Una
delle più importanti conquiste delle democrazie moderne è la laicità dello
Stato. Come diretto corollario, le iniziative finalizzate al proselitismo
spirituale – e quindi anche quelle strumentali all’avvicinamento e alla
conversione ad una fede religiosa – sono confinate nella sfera delle relazioni
private, spesso individuali, e sono estranee ad attività riconducibili a
pubblici poteri. Nel decreto del Concilio Vaticano II ‘Apostolicam
Actuositatem’ (sull’apostolato dei laici), la Chiesa Cattolica, consapevole
della secolarizzazione in atto e di un diffuso anticlericalismo che ostacolava
l’accesso dei religiosi in molti contesti della società civile, invitava i
laici a diffondere anche con l’esempio il messaggio cristiano negli ambiti nei
quali si svolgeva la loro ordinaria attività (in questo modo si sarebbe
realizzata la cosiddetta vocazione alla Santità dei laici). Peraltro, fra i
doveri dei cristiani che derivano dal battesimo, c’è la partecipazione alla
missione della Chiesa. Il concetto di laicità è estraneo alla cultura islamica
ed è spesso confuso con la nozione di ateismo. Negli Stati Islamici si
attribuisce un particolare rilievo solo all’esistenza di una sola religione,
l’Islam: non essere musulmano equivale a non essere un credente. Non è ammessa
una terza possibilità, ovvero essere fedele di un altro credo religioso. Per
questo motivo il termine ‘infedele’, originariamente riservato a politeisti e
pagani, nell’uso comune nel mondo arabo è stato esteso anche agli altri
monoteisti. La mancata conoscenza del concetto di laicità può essere anche una
conseguenza della mancanza, nella storia dei popoli arabi, di un movimento
analogo all'Illuminismo, che in Occidente ha enfatizzato i diritti di libertà,
affermando la necessità che essi si strutturino in maniera affrancata da schemi
prestabiliti. L’Islam è una religione con un’indubbia matrice fortemente
politica e ideologica, in quanto postula l’affermazione di un assetto sociale
ispirato a un’etica confessionale. L’assenza di un pluralismo religioso nel
mondo arabo è anche una diretta conseguenza della più generale mancanza di
libertà religiosa tipica dei regimi teocratici. In essi la libertà religiosa
può essere un pericoloso strumento di potenziale eversione; non c’è spazio per
forme di legittimità democratica di tipo occidentale in quanto l’unica
legittimità viene dal letterale rispetto della legge coranica. Quando la fede è
vissuta come ideologia il proselitismo è surrogato dalla militanza, cioè
dall’impegno collettivo dei fedeli per promuovere con ogni mezzo
l’instaurazione di un ordine sociale nel quale le leggi civili sono
progressivamente sostituite da un ordinamento plasmato sulla legge divina.
Anche nei Paesi a maggioranza islamica che cercano di percorrere la via della
democrazia e della laicità (come la Tunisia), il Corano rimane un riferimento
irrinunciabile, in quanto in questi ordinamenti in maniera esplicita o
implicita sono previsti meccanismi istituzionali che in concreto evitano che la
vita civile si articoli in maniera contraddittoria o semplicemente autonoma dai
principi dell’Islam. In questi ultimi anni, secondo un’indagine svolta
dall’istituto di ricerca Arab Barometer, si assiste nel mondo arabo ad un
aumento, ancora molto contenuto, di atteggiamenti di indifferentismo religioso:
molti i giovani, probabilmente spinti da un desiderio di autenticità,
manifestano un limitato orientamento di critica al complesso oggettivo e
formale della dottrina religiosa, e di rifiuto di un’adesione esteriore di tipo
legalistico. Arab Barometer è un network politicamente neutro che svolge
ricerche e sondaggi per monitorare le variazioni politiche e sociali in Paesi
del Nord Africa e del Medio Oriente (i cosiddetti Paesi compresi nell’acronimo
MENA – Middle East and North Africa - cioè Algeria, Arabia Saudita, Bahrain,
Egitto, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Israele, Giordania, Kuwait, Libano,
Libia, Marocco, Oman, Qatar, Siria, Cisgiordania, Tunisia, e Yemen). È il più
grande archivio di dati pubblicamente disponibili sugli orientamenti
dell’opinione pubblica nel mondo arabo. Il progetto è governato da un comitato
direttivo che include accademici e ricercatori dei Paesi MENA e degli Stati
Uniti. Secondo Arab Barometer la frangia di arabi che si dichiarano ‘non
religiosi’, è ancora molto esigua, dal 2013 al 2019 è passata dall’8% al 13%.
Il dato è particolarmente significativo se si considera che si colloca in anni
di ‘risveglio islamico’. In dettaglio l'avanzata maggiore di questo
atteggiamento che può contribuire all’introduzione di una moderata laicità, si
è registrata in Tunisia (dal 16% al 35%), seguita da quella in Libia (dall'11%
al 25%), in Algeria (dall' 8% al 13%), in Marocco (dal 4% al 12%), in Egitto
(dal 3 al 12%). Il dato non specifica quale fede sia in diminuzione, ma,
considerata l’esigua presenza di Cristiani o di fedeli di altre religioni in
questi Paesi, si può fondatamente desumere che il dato si riferisca all’Islam.
Gli studiosi non concordano nell’individuazione delle cause; peraltro, le
realtà politiche dei Paesi arabi in cui si è registrato questo dato
differiscono molto fra di loro. Sembra che la deriva terroristica di matrice
islamica sia estranea all’incremento del fenomeno, mentre assumerebbero
particolare rilievo motivazioni personali che originano da crisi religiose
individuali. Questi dati anche nelle motivazioni indubbiamente avvicinano il
mondo arabo alle realtà occidentali. Roberto Rapaccini