Sembra
che ci avviamo verso esiti devastanti: Putin va avanti, si avvicina ai confini
della Polonia con il rischio che gli attacchi sconfinino anche accidentalmente
nel territorio della Nato con una conseguente letale escalation della guerra.
C’è ancora uno spiraglio che alimenta la speranza per una soluzione negoziale
del conflitto? Il 12 marzo a fine giornata (alle 23:56) il Jerusalem Post ha
pubblicato una notizia, rilanciata successivamente da altre agenzie e testate
giornalistiche, spiegando di averla appresa da una ‘fonte diplomatica’ dopo un
colloquio telefonico avvenuto tra Zelensky e il primo ministro israeliano
Naftali Bennett. La notizia è questa: la Russia avrebbe manifestato
disponibilità a tenere negoziati con l'Ucraina a Gerusalemme. Della questione
non si parla molto (e questo è un buon segno); ci siamo abituati allo
svolgimento di incontri formali fra le due delegazioni (dai quali non sta
emergendo nulla di concreto), contestuali a contatti ufficiosi fra Stati a
livello governativo con maggiori margini di incidenza. Oggi, ad esempio, a Roma
il consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, e
il Responsabile della Politica Estera del Partito Comunista Cinese Yang Jiechi
si incontreranno per discutere di questioni internazionali e regionali, e delle
relazioni fra Cina e Stati Uniti. La Cina potrebbe avere un importante ruolo
nelle trattative: in proposito il Financial Times ha ipotizzato che la Russia
possa aver chiesto alla Cina assistenza militare e soldi per sostenere
l’invasione fin dall’inizio. Israele non si è ufficialmente espresso sulle
possibili negoziazioni a Gerusalemme. Perché la candidatura di Gerusalemme? La
mediazione di Israele è gradita ad entrambe le parti. Gli interessi di Israele
e Russia potrebbero convergere nel contenimento delle mire espansionistiche
dell’Iran sul Medioriente. Quanto a Zelensky, è di origine ebrea e si
affiderebbe alla mediazione di Bennet perché sa che ‘dietro di lui’ ci sono gli
Stati Uniti. Pone un’unica condizione: che le trattative siano precedute da un
‘cease-fire’, un cessate il fuoco. In proposito, può considerarsi seria
l’intenzione dei russi di negoziare se nello stesso tempo consumano i peggiori
crimini di guerra e non manifestano minimamente l’intenzione di fermarsi? Forse
questa spietata e riprovevole strategia paradossalmente confermerebbe
l’intenzione di negoziare. Sfuggita la possibilità di una guerra lampo, la
Russia, a causa degli effetti delle sanzioni comincia ad essere in grave
difficolta ed a rischio di default. Quindi deve realizzare quanti più
impressionanti risultati bellici in breve tempo (e cioè prima di essere
travolta dalle difficoltà interne) per presentarsi al tavolo delle trattative
come una grave minaccia per la pace mondiale ed ottenere in questo modo il
consenso sulle sue proposte. Tra l’altro solo da un tavolo negoziale così
strutturato Putin potrebbe non rimanere travolto dagli eventi ed avere una via
d’uscita che potrebbe consistere anche nella possibilità di rimanere al potere.
Il pessimismo della ragione ci dice che è solo un’ipotesi, l’ottimismo della
volontà ci dice di crederci. Nel frattempo, la tragedia assume contenuti di
sempre più drammatica consistenza. Roberto Rapaccini