Lo
Stato Islamico, a differenza di Al Qaeda, ha la direzione su un preciso
territorio, che governa sottoponendolo a un diretto controllo anche fiscale; si
è inoltre dotato di truppe formate da combattenti “regolari”. Osama Bin Laden
voleva un Califfato, lo immaginava come il punto di approdo di un percorso, ma
per la sua nascita attendeva che ci fosse nel mondo islamico la giusta unità.
Abu Bakr al Baghdadi, leader dell'Isis, si è invece autoproclamato Califfo dopo
aver preso il controllo di alcune zone tra Siria e Iraq. L'Isis ha un piede nel
passato ed uno nel futuro: è un'evoluzione pratica del progetto dei gruppi
fondamentalisti di matrice islamica, in particolare di Al Qaeda, ma si ispira a
un desueto modello di Stato Islamico, vecchio di alcuni secoli. In questo
contesto va considerato il ripristino della 'Dhimma'. La 'Dhimma' è un istituto
che ebbe applicazione nel periodo islamico classico (VII-XVI secolo), ed è
previsto dalla Sharia, ovvero dalla legge coranica, costituendo un correttivo
al principio secondo il quale i fedeli di altre religioni non possono far parte
della 'Umma', ovvero della comunità islamica, e cioè non possono risiedere
nella terra dell’Islam. La stessa legge islamica, tuttavia, prevede
un’eccezione per i fedeli delle altre religioni monoteiste, principalmente per
gli ebrei e per i cristiani: per loro la possibilità di restare nella comunità
islamica sarebbe consentita, ma sarebbe subordinata al pagamento di una imposta
personale e di una fondiaria che assicurava loro anche una protezione. La
'jizya' era il termine arabo che indicava questi tributi, che gravavano sui
sudditi maschi in grado di produrre reddito, mentre erano esentati gli
appartenenti al clero. I cristiani e gli ebrei erano tenuti anche a un
comportamento di subordinazione ai musulmani, nonché al divieto di proselitismo
e al massimo rispetto della fede islamica. La 'Dhimma' è questa speciale
disciplina, tecnicamente in concreto un patto individuale fra ebrei o cristiani
e un’autorità di governo musulmana. La condizione di 'dhimmitudine' si perdeva
a seguito di violazioni delle norme relative allo 'status', o per la
conversione all’Islam. Il fondamento dell’istituto era la convinzione dei
musulmani di essere superiori ai fedeli delle altre religioni; tuttavia,
l’accettazione condizionata degli ebrei e dei cristiani era motivata dal
carattere monoteista delle due fedi e dalla comune discendenza dal padre
Abramo. La 'Dhimma' era considerato diversamente dai musulmani da una parte, e
dagli ebrei e cristiani dall’altra: per i primi, convinti della superiorità
della propria fede, l’istituto era un atto di liberalità e tolleranza; per
ebrei e cristiani era fonte di una condizione minorata, di limitazioni e di una
costante esposizione alle pesanti sanzioni conseguenti ad una possibile revoca.
Come evidenziano numerose fonti video e pubblicazioni on-line, l'applicazione
della 'Dhimma' come retoricamente 'riesumata' ed evocata dall'Isis si concreta
esclusivamente nella concessione all'infedele di una tregua di sole 48 ore per
compiere la propria scelta di abbracciare l’islam o di abbandonare le città: in
mancanza dell'opzione per una delle due alternative il cristiano o l'ebreo
viene giustiziato. Questo tradisce la reale volontà dei militanti del sedicente
califfato, cioè quella di voler perseguire una politica di sterminio ed
epurazione di cristiani ed ebrei, in quanto, di fatto, la conversione è l’unica
via lasciata realmente aperta a queste comunità dallo sciagurato regime.
Roberto Rapaccini