RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 6 giugno 2023

LA SIRIA PRIMA DEL CONFLITTO (8-10-2015)

 


“La democrazia è un prodotto della cultura occidentale e non può essere applicata per il Medio Oriente, che ha un diverso background culturale, religioso, sociologico e storico”. Questa frase, pronunciata dal leader politico turco Erdogan, pur non sancendo, come lo stesso Primo Ministro turco precisò successivamente, un’inconciliabilità fra la cultura islamica e le forme di governo democratiche; tuttavia, sottolinea che le peculiarità delle realtà geopolitiche del vicino oriente non possono essere comprese attraverso un’applicazione  indiscriminata dei parametri occidentali. L'instabilità che caratterizza la regione mediorientale ha una prima causa nella ripartizione di quei territori: la delimitazione dei confini degli Stati di quell'area fu un’invenzione della politica piuttosto che il risultato di un accorpamento di zone affini per motivi etnici, politici e amministrativi. In linea di massima, non vi fu coincidenza fra la configurazione amministrativa dell’impero ottomano, e i confini degli Stati mediorientali definiti dagli accordi internazionali.  La Siria in particolare fu il risultato di un compromesso politico fra due potenze coloniali, la Francia e il Regno Unito, che procedettero ad una globale distribuzione delle aree del levante arabo che fino a quel momento - il 1914 - erano state formalmente componenti dell’impero ottomano. Oggetto di un mandato francese fino al 1945, la Siria raggiunse l’indipendenza nel 1946, nascendo con una configurazione territoriale ridotta rispetto alla dimensione politica e amministrativa che aveva come regione dell’impero ottomano.  Alcune zone della Siria ottomana oggi sono parte dei territori della Giordania e del Libano, mentre ad oriente furono attribuite al nuovo Stato siriano zone precedentemente sotto l’influenza irachena. Nel '46 in Siria si instaurò un regime dittatoriale. Il Paese attraversò per alcuni decenni momenti di instabilità politica; poi nel '70 si impadronì del potere Hafiz Al Assad, esponente del partito Bath. La dittatura di Hafiz Al Assad, pur non essendo stata particolarmente diversa da quella del suo successore il figlio Bashar, tuttavia godette di un apprezzabile  consenso. Vi fu una stretta continuità fra i regimi dei due Assad: entrambi fondati su un rigido controllo della popolazione, sulla repressione di qualsiasi accenno di moti contrari e su criteri personalistici nella gestione del potere. La dinastia degli Assad, essendo di estrazione sciita - alawita, è espressione di una minoranza poiché la popolazione siriana è in prevalenza sunnita. Gli Alawiti vivono in tutte le grandi città della Siria e sono 2 milioni circa, ovvero il 20% della popolazione. Dopo le prime manifestazioni che reclamavano condizioni di vita più eque, nel 2011 il regime di Bashar Al Assad intraprese apertamente la via della repressione, con una conseguente drastica riduzione del consenso popolare soprattutto nelle regioni lontane dalla capitale, distanti non solo geograficamente ma anche politicamente, e divenute particolarmente ostili al regime essendo penalizzate da una gestione del potere che privilegiava altre aree del Paese. Nelle attività di repressione anche la tecnologia e l'istruzione hanno  svolto  un ruolo importante: dopo essere stati promossi l’apprendimento e l’uso di Internet e dell’inglese, si è intrapreso un controllo capillare dell’informazione e della Rete. La Siria ha una grande importanza strategica per l’Iran. L’Iran, com'è noto, pur essendo la maggiore potenza islamica, soffre una condizione di isolamento dovuta all’assoluta prevalenza nel suo territorio del credo sciita (in Iran gli Sciiti sono il 95% della popolazione, mentre il rimanente 5% è sunnita; diversamente nel cosmo islamico i Sunniti sono il 90% circa, mentre i seguaci dello Sciismo sono il 10% circa). Così, mentre gli altri Stati arabi mediorientali, che sono di confessione sunnita, hanno come polo di riferimento politico e religioso l’Arabia Saudita, potenza egemone dell’area, la Siria, il cui sovrano Bashar al Assad - come si è detto - è sciita di confessione alawita, ha per l’Iran una particolare importanza, in quanto è l’unico modo per il Paese persiano di essere presente e attivo  nello scenario mediorientale. L’Iran sostiene Assad, ma, nella malaugurata ipotesi della sua caduta o ritiro, è pronto ad un’eventuale transizione che gli sia favorevole e che gli consenta di proteggere i propri interessi nell’area, anche contando su una rete di milizie fedeli di stanza in Siria. Con la crisi siriana è cresciuta l’importanza strategica del gruppo Hezbollah, un movimento fondamentalista islamico libanese di fede sciita, alleato dell’Iran, che ha sede nel Libano. Gli Hezbollah - il termine significa in arabo Partito di Dio - sono strutturati come un partito politico, ma sono dotati di un’ala militare; nacquero nel 1982 come milizia armata per contrastare l’invasione israeliana del Libano. Il partito Hezbollah svolge una funzione filantropica finanziando servizi sociali, come scuole e ospedali; esercita una particolare influenza politica e amministrativa soprattutto nella parte meridionale del Libano. Gli Hezbollah sono considerati da Stati Uniti, Egitto, Israele, Australia e Canada un’organizzazione terroristica. Nella crisi siriana la milizia sciita Hezbollah, che combatte al fianco del regime di Assad, è finanziata dall’Iran. Il Libano, essendo nato dall’unione di zone eterogenee, è sempre stato politicamente e militarmente debole, e ha spesso costituito lo scenario nel quale si sono consumate fasi di scontri fra altri Stati. Anche il conflitto siriano attualmente sconfina nei territori libanesi. La Siria, in proposito, permeata da uno spirito nazionalista, ha sempre rivendicato di fatto un’egemonia sul Libano, in parte costituito da zone in origine legate amministrativamente alla Siria ottomana. Nel Libano vivono anche circa 100 mila Alawiti. Attualmente il Libano vive un’emergenza sociale dovuta all’afflusso di profughi provenienti dalla vicina Siria. Il modello multiculturale libanese può ambiziosamente indicare che l’evoluzione della società musulmana può conseguire l'obiettivo del superamento della concezione dello Stato confessionale, ovvero è possibile che maturi una nuova coscienza sociale, politica e religiosa, che favorisca la definizione di una via araba alla democrazia, mediante la costituzione di “una società del vivere insieme”, come l'ha definita il noto intellettuale e politico libanese cristiano-maronita Samir Frangieh. Roberto Rapaccini