Il
precedente breve commento sul concetto di laicità nei Paesi mediorientali
richiama come corollario i rapporti fra la Sharia e la legge civile, nonché
la generale prevalenza della prima sulla seconda. La Sharia è il
complesso delle norme religiose, giuridiche e sociali che sono fondate sulla
dottrina coranica, perciò, secondo i fedeli musulmani, direttamente ispirate da
Dio. Più in particolare le fonti della Sharia sono il Corano (in piccola parte
in quanto solo un decimo dei 6237 versetti disciplina relazioni fra individui),
la Sunna, che contiene la tradizione sacra, ovvero la giurisprudenza religiosa,
e le opinioni espresse da Maometto (i cosiddetti Hadith). Inoltre, sono
considerate fonti della Sharia anche l’opinione concorde della comunità, che si
esprime principalmente nella dottrina dei giuristi teologi, che si ritiene sia
il precipitato del comune sentire. In ultimo, per colmare una lacuna giuridica
vi è l’interpretazione analogica, ovvero l’estensione di una norma a una
fattispecie non disciplinata ma simile. Nel diritto penale il concetto di reato
coincide con quello di peccato. I reati più gravi sono quelli contro Allah e la
religione islamica (ad esempio, la bestemmia e l’apostasia, che vengono
generalmente perseguite d’ufficio); le sanzioni per i crimini sono previste dal
Corano e dalla Sunna e vanno dalla pena di morte e la flagellazione a forme
meno gravi rimesse alla discrezionalità del giudice. Per la mancanza nel mondo
sunnita di una autorità religiosa unanimemente riconosciuta, la definizione delle
fattispecie giuridiche e il loro trattamento sanzionatorio possono variare da
luogo a luogo. La Sharia trovava applicazione pressoché uniforme nell’Impero
Ottomano; tuttavia, dal XIX secolo in maniera più o meno generalizzata è
iniziato negli Stati musulmani un processo di modernizzazione che ha portato a
ridurre l’applicazione delle istituzioni giuridiche e del corpus legislativo
della Sharia a favore dell’adozione di normative influenzate dalla tradizione
europea. Un impulso particolarmente forte alla modernizzazione si ebbe dal 1923
con la caduta dell’Impero Ottomano e la costituzione degli Stati nazionali.
Questo processo fu particolarmente forte in Turchia che adottò una costituzione
repubblicana laica, mentre la modernizzazione in maniera più timida riguardò
altri Stati musulmani. Tuttavia, si ebbero due rilevanti eccezioni: la prima è
relativa al diritto familiare che così come concepito dalla fede islamica
continuò la sua applicazione (tranne che in Turchia); la seconda è costituita
da alcuni Stati che ribadirono in maniera categorica il loro attaccamento
all’ortodossia islamica (ad esempio, l'Arabia Saudita, l’Oman e altri Stati del
Golfo Persico). In alcuni Paesi, in particolare in Iran e in Sudan, intorno
agli anni ’70 e ’80 si sono avute rivoluzioni islamiche che hanno ripristinato
la vigenza della Sharia. L’applicazione della Sharia è assicurata anche
dall’abituale ricorso, per l’integrazione delle lacune giuridiche, al diritto
consuetudinario, che si ispira generalmente al Corano. Per poter avere un
quadro completo della concreta rilevanza della normativa islamica nei Paesi
musulmani non è sufficiente considerare la promulgazione di principi laici, ma
il modo in cui le normative vengono applicate: ad esempio, anche laddove si
proclama la libertà religiosa; tuttavia, la concreta professione di atti di
fede diversi dall’Islam o la conversione di un musulmano ad altra confessione
vengono di fatto sanzionati in quanto equiparati ad atti contrari all’ordine
pubblico. Un altro strumento attraverso il quale si è assicurata la vigenza dei
principi della tradizione islamica è stato quello di affermare la necessaria
non contraddittorietà tra le nuove leggi e i principi fondamentali dell’Islam,
non suscettibili di essere modificati dalla normativa positiva; così ad
esempio, in alcuni Stati, come l’Egitto, la giurisprudenza non ha ammesso
l’applicazione dei principi di uguaglianza giuridica della donna rispetto
all’uomo proprio in virtù di questa contraddittorietà. L'applicazione
della Sharia contribuisce in generale al potere di mobilitazione
dell'Islam, ma, quando una religione si compromette troppo con le vicende umane
e i particolarismi, perde il suo valore di messaggio universale. Roberto
Rapaccini