDO ARABO DI DUE POPOLI DUE STATI (Gennaio 2025)

 


L’Arab Barometer, una delle più grandi piattaforme di ricerca sul mondo arabo,  è una sorta di "termometro sociale". Svolge indagini su cosa pensano milioni di persone che vivono in diversi Paesi arabi su temi importanti come la politica, l’economia, i diritti dell’uomo, la religione. L’Arab Barometer raccoglie opinioni e dati direttamente dalle persone attraverso sondaggi. È un progetto nato nel 2006 e si basa su un’idea semplice ma potente: chiedere alle persone cosa pensano, facendolo in modo scientifico; poi  vengono pubblicati i relativi risultati. I ricercatori esplorano le posizioni ideologiche di tantissime nazioni arabe, dal Marocco alla Giordania, dall’Egitto alla Tunisia, e altre. Il loro obiettivo è monitorare come cambiano i punti di vista nel tempo su temi come, ad esempio, quanto le persone credono nella democrazia, che opinione hanno sui governi locali, cosa pensano dell'uguaglianza tra uomini e donne, come vedono il futuro economico del loro Paese. I sondaggi sono fatti in modo molto rigoroso, quindi i risultati sono affidabili e rappresentativi della popolazione. Questi dati sono poi usati da chi prende decisioni (come i politici o le organizzazioni internazionali), dagli accademici e persino dai giornalisti, per capire meglio le sfide e le speranze delle persone che vivono nella regione araba. Un quesito emergente è come le vicende belliche a Gaza abbiano influenzato nel mondo arabo il sostegno alla ‘soluzione dei due Stati’. Le immagini strazianti e le notizie che sono arrivate dalla regione hanno acceso un intenso dibattito su come risolvere il conflitto israelo-palestinese. In proposito, Arab Barometer si è attivato per effettuare un sondaggio, dal quale è emerso che il sostegno a una soluzione pacifica non solo rimane forte, ma sta crescendo. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questa tragedia non ha portato a un irrigidimento delle posizioni né a una maggiore adesione a soluzioni radicali. I risultati dell’iniziativa sono stati pubblicati il 9 gennaio. Più dettagliatamente  è stata posta questa domanda cruciale: quale soluzione viene ritenuta più adatta per risolvere il conflitto israelo-palestinese? Agli intervistati sono state offerte quattro opzioni: 1. Una soluzione a due Stati, basata sui confini del 1967.    2. Un unico Stato in cui convivano ebrei e arabi.    3. Una confederazione tra Palestina e Israele.    4. Una soluzione alternativa, specificata dagli intervistati. I risultati parlano chiaro: la soluzione a due Stati è quella che riscuote il maggiore consenso nella maggior parte dei Paesi arabi. In particolare, in Mauritania il 71% degli intervistati sostiene questa opzione; in Tunisia il 63% si dice favorevole; in Giordania, il 61% la considera la strada migliore; in Iraq, il 59% si schiera a favore; in Kuwait, il 54% sostiene questa soluzione. Anche in Marocco questa scelta riscuote ampio sostegno, con il 48% degli intervistati che la ritiene la soluzione ideale. Il Libano, invece, è l'unico Paese in cui solo una minoranza significativa (38%) appoggia questa posizione, segno di una maggiore frammentazione dell’opinione pubblica. Le altre possibilità, come la creazione di un unico Stato o di una confederazione, raccolgono meno consensi. La soluzione a un solo Stato raggiunge al massimo il 21% in Marocco e percentuali ancora più basse altrove. La proposta di una confederazione israelo-palestinese è ancora meno popolare, con un picco del 17% in Libano. Per quanto riguarda le altre possibilità prospettate dagli intervistati, convergono su due ipotesi. Alcuni propongono una soluzione militare, mentre altri esprimono il desiderio di vedere una Palestina indipendente che inglobi l’attuale Stato di Israele. Questa posizione è più diffusa in Kuwait (23%), Giordania (22%) e Libano (17%), ma rimane marginale in altri Paesi. Come già anticipato, questa ricerca mette in luce un dato fondamentale: nonostante l’orrore della guerra e le divisioni profonde che essa ha generato, il sostegno a una soluzione pacifica rimane radicato in gran parte della popolazione araba. Si tratta di un elemento di grande significato, poiché dimostra la resilienza collettiva e la volontà di non abbandonare l’idea di una possibile coesistenza, anche in un contesto segnato da tensioni e violenze estreme. Infatti, emerge chiaramente che la maggioranza continua a credere nel dialogo e nella diplomazia come uniche vie percorribili. Questo aspetto diventa ancor più rilevante se consideriamo il contesto in cui tali opinioni si sono sviluppate: immagini di distruzione, vite umane spezzate e tensioni inasprite avrebbero potuto facilmente alimentare sentimenti di rabbia, vendetta e radicalizzazione. Tuttavia, i dati mostrano come molti scelgano di guardare oltre la crisi presente, mantenendo viva la speranza in una soluzione capace di garantire stabilità e dignità a entrambe le parti coinvolte. Come risulta dal sondaggio, viene espressa maggiore fiducia per la soluzione ‘a due Stati’, ritenuto il compromesso più promettente per tutelare i diritti dei palestinesi e assicurare una maggiore stabilità regionale. Questo sostegno alla pace rappresenta anche un richiamo morale e politico per i decisori globali. Non è sufficiente intervenire solo durante le crisi più gravi: è necessario investire in processi di pace inclusivi, sostenibili e coerenti con i desideri delle popolazioni coinvolte. Le voci che chiedono pace, se ascoltate e valorizzate, possono diventare le fondamenta di soluzioni realistiche e condivise, interrompendo il ciclo di violenza e sfiducia che da decenni segna la regione. Infine, questi dati offrono un motivo di speranza per il futuro. In un mondo spesso dominato da notizie di conflitti e narrazioni pessimistiche, sapere che esiste una maggioranza silenziosa che continua a credere nella coesistenza è un potente promemoria: il cambiamento è possibile. Questo desiderio di pace non è un ideale astratto, ma una risorsa concreta che leader e istituzioni dovrebbero coltivare con determinazione e responsabilità.