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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

sabato 3 giugno 2023

MAROCCO: PARADIGMA DEL MONDO ARABO. RIFLESSIONI CON DAG TESSORE (27.12.2021)

 

Dag Tessore è uno stimato saggista e traduttore, tra le lingue da lui conosciute, oltre all’italiano, all’inglese ed al francese, ci sono l’arabo e il cinese, nonché il greco antico e moderno, il latino e il sanscrito. Dopo essersi formato accademicamente in linguistica comparata e filosofia del linguaggio, ha cominciato ad occuparsi – diventandone un fine e profondo conoscitore – di spiritualità cristiana e islamica, nonché di religioni e di culture orientali, sia come saggista che come traduttore, pubblicando in diversi Paesi numerosi ed apprezzati testi. Ha insegnato Islamismo e Giudaismo presso l’Istituto di Scienze Politiche di Pescara. Ha viaggiato a lungo in Paesi arabi, dove ha approfondito la conoscenza della lingua araba e della cultura islamica. Oggi vive in Marocco.

Indagini svolte da alcuni istituti di ricerca hanno evidenziato che nel mondo arabo – in particolare nei Paesi ‘MENA’ (Middle East and North Africa) – sono in aumento cauti atteggiamenti di indifferentismo religioso. Secondo la sua esperienza questo fenomeno riguarda anche il Marocco? Si può certamente parlare di indifferentismo religioso che tocca una parte di marocchini. Ma bisogna ben intendersi sul significato di ‘indifferentismo’. Diversamente da quanto accade in Europa con il Cristianesimo, la stragrande maggioranza dei marocchini si sente fortemente legata all’appartenenza islamica: è molto diffuso l’atteggiamento di apprezzamento e amore per il Corano e per la figura di Maometto; inoltre, l’Islam è percepito come parte integrante della cultura tradizionale del Marocco. Tuttavia, un numero consistente di marocchini guarda con diffidenza il mondo dell’Islam politico nonché tutto quell’insieme di regole e leggi che caratterizzano l’Islam legalistico, e da questo punto di vista il loro atteggiamento può essere considerato critico o indifferentista.

Lei è un profondo e acuto studioso della spiritualità islamica: in generale l’atteggiamento cautamente critico nei confronti della religione, riscontrato recentemente nel mondo arabo, riguarda l’Islam globalmente considerato o è solo indice di una non condivisione delle modalità di professione della fede (ovvero è manifestazione di riserve nei confronti di un’adesione esteriore di tipo legalistico)? Esistono diversi gradi. Marocchini che disapprovano in toto l’Islam e si considerano atei sono probabilmente pochissimi, e in ogni caso il peso della condanna sociale (e in parte anche legale) è talmente grande che difficilmente queste posizioni estreme si manifestano alla luce del giorno (diversamente, ancora una volta, da quanto accade in Europa). L’atteggiamento critico o indifferentista si mostra invece soprattutto nello scegliere una modalità piuttosto che un’altra di vivere l’Islam. Ma questo, a stretto rigore, non è indifferentismo: è una scelta consapevole di vivere l’Islam secondo quella modalità che si ritiene più giusta e più conforme al Corano.

Si dice che nelle teocrazie non ci sia spazio per la laicità. L’indifferentismo religioso è probabilmente un precursore di laicità. Cosa pensa in proposito con specifico riferimento alla realtà marocchina? Penso che la laicità, così come è vissuta in Europa e particolarmente in Francia, avrà molta difficoltà ad attecchire in Marocco. L’Islam è percepito qui come l’anima stessa dell’identità culturale marocchina, della sua storia e della sua tradizione.
Va anche considerato che sta crescendo molto un atteggiamento critico verso l’Europa, guardata con sempre meno stima e ammirazione. Pertanto, l’identità islamica assume anche la funzione di opposizione al modello europeo, la cui laicità è qui percepita spesso come mancanza di amore e fierezza per la propria identità culturale.

La popolazione marocchina è composta principalmente da due gruppi etno-linguistici: i Berberi e gli Arabi. Le due etnie si sono mescolate fra loro e reciprocamente integrate, o la comunità berbera mantiene dei tratti distintivi? Durante le fulminee guerre di conquista condotte dai primi califfi dell’Islam nel VII secolo, il paese che resistette con più accanimento contro l’invasione araba fu proprio il mondo berbero (Algeria e Marocco), guidato da figure ‘eroiche’ come la celebre regina berbera Kahina. E per secoli le dinastie regnanti islamiche in Marocco saranno impegnate a neutralizzare le molte sacche di autonomia e resistenza dei Berberi, arroccati sulle loro aspre montagne dell’Atlante. Ancor oggi, dopo circa 1300 anni, l’identità berbera è chiaramente definita e distinta dall’elemento arabo e, diversamente da quanto accaduto nella maggior parte dei paesi conquistati dagli arabi, la lingua autoctona – il berbero – è rimasta prevalente ed è tuttora parlata da circa una metà dei marocchini.

Vi sono autonome comunità berbere? Hanno limitate forme di autonomia? Oggi non esistono forme di autonomia amministrativa o giuridica dei Berberi. Bisogna infatti tener conto del fatto che, almeno fino a tempi recentissimi, tutta la classe dirigente e colta era di etnia araba. E gli arabi hanno mantenuto per secoli un atteggiamento di superiorità nei confronti dei Berberi – siamo noi che abbiamo portato loro la lingua araba, la cultura e, soprattutto, la religione islamica -, atteggiamento che continua a serpeggiare diffusamente. In Algeria (l’unico altro paese con forte presenza berbera) la frattura è arrivata al punto che molti Berberi hanno abbracciato il Cristianesimo, sentito come la loro religione precedente all’islamizzazione forzata.

In Marocco è presente anche una consistente minoranza ebraica, credo la più numerosa nel mondo arabo. È integrata da un punto di vista politico e sociale? La religione è motivo di ‘frizione’?
Per secoli vi era una fortissima presenza ebraica in Marocco, perfettamente integrata nel tessuto sociale – parlavano berbero e vivevano come tutti gli altri – pur nella netta distinzione religiosa, quasi sempre però vissuta con ammirevole rispetto reciproco.
Dopo la creazione dello Stato di Israele, tuttavia, e il conseguente diffondersi di una forte ostilità degli arabi verso gli ebrei, continuare a vivere in Marocco diventava sempre più difficile e penoso, per cui la maggior parte degli ebrei berberi marocchini decise di emigrare in Israele (o in Europa).Oggi direi che il peso dell’odio reciproco tra ebrei e musulmani e della questione palestinese rende tuttora difficile una serena convivenza dei marocchini con i pochi ebrei rimasti, anche se la situazione qui è verosimilmente migliore che in molti altri paesi islamici.
Da qualche mese il Marocco è uno dei pochi paesi islamici del mondo che ha riconosciuto lo Stato d’Israele, ha istituito rapporti diplomatici bilaterali e ha dato il via a voli aerei diretti. Ma l’iniziativa non pare molto gradita a quella larga fetta di popolazione più religiosa.

È presente in Marocco una comunità cristiana? Se sì, che consistenza ha? Che rapporti ha con le istituzioni politiche e religiose del Paese? La presenza cristiana è rigorosamente limitata agli stranieri residenti in Marocco. Ufficialmente non esistono marocchini cristiani (e ciò è anzi addirittura vietato per legge), anche se da diversi siti internet è facile vedere che alcune migliaia di marocchini hanno abbracciato – segretamente – il Cristianesimo. Esistono chiese cattoliche, protestanti e ortodosse, ma poche, e solo nelle grandi città, ed è consentito l’accesso solo agli stranieri. Indubbiamente vi è una certa diffusa ostilità della popolazione e delle autorità marocchine verso il Cristianesimo, di cui si teme soprattutto il proselitismo, ai danni dell’identità culturale, nazionale e religiosa del Marocco.

Esistono frange fondamentaliste? Il fondamentalismo in Marocco assume due forme: da una parte vi sono gruppi segreti che intendono rovesciare la monarchia e istituire un regime islamico e che, durante l’apogeo dell’Isis in Siria, fornirono migliaia di jihadisti. Questi gruppi sono assolutamente illegali e combattuti con durezza dal governo, al punto che la loro presenza è praticamente impercettibile vivendo in Marocco. Poi invece esiste un largo strato della popolazione che condivide abbastanza gli ideali integristi – e quindi si augurerebbe la piena applicazione della Shari’a – ma che esteriormente non fa nulla di illegale: queste persone sono sovente riconoscibili dall’abbigliamento (niqab per le donne, baffi tagliati, barba lunga, tunica fin sotto il ginocchio per gli uomini) e costituiscono quello zoccolo duro dell’Islam, segretamente ostile alla monarchia regnante.

Ci sono nuclei di confessione sciita? Lo Sciismo è praticamente assente in Marocco, sia per motivi storici, sia perché da decenni è legato al fondamentalismo iraniano, a cui il Regno del Marocco guarda con preoccupazione, come a tutti i movimenti fondamentalisti islamici.

Il vento della Primavera araba non ha soffiato in Marocco grazie alle politiche illuminate delle istituzioni politico-religiose. Limitate e contenute proteste ci sono state nel 2011-2012. Mi sembra che nel complesso la monarchia goda di un adeguato consenso. Quali sono i fattori che concorrono a questa situazione di coesione sociale, politica e istituzionale? Negli ultimi decenni la monarchia è riuscita tutto sommato a governare discretamente il paese e a rendere la figura del re rispettata, popolare e amata. Direi che ciò si può spiegare con tre fattori fondamentali della politica marocchina. In primo luogo, il re, pur mantenendo un potere quasi assoluto, ha concesso nel 2011 notevoli nuove libertà politiche, soddisfacendo almeno parzialmente le aspirazioni democratiche del paese. Inoltre, egli lascia al popolo una grande libertà nei loro affari personali e commerciali: non esistono qui tutte quelle dettagliatissime e capillari regole e restrizioni europee sulla dimensione dei tavoli nei ristoranti, sugli scontrini, sull’igiene nei mercati, sui prodotti venduti dai pizzicagnoli, ecc. Infine, la monarchia ha sempre rispettato e favorito la dimensione islamica della società marocchina. Questi tre fattori sono, a mio parere, quelli che spiegano meglio la stabilità sociale e politica del Marocco.

La situazione politica si mantiene attualmente tranquilla? Ci sono istanze di maggiore libertà e democrazia? In questo ultimo anno la situazione è cambiata notevolmente a motivo della politica sulla Covid. Qui, diversamente che in Europa, un largo strato della popolazione non ritiene la Covid particolarmente grave e pericoloso e percepisce quindi le pesanti politiche di restrizioni come una inutile e indebita oppressione, dannosissima per l’economia e per la vita quotidiana della gente. Quando poi a metà ottobre 2021 il governo ha imposto qui il Green Pass come in Europa, il malcontento è esploso in maniera allarmante. Vi è stata un’opposizione fortissima, che ha portato a una generale e unanime disobbedienza. Quantunque la legge preveda che non si può accedere a nessuna struttura pubblica o privata (compreso l’ufficio postale, un bar o un taxi) senza Green Pass, nessuno in tutto il paese applica questa norma. E proprio da quando è uscita la nuova legge sull’obbligo del pass vaccinale, la popolazione, che era arrivata al 60% circa di vaccinazione a due dosi anti-Covid, ha smesso quasi completamente di vaccinarsi. Si è arrivati quindi in questi mesi a un fortissimo malcontento nei confronti del governo e anche del re.

Si auspica una laicizzazione delle istituzioni o il loro carattere confessionale si considera una condizione imprescindibile? Proprio in questi mesi, a motivo delle politiche sulla vaccinazione obbligatoria, assolutamente invise alla stragrande maggioranza della popolazione, stanno aumentando moltissimo le proteste. Addirittura, una nota deputata ha detto ultimamente, seguita poi da molti altri, che il Marocco sta diventando una dittatura e che bisogna lottare in ogni modo per scongiurare questa deriva. L’elemento confessionale e religioso, ben lungi dall’essere percepito come un ostacolo alla democrazia, è anzi visto attualmente come il fattore essenziale per preservare le libertà civili che invece paiono venire minacciate proprio dal modello europeo ritenuto qui da molti inaccettabilmente antidemocratico proprio per le sue politiche sulla vaccinazione obbligatoria.

A parte le attuali limitazioni dovute alla Covid, il Marocco è sempre stato una meta turistica molto frequentata dagli Europei. Oltre alle indubbie bellezze naturali e storico-artistiche ci sono altri fattori che hanno favorito queste opzioni turistiche? Il turismo è stato favorito in Marocco anche certamente dalla sua notevole stabilità politica, a differenza degli altri paesi del Maghreb e del Medio Oriente. Inoltre, fino a tempi recentissimi è stata praticata una politica tesa a favorire gli investimenti stranieri e in generale rapporti commerciali e diplomatici fruttuosi con l’Europa.

In termini generali qual è il sentimento della popolazione nei confronti dell’Occidente? Sempre in termini generali nei confronti dell’Occidente c’è un atteggiamento diverso da quello che si riscontra negli altri Paesi del Maghreb o c’è omogeneità? Generalmente l’atteggiamento della popolazione marocchina verso gli stranieri è positivo, e questo ovviamente è di beneficio al turismo. Il fatto che molti marocchini abbiano vissuto in Europa o abbiano parte della famiglia residente in Europa, nonché il carattere tendenzialmente moderato e tollerante dell’Islam marocchino, sono fattori che hanno permesso una serena crescita del turismo, arrestata poi brutalmente con l’arrivo del Covid e delle relative restrizioni e chiusure.

C’è qualche altro aspetto della realtà marocchina che ritiene interessante segnalare?
Ritengo utile, per il futuro dell’Islam e dei rapporti interreligiosi, prendere atto delle peculiarità dell’Islam marocchino che, almeno potenzialmente e nelle linee generali, più che una scelta ideologica esclusivista, si presenta come una ‘tradizione’ specificamente marocchina, cioè un attaccamento ai propri valori storici e culturali, nella consapevolezza che gli altri popoli hanno altri valori e altre religioni, altrettanto rispettabili.

Grazie a queste riflessioni abbiamo ora un’immagine del Marocco, che, oltre ad essere veritiera, è filtrata dalla autorevole sensibilità intellettuale del prof. Dag Tessore. Risulta confermato che il Marocco nel mondo arabo per alcuni tratti peculiari può essere considerato una realtà avanzata. Roberto Rapaccini