Dag
Tessore è uno stimato saggista e traduttore, tra le lingue da lui
conosciute, oltre all’italiano, all’inglese ed al francese, ci sono
l’arabo e il cinese, nonché il greco antico e moderno, il latino e il
sanscrito. Dopo essersi formato accademicamente in linguistica comparata e
filosofia del linguaggio, ha cominciato ad occuparsi – diventandone un fine e profondo
conoscitore – di spiritualità cristiana e islamica, nonché di religioni e di
culture orientali, sia come saggista che come traduttore, pubblicando in
diversi Paesi numerosi ed apprezzati testi. Ha insegnato Islamismo e Giudaismo
presso l’Istituto di Scienze Politiche di Pescara. Ha viaggiato a lungo in
Paesi arabi, dove ha approfondito la conoscenza della lingua araba e della
cultura islamica. Oggi vive in Marocco.
Indagini
svolte da alcuni istituti di ricerca hanno evidenziato che nel mondo arabo – in
particolare nei Paesi ‘MENA’ (Middle East and North Africa) – sono in aumento
cauti atteggiamenti di indifferentismo religioso. Secondo la sua
esperienza questo fenomeno riguarda anche il Marocco? Si può certamente parlare
di indifferentismo religioso che tocca una parte di marocchini. Ma
bisogna ben intendersi sul significato di ‘indifferentismo’. Diversamente da
quanto accade in Europa con il Cristianesimo, la stragrande maggioranza dei
marocchini si sente fortemente legata all’appartenenza islamica: è molto
diffuso l’atteggiamento di apprezzamento e amore per il Corano e per la figura
di Maometto; inoltre, l’Islam è percepito come parte integrante della cultura
tradizionale del Marocco. Tuttavia, un numero consistente di marocchini guarda
con diffidenza il mondo dell’Islam politico nonché tutto quell’insieme di
regole e leggi che caratterizzano l’Islam legalistico, e da questo punto di
vista il loro atteggiamento può essere considerato critico o indifferentista.
Lei
è un profondo e acuto studioso della spiritualità islamica: in generale
l’atteggiamento cautamente critico nei confronti della religione, riscontrato
recentemente nel mondo arabo, riguarda l’Islam globalmente considerato o è solo
indice di una non condivisione delle modalità di professione della fede (ovvero
è manifestazione di riserve nei confronti di un’adesione esteriore di tipo
legalistico)? Esistono diversi gradi. Marocchini che disapprovano in
toto l’Islam e si considerano atei sono probabilmente pochissimi, e in ogni
caso il peso della condanna sociale (e in parte anche legale) è talmente grande
che difficilmente queste posizioni estreme si manifestano alla luce del giorno
(diversamente, ancora una volta, da quanto accade in Europa). L’atteggiamento
critico o indifferentista si mostra invece soprattutto nello scegliere una
modalità piuttosto che un’altra di vivere l’Islam. Ma questo, a stretto rigore,
non è indifferentismo: è una scelta consapevole di vivere l’Islam secondo
quella modalità che si ritiene più giusta e più conforme al Corano.
Si
dice che nelle teocrazie non ci sia spazio per la laicità. L’indifferentismo
religioso è probabilmente un precursore di laicità. Cosa pensa in proposito con
specifico riferimento alla realtà marocchina? Penso che la laicità, così
come è vissuta in Europa e particolarmente in Francia, avrà molta difficoltà ad
attecchire in Marocco. L’Islam è percepito qui come l’anima stessa
dell’identità culturale marocchina, della sua storia e della sua tradizione.
Va anche considerato che sta crescendo molto un atteggiamento critico verso
l’Europa, guardata con sempre meno stima e ammirazione. Pertanto, l’identità
islamica assume anche la funzione di opposizione al modello europeo, la cui
laicità è qui percepita spesso come mancanza di amore e fierezza per la propria
identità culturale.
La
popolazione marocchina è composta principalmente da due gruppi
etno-linguistici: i Berberi e gli Arabi. Le due etnie si sono mescolate
fra loro e reciprocamente integrate, o la comunità berbera mantiene dei tratti
distintivi? Durante le fulminee guerre di conquista condotte dai primi califfi
dell’Islam nel VII secolo, il paese che resistette con più accanimento contro
l’invasione araba fu proprio il mondo berbero (Algeria e Marocco), guidato da
figure ‘eroiche’ come la celebre regina berbera Kahina. E per secoli le
dinastie regnanti islamiche in Marocco saranno impegnate a neutralizzare le
molte sacche di autonomia e resistenza dei Berberi, arroccati sulle loro
aspre montagne dell’Atlante. Ancor oggi, dopo circa 1300 anni, l’identità berbera è
chiaramente definita e distinta dall’elemento arabo e, diversamente da quanto
accaduto nella maggior parte dei paesi conquistati dagli arabi, la lingua
autoctona – il berbero – è rimasta prevalente ed è tuttora parlata da circa una
metà dei marocchini.
Vi
sono autonome comunità berbere? Hanno limitate forme di autonomia? Oggi non
esistono forme di autonomia amministrativa o giuridica dei Berberi. Bisogna
infatti tener conto del fatto che, almeno fino a tempi recentissimi, tutta la
classe dirigente e colta era di etnia araba. E gli arabi hanno mantenuto per
secoli un atteggiamento di superiorità nei confronti dei Berberi – siamo noi
che abbiamo portato loro la lingua araba, la cultura e, soprattutto, la
religione islamica -, atteggiamento che continua a serpeggiare diffusamente.
In Algeria (l’unico altro paese con forte presenza berbera) la
frattura è arrivata al punto che molti Berberi hanno abbracciato
il Cristianesimo, sentito come la loro religione precedente
all’islamizzazione forzata.
In
Marocco è presente anche una consistente minoranza ebraica, credo la più
numerosa nel mondo arabo. È integrata da un punto di vista politico e sociale?
La religione è motivo di ‘frizione’?
Per secoli vi era una fortissima presenza ebraica in Marocco, perfettamente
integrata nel tessuto sociale – parlavano berbero e vivevano come tutti gli
altri – pur nella netta distinzione religiosa, quasi sempre però vissuta con
ammirevole rispetto reciproco.
Dopo la creazione dello Stato di Israele, tuttavia, e il conseguente diffondersi
di una forte ostilità degli arabi verso gli ebrei, continuare a vivere in
Marocco diventava sempre più difficile e penoso, per cui la maggior parte
degli ebrei berberi marocchini decise di emigrare in Israele (o in
Europa).Oggi direi che il peso dell’odio reciproco tra ebrei e musulmani e
della questione palestinese rende tuttora difficile una serena
convivenza dei marocchini con i pochi ebrei rimasti, anche se la situazione qui
è verosimilmente migliore che in molti altri paesi islamici.
Da qualche mese il Marocco è uno dei pochi paesi islamici del mondo che ha
riconosciuto lo Stato d’Israele, ha istituito rapporti diplomatici
bilaterali e ha dato il via a voli aerei diretti. Ma l’iniziativa non pare
molto gradita a quella larga fetta di popolazione più religiosa.
È
presente in Marocco una comunità cristiana? Se sì, che consistenza ha? Che
rapporti ha con le istituzioni politiche e religiose del Paese?
La presenza cristiana è rigorosamente limitata agli stranieri
residenti in Marocco. Ufficialmente non esistono marocchini cristiani (e ciò è
anzi addirittura vietato per legge), anche se da diversi siti internet è facile
vedere che alcune migliaia di marocchini hanno abbracciato – segretamente – il
Cristianesimo. Esistono chiese cattoliche, protestanti e ortodosse, ma poche, e
solo nelle grandi città, ed è consentito l’accesso solo agli stranieri.
Indubbiamente vi è una certa diffusa ostilità della popolazione e delle
autorità marocchine verso il Cristianesimo, di cui si teme soprattutto il
proselitismo, ai danni dell’identità culturale, nazionale e religiosa del
Marocco.
Esistono
frange fondamentaliste? Il fondamentalismo in Marocco assume due
forme: da una parte vi sono gruppi segreti che intendono rovesciare la
monarchia e istituire un regime islamico e che, durante l’apogeo dell’Isis in
Siria, fornirono migliaia di jihadisti. Questi gruppi sono assolutamente
illegali e combattuti con durezza dal governo, al punto che la loro presenza è
praticamente impercettibile vivendo in Marocco. Poi invece esiste un largo
strato della popolazione che condivide abbastanza gli ideali integristi – e
quindi si augurerebbe la piena applicazione della Shari’a – ma che
esteriormente non fa nulla di illegale: queste persone sono sovente
riconoscibili dall’abbigliamento (niqab per le donne, baffi tagliati, barba
lunga, tunica fin sotto il ginocchio per gli uomini) e costituiscono quello
zoccolo duro dell’Islam, segretamente ostile alla monarchia regnante.
Ci
sono nuclei di confessione sciita? Lo Sciismo è praticamente assente in
Marocco, sia per motivi storici, sia perché da decenni è legato al
fondamentalismo iraniano, a cui il Regno del Marocco guarda con preoccupazione,
come a tutti i movimenti fondamentalisti islamici.
Il
vento della Primavera araba non ha soffiato in Marocco grazie alle politiche
illuminate delle istituzioni politico-religiose. Limitate e contenute proteste
ci sono state nel 2011-2012. Mi sembra che nel complesso la monarchia goda di
un adeguato consenso. Quali sono i fattori che concorrono a questa situazione
di coesione sociale, politica e istituzionale? Negli ultimi decenni
la monarchia è riuscita tutto sommato a governare discretamente il
paese e a rendere la figura del re rispettata, popolare e amata. Direi che ciò
si può spiegare con tre fattori fondamentali della politica marocchina. In
primo luogo, il re, pur mantenendo un potere quasi assoluto, ha concesso nel
2011 notevoli nuove libertà politiche, soddisfacendo almeno parzialmente le
aspirazioni democratiche del paese. Inoltre, egli lascia al popolo una grande
libertà nei loro affari personali e commerciali: non esistono qui tutte quelle
dettagliatissime e capillari regole e restrizioni europee sulla dimensione dei
tavoli nei ristoranti, sugli scontrini, sull’igiene nei mercati, sui prodotti
venduti dai pizzicagnoli, ecc. Infine, la monarchia ha sempre rispettato e
favorito la dimensione islamica della società marocchina. Questi tre fattori
sono, a mio parere, quelli che spiegano meglio la stabilità sociale e politica
del Marocco.
La
situazione politica si mantiene attualmente tranquilla? Ci sono istanze di
maggiore libertà e democrazia? In questo ultimo anno la situazione è cambiata
notevolmente a motivo della politica sulla Covid. Qui, diversamente che in
Europa, un largo strato della popolazione non ritiene
la Covid particolarmente grave e pericoloso e percepisce quindi le
pesanti politiche di restrizioni come una inutile e indebita oppressione,
dannosissima per l’economia e per la vita quotidiana della gente. Quando poi a
metà ottobre 2021 il governo ha imposto qui il Green Pass come in
Europa, il malcontento è esploso in maniera allarmante. Vi è stata
un’opposizione fortissima, che ha portato a una generale e unanime
disobbedienza. Quantunque la legge preveda che non si può accedere a nessuna
struttura pubblica o privata (compreso l’ufficio postale, un bar o un taxi)
senza Green Pass, nessuno in tutto il paese applica questa norma. E proprio da
quando è uscita la nuova legge sull’obbligo del pass vaccinale, la popolazione,
che era arrivata al 60% circa di vaccinazione a due dosi anti-Covid,
ha smesso quasi completamente di vaccinarsi. Si è arrivati quindi in questi
mesi a un fortissimo malcontento nei confronti del governo e anche del re.
Si
auspica una laicizzazione delle istituzioni o il loro carattere confessionale
si considera una condizione imprescindibile? Proprio in questi mesi, a motivo
delle politiche sulla vaccinazione obbligatoria, assolutamente invise alla
stragrande maggioranza della popolazione, stanno aumentando moltissimo
le proteste. Addirittura, una nota deputata ha detto ultimamente, seguita
poi da molti altri, che il Marocco sta diventando una dittatura e che bisogna
lottare in ogni modo per scongiurare questa deriva. L’elemento confessionale e
religioso, ben lungi dall’essere percepito come un ostacolo
alla democrazia, è anzi visto attualmente come il fattore essenziale per
preservare le libertà civili che invece paiono venire minacciate proprio dal
modello europeo ritenuto qui da molti inaccettabilmente antidemocratico proprio
per le sue politiche sulla vaccinazione obbligatoria.
A
parte le attuali limitazioni dovute alla Covid, il Marocco è sempre stato una
meta turistica molto frequentata dagli Europei. Oltre alle indubbie bellezze
naturali e storico-artistiche ci sono altri fattori che hanno favorito queste
opzioni turistiche? Il turismo è stato favorito in Marocco anche certamente
dalla sua notevole stabilità politica, a differenza degli altri paesi del
Maghreb e del Medio Oriente. Inoltre, fino a tempi recentissimi è stata
praticata una politica tesa a favorire gli investimenti stranieri e in generale
rapporti commerciali e diplomatici fruttuosi con l’Europa.
In
termini generali qual è il sentimento della popolazione nei confronti
dell’Occidente? Sempre in termini generali nei confronti dell’Occidente c’è un
atteggiamento diverso da quello che si riscontra negli altri Paesi del Maghreb
o c’è omogeneità? Generalmente l’atteggiamento della popolazione marocchina
verso gli stranieri è positivo, e questo ovviamente è di beneficio al
turismo. Il fatto che molti marocchini abbiano vissuto in Europa o abbiano
parte della famiglia residente in Europa, nonché il carattere tendenzialmente
moderato e tollerante dell’Islam marocchino, sono fattori che hanno permesso
una serena crescita del turismo, arrestata poi brutalmente con l’arrivo del Covid
e delle relative restrizioni e chiusure.
C’è
qualche altro aspetto della realtà marocchina che ritiene interessante
segnalare?
Ritengo utile, per il futuro dell’Islam e dei rapporti interreligiosi, prendere
atto delle peculiarità dell’Islam marocchino che, almeno potenzialmente e nelle
linee generali, più che una scelta ideologica esclusivista, si presenta come
una ‘tradizione’ specificamente marocchina, cioè un attaccamento ai propri
valori storici e culturali, nella consapevolezza che gli altri popoli hanno
altri valori e altre religioni, altrettanto rispettabili.
Grazie
a queste riflessioni abbiamo ora un’immagine del Marocco, che, oltre ad essere
veritiera, è filtrata dalla autorevole sensibilità intellettuale del prof. Dag
Tessore. Risulta confermato che il Marocco nel mondo arabo per alcuni tratti
peculiari può essere considerato una realtà avanzata. Roberto Rapaccini