Gerusalemme
è al centro del conflitto fra Israele e Palestina in quanto la città per
ragioni diverse è considerata come capitale del proprio Stato sia dai
palestinesi sia dagli israeliani[i]. Nemmeno gli accordi di Oslo del1993[ii]
contengono un’intesa sullo status di Gerusalemme. Le cause dei gravi scontri
che dal mese di maggio dalla città santa si sono progressivamente estesi in
molte zone sensibili del Paese tendono ad essere minimizzate dall’opinione
pubblica filogovernativa, che cerca di ricondurre i contrasti a dispute di
carattere meramente immobiliare. Le turbative, infatti, sono seguite ai
provvedimenti giudiziari di sfratto di cui sono stati destinatari i nuclei
familiari palestinesi che, fuggiti o cacciati dalle loro case a Gerusalemme
Ovest, si erano trasferiti a Gerusalemme Est (in particolare nel quartiere di
Sheikh Jarrah), passata sotto il controllo giordano a seguito del conflitto del
1948[iii]. Le autorità giordane di Gerusalemme Est, infatti, assegnarono a
questi profughi palestinesi, che quindi ne entrarono legittimamente in possesso,
gli immobili abbandonati dagli israeliani che erano invece migrati a
Gerusalemme Ovest, cioè nella zona ‘israeliana’. Dopo più di 160 anni di
pacifico possesso, queste abitazioni sono state rivendicate in sede giudiziale
da israeliani che affermano di essere stati i legittimi proprietari prima
dell’occupazione giordana del 1948. Israele, infatti, avendo a seguito della
guerra dei sei giorni del 1967 esteso la sua sovranità anche su Gerusalemme
Est, non riconosce i precedenti provvedimenti delle autorità giordane di
assegnazione degli immobili ai palestinesi, alimentando così le rivendicazioni
degli israeliani precedenti proprietari. La questione va oltre la disputa
legale in quanto lo stesso diritto non viene riconosciuto ai Palestinesi che a
seguito della guerra del 1948 hanno abbandonato immobili a Gerusalemme ovest
assegnati successivamente a famiglie israeliane. Questa disputa, quindi,
manifesta un atteggiamento discriminatorio, ed è considerata dai Palestinesi
un’intollerabile provocazione. Roberto Rapaccini
[i]
Gli Ebrei ritengono che Gerusalemme debba essere la capitale di Israele perché
oltre ad essere la più importante città dell’antico Regno di Giuda era sede del
Tempio Santo, il luogo più sacro per l’Ebraismo. I Palestinesi rivendicano
invece di aver abitato Gerusalemme in maniera esclusiva per secoli. Oggetto di
controversie è in particolare la parte orientale di Gerusalemme -
unilateralmente annessa da Israele nel 1967 dopo la guerra dei sei giorni -
nella quale sono ubicati alcuni dei luoghi considerati santi dalle tre
religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo, Islam), quali il Muro del
Pianto, la moschea al-Aqsa, la basilica del Santo Sepolcro. Prendendo atto
della natura irrisolta del contrasto, le organizzazioni internazionali e la
maggior parte dei Paesi Membri dell’Onu hanno aperto le loro rappresentanze
diplomatiche a Tel Aviv, ritenendo questa città la reale capitale di Israele.
Ironia della sorte uno dei significati della parola Gerusalemme è città della
pace.
[ii]
Con gli accordi di Oslo è stata istituita un'Autorità palestinese con il
compito di governare con una limitata autonomia alcune parti della Cisgiordania
e della Striscia di Gaza, e stato inoltre riconosciuto l'OLP come partner di
Israele nei negoziati sulle questioni in sospeso. Gli accordi di Oslo non hanno
creato uno Stato palestinese.
[iii]
L’armistizio con il quale nel 1949 si concluse la prima guerra arabo-israeliana
stabilì che ad Israele spettasse la parte ovest di Gerusalemme, mentre la
Giordania, che durante la guerra aveva occupato parte di Gerusalemme e
dell’odierna Cisgiordania, mantenesse il controllo della parte est della città,
quella palestinese, tuttora è abitata in prevalenza da arabi. La situazione è
cambiata nel 1967, al termine della ‘Guerra dei sei giorni’: Israele conquistò
diversi territori, fra cui Gerusalemme est, di cui tutt’oggi mantiene il
controllo militare assieme ad un’ampia zona di quartieri limitrofi.