L'accordo
firmato qualche giorno fa a Losanna dopo lunghe trattative fra i
cosiddetti 5 + 1 (ovvero i Paesi membri permanenti del Consiglio di
sicurezza dell'Onu + la Germania) - mandatari della comunità internazionale - e
l'Iran ha una grande portata storica. Come è noto, l'intesa ha come oggetto lo
svolgimento del programma nucleare iraniano - fonte di tensioni nell'area
mediorientale - che gli enti preposti saranno messi in grado di verificare che
sia rivolto a scopi civili, e, come contropartita, la rimozione delle sanzioni
che, fin dai tempi di Khomeini, gravano sullo stato persiano. La stampa di
questi giorni contiene i dettagli delle disposizioni che naturalmente dovranno
superare la prova dei fatti. I commenti sono spesso rivolti alle
conseguenze economiche dell'evento, che comporterà 'in primis'
l'immissione di migliaia di barili di petrolio iraniano sul mercato, con caduta
del suo prezzo ed altri effetti non del tutto al momento ipotizzabili: per
quanto l'economia (quella finanziaria e non quella reale) governi con le sue
regole il mondo, l'intesa ha un valore che va ben oltre le leggi della finanza.
L’Iran, infatti, esce dall'isolamento nel quale lo avevano relegato l'embargo e
l'interruzione delle relazioni commerciali, per tornare ad essere un
interlocutore 'normale'. Nell'attuale contesto geopolitico si tratta di una
grande novità: l'Iran potrebbe essere in prospettiva quell'alleato strategico
nel mondo islamico di cui l'Occidente ha un bisogno vitale. Innanzitutto, la
sua adesione all'Islam di tipo sciita lo rende un partner affidabile per
contrastare l'Isis e soprattutto le ambiguità del mondo islamico sunnita, di
cui non ci si può fidare completamente in quanto i suoi atteggiamenti di
condanna dello Stato Islamico non corrispondono ai fatti: componenti delle
monarchie sunnite del Golfo, infatti, forniscono un supporto economico,
militare e politico al fondamentalismo che ha la sua punta esponenziale
nell'Isis. Inoltre, l'attuale governo della Repubblica islamica iraniana è
solido, moderato e riformista, e sta riprendendo in considerazione i progressi
nel campo delle libertà civili che furono obiettivi del passato leader
Khatami, che con la sua presidenza fece pensare all'avvento di una possibile
primavera iraniana, abortita con l'ascesa di Ahmadinejad. La popolazione
persiana poi nella sostanza è secolarizzata e conserva un substrato
culturale occidentale. Tuttavia, non si deve dimenticare che la complessa
architettura 'a doppio binario' del Paese prevede al governo, oltre ad un
vertice civile, il presidente Rouani, un capo religioso, l'ayatollah
Khamenei, espressione dello spirito conservatore teocratico, e reale freno al
progresso. Israele, o meglio il leader del Likud Netanhyau, considera l'accordo
un grave errore: l'Iran è oggettivamente per Israele una minaccia dal punto di
vista militare. Tuttavia, i tempi sono maturi per la stabilizzazione e la
normalizzazione delle relazioni di Israele con il mondo arabo attraverso
l'implementazione degli accordi di Oslo, per il riconoscimento dello Stato
palestinese e soprattutto per il riconoscimento di Israele anche da parte dei
Paesi arabi e islamici. Le contingenze di questo momento storico
potrebbero consentire allo stato israeliano attraverso scelte politiche coraggiose
di uscire dalla condizione di assedio alla quale è costretto dai Paesi
confinanti. Nell'aver condotto le trattative va riconosciuto a Barak Obama,
destinatario di un premio Nobel per la pace assegnato 'a scatola chiusa', di
aver portato a termine questo progetto nell'ostilità manifesta di Israele e in
quella meno apparente delle tradizionali alleate monarchie saudite che temono
l'ascesa della potenza iraniana nella regione medio-orientale. In ultimo l'Iran
è stato in passato una centrale del terrorismo finanziando movimenti sciiti, in
particolare Hezbollah, e sunniti, segnatamente Hamas: l'integrazione nel
contesto geopolitico internazionale renderà difficili iniziative del genere. In
conclusione, l'accordo sul nucleare con l'Iran, per quanto settoriale, è una
pianta che va coltivata, perché dalla sua crescita possono nascere buoni
frutti, in primo luogo da essa può dipendere la pacifica convivenza di monadi
contrapposte. La pace si costruisce con i fatti, non con le speranze. Roberto
Rapaccini