L'Onu dovrebbe essere la
sede nella quale si discutono le questioni che travalicano gli interessi dei
singoli Stati. Una delle cause di mancanza di autonomia operativa
dell'organismo è l'istituto del diritto di veto. Infatti, quando è
all'attenzione dell'istituzione un interesse di almeno uno dei Paesi titolari
del diritto di veto, l'esercizio del veto spesso blocca le relative eventuali
risoluzioni contrarie a questo interesse, sebbene esprimano la libera volontà
del consesso. Il veto più precisamente è il potere di impedire l'attuazione di
una deliberazione della maggioranza, riservato a ciascuno dei cinque membri
permanenti del Consiglio di Sicurezza, ovvero agli Stati Uniti, alla Russia -
che l'ha ereditata dall'Urss - al Regno Unito, alla Francia e alla Cina.
Conseguentemente è improbabile l'adozione da parte dell'Onu di una
decisione contraria ad uno di questi Stati. Un altro esempio
dell'immobilismo causato da questa opzione: le più di 200 risoluzioni
riguardanti Israele e Palestina, approvate nel tempo con significative
maggioranze, non sono state attuate per l'esercizio del diritto di veto
soprattutto da parte statunitense. Dalla fondazione dell'Onu questa facoltà è
stata usata più di 260 volte. Durante la Guerra fredda l’attività del Consiglio
di Sicurezza è stata paralizzata dai veti incrociati. Pertanto, la prima
riforma per far funzionare l'Onu dovrebbe essere l'eliminazione del diritto di
veto, ormai, anacronistico e ingiustificato. Bisogna anche uscire dall'equivoco
che alimenta la convinzione secondo la quale in seno agli organismi internazionali
le posizioni dei Paesi occidentali sono sempre strumentali alla
democrazia, mentre le grandi potenze orientali, cioè Cina e Russia, sono sempre
paladine della repressione e dei regimi totalitari. In proposito, si devono
però considerare le recenti varianti della geografia del dualismo
occidente-oriente, alla luce di nuovi equilibri che non raramente hanno solo
valenza regionale e non più globale, con la conseguenza paradossale che in
alcuni casi Paesi che sono alleati in un area, sono avversari in un'altra: ad
esempio, gli Usa nello Yemen sono indirettamente contrapposti all'Iran, che di
fatto è invece un suo alleato nella guerra contro l'Isis in Iraq e con il quale
sta nascendo un possibile idillio politico ed economico a seguito del noto accordo
sul nucleare. Inoltre, i 'blocchi' caratterizzati da aggregazioni
politico-militari bipolari si sono frantumati e la politica internazionale è
sempre più caratterizzata da intese bilaterali. La realtà è che tutti gli
attori dello scenario internazionale sono mossi da mire individuali ed
egoistiche più o meno nobili che hanno il fine di espandere la propria egemonia
o la propria influenza geopolitica, geoeconomica e geo finanziaria. Con
riferimento alla specifica situazione siriana, Cina e Russia hanno opposto il
proprio veto congiunto all’inasprimento delle sanzioni contro di regime di
Bashar al-Assad. La scelta è stata fortemente criticata dalle autorità
statunitensi che con durezza hanno accusato Cina e Russia di ignorare le
richieste di democrazia per sostenere dittatori crudeli. Il veto
russo-cinese riflette la volontà dei due Paesi di contrastare l'influenza degli
Usa e dell'occidente in un’area in cui essi hanno importanti interessi che
sarebbero compromessi da una brusca uscita di scena del dittatore siriano. La
risoluzione oggetto di veto tra le varie disposizioni conteneva infatti il
divieto di vendere armi e di fornire assistenza tecnica e finanziaria al regime
siriano, e quindi avrebbe di fatto compromesso la cooperazione in materia in
atto fra Russi e Cinesi da una parte e Siria dall'altra. Inoltre, la Siria,
essendo appoggiata da tutto il mondo islamico sciita, ha un'importanza centrale
negli equilibri mediorientali. Da parte americana invece il veto è uno
strumento per alimentare la propaganda antirussa e anticinese. Mentre le grandi
potenze decidono le strategie da seguire in Siria modulandole sui propri
interessi, la Siria continua a pagare il suo pesante tributo di sangue civile. Roberto
Rapaccini
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
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