RASSEGNA STAMPA S.

RASSEGNA STAMPA S.
Clicca sull'immagine
• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

PAESI DELLA LEGA ARABA

TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

venerdì 17 gennaio 2025

SU GAZA LA TREGUA E' STATA RAGGIUNTA, QUALI PROSPETTIVE IMMEDIATE E FUTURE? (Gennaio 2025)




Com’è noto, il 15 gennaio 2025 è stato raggiunto un accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ponendo fine a quindici mesi di intensi combattimenti. La fragile tregua, che ha già avuto alcune violazioni, è stata mediata da Stati Uniti, Qatar ed Egitto; ha stabilito un’interruzione delle ostilità per sei settimane, con l’obiettivo di dare sollievo alla popolazione civile e creare un margine per negoziati futuri. L’accordo prevede che Israele ritiri progressivamente le sue truppe da alcune aree di Gaza, mentre Hamas rilascerà 33 ostaggi israeliani in cambio della liberazione di oltre 1.000 prigionieri palestinesi. Questo accordo rappresenta un passo significativo, ma ancora molto precario. La tregua consentirà l’ingresso di aiuti nella Striscia di Gaza, dove la crisi umanitaria è ormai insostenibile. La popolazione locale, schiacciata dalla violenza e dalle restrizioni economiche, potrà beneficiare di un miglioramento delle condizioni di vita. Tuttavia, è importante non illudersi: il cessate il fuoco è solo temporaneo e il rischio di un nuovo scontro rimane alto. Se gestito con saggezza, però, questo instabile equilibrio potrebbe trasformarsi in un’occasione per avviare un dialogo più solido e affrontare finalmente le radici del conflitto. Le reazioni all’intesa, come prevedibile, sono state divergenti. In Israele alcuni settori politici, in particolare quelli legati all’ultradestra, hanno definito la liberazione dei prigionieri palestinesi una minaccia per la sicurezza nazionale. Dall’altra parte, Hamas ha celebrato l’accordo come una vittoria, attribuendo al rilascio degli ostaggi un valore simbolico per il popolo palestinese. Questi atteggiamenti riflettono la profonda polarizzazione che rende difficile qualsiasi progresso verso una pace duratura. Indubbiamente la tregua raggiunta, pur essendo un piccolo passo, è un passaggio importante verso la de-escalation del conflitto. Tuttavia, il percorso verso una pace duratura, come già detto,   rimane complesso e pieno di insidie. Perché questa tregua si trasformi in qualcosa di più solido, sarà necessario affrontare questioni fondamentali come lo status di Gerusalemme, il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, la sicurezza di Israele e la fine dell’occupazione nei territori palestinesi. Una pace giusta e stabile richiederà compromessi difficili e una visione politica coraggiosa da entrambe le parti. La comunità internazionale, da parte sua, avrà un ruolo cruciale nel sostenere e garantire questi sforzi. Solo così sarà possibile costruire un futuro in cui israeliani e palestinesi possano vivere fianco a fianco in sicurezza, dignità e rispetto reciproco. La questione palestinese è infatti una delle più complesse e radicate a livello internazionale. Nel corso degli anni sono state avanzate diverse soluzioni, ma ognuna di esse ha incontrato ostacoli enormi, legati alla mancanza di fiducia reciproca, alle divisioni interne e a questioni geopolitiche irrisolte. La ‘soluzione dei due Stati’ è da tempo la proposta più discussa a livello globale. Questo approccio prevede la creazione di uno Stato palestinese indipendente accanto a Israele, con Gerusalemme come capitale condivisa e con confini coincidenti con quelli esistenti prima della Guerra dei Sei Giorni, combattuta dal 5 al 10 giugno 1967 tra Israele e una coalizione di Stati arabi (Egitto, Siria, Giordania e altri). Una soluzione simile riconoscerebbe le aspirazioni nazionali di entrambi i popoli e garantirebbe loro sovranità e autodeterminazione. Tuttavia, le difficoltà sono evidenti. L’espansione degli insediamenti israeliani, le divisioni tra Fatah e Hamas, e la resistenza politica di alcune fazioni in Israele rendono questa opzione complessa da attuare. Un’altra possibilità è quella di creare ‘uno Stato unico’, dove israeliani e palestinesi convivano con uguali diritti. Questo modello eliminerebbe la necessità di tracciare confini, ma solleverebbe altre problematiche. La convivenza pacifica richiederebbe un livello di integrazione e tolleranza che oggi sembra irraggiungibile, senza contare che Israele perderebbe la sua identità come Stato ebraico, un punto fondamentale per gran parte della sua popolazione. Un’opzione più innovativa è quella di una ‘confederazione israelo-palestinese’, che consentirebbe alle due entità di mantenere autonomia politica ma di condividere alcune istituzioni fondamentali, come quelle legate alla sicurezza, all’economia e alle infrastrutture. Questa soluzione punta a creare interdipendenza tra i due popoli, favorendo così la cooperazione. Tuttavia, anche in questo caso, la mancanza di fiducia rappresenta un ostacolo enorme. Nel frattempo, alcune proposte si concentrano sul ‘miglioramento delle condizioni attuali, senza cercare di risolvere immediatamente il conflitto. Ad esempio, si potrebbe concedere maggiore autonomia ai palestinesi nei territori occupati, alleviando le tensioni quotidiane. Questo approccio, però, rischia di essere percepito come una misura temporanea e non risolutiva. Un’altra possibilità è quella di adottare un ‘approccio regionale’, coinvolgendo Paesi arabi come Egitto, Giordania e Arabia Saudita per mediare e sostenere un eventuale accordo. L’appoggio di questi Stati potrebbe essere determinante, ma divergenze di interessi tra i vari attori regionali rappresentano un rischio. Infine, si potrebbe puntare su un ‘maggiore intervento della comunità internazionale’, con l’ONU, gli Stati Uniti o l’Unione Europea che assumano un ruolo più incisivo. Tuttavia, questa opzione potrebbe essere percepita come un’imposizione esterna, alimentando resistenze e sospetti. In conclusione, la tregua, se reggerà, in una prospettiva ottimistica potrebbe trasformare questa pausa temporanea e instabile nell’avvio di un processo di pace che segni l’inizio di una nuova era per entrambe le parti.