RASSEGNA STAMPA S.

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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 6 giugno 2023

LA MANIFESTAZIONE NOT IN MY NAME (22-11-2015)


La manifestazione di ieri Not in my name ripropone il tema dei rapporti fra l’Islam e lo Jihadismo, soprattutto se quest’ultimo, ovvero una ridotta frangia che pratica il ricorso alla violenza come strumento di affermazione di una malintesa fede religiosa, possa essere considerato una fisiologica espressione dell’Islam. I  gruppi di matrice integralista - a maggior ragione se violenti - di norma non sono il correlato della corrispondente religione, soprattutto qualora questa abbia un’ampia e complessa articolazione. Per quanto l’esempio sia improprio e non corretto poiché si riferisce ad un fenomeno sostanzialmente diverso, considerare lo Jihadismo coincidente con l’Islam sarebbe come ritenere un limitato gruppo tradizionalista, come i lefebvriani, il precipitato del cattolicesimo ufficiale. La questione è un’altra, ovvero quella di riuscire a conoscere la reale  valutazione del Fondamentalismo da parte delle comunità dei musulmani. Infatti, ad essi viene rimproverato un atteggiamento di non chiara e adeguata dissociazione dal terrorismo, in particolare dai progetti sanguinari del neocaliffato islamico. La partecipazione non particolarmente consistente in relazione all’entità della comunità musulmana in Italia, di musulmani ‘moderati’ alle manifestazioni di sabato può indurre in alcuni il sospetto dell’esistenza di una riserva mentale di parte degli islamici, cioè di una divergenza fra le dichiarazioni e i reali convincimenti. Questa congettura purtroppo potrebbe trovare conferma nell’ignobile comportamento di quei tifosi turchi che in occasione dell’incontro di calcio Turchia - Grecia hanno fischiato sonoramente durante il minuto di silenzio in ricordo delle vittime degli attentati di Parigi intonando anche il coro ‘Allahu Akbar’ (Allah è grande). Non si è trattato di una voce isolata o dei soliti ‘quattro teppisti stupidi’, ma di una parte consistente dello stadio. Una vergogna, senza nessuna giustificazione, che crea dubbi sulla reale entità dei musulmani ‘moderati’. Tuttavia, la manifestazione ‘not in my name’ resta un segnale positivo in quanto ha lanciato un appello ad una svolta nei rapporti fra Islam e società civile italiana, di cui i musulmani affermano di sentirsi parte integrante. Sono altresì molto timidi i segnali di solidarietà nei confronti delle discriminazioni e del martirio che i cristiani subiscono in alcune aree del mondo non di rado sotto l’influenza di regimi islamici. Il confronto fra Islam e Occidente risale alla nascita di questa religione. L’Islam, come detto più volte, prescrive il jihad, che fra le varie interpretazioni ha quella di una mobilitazione collettiva per la sottomissione, con ogni mezzo, degli infedeli. Questo principio religioso supportato da una collaudata combattività spinse i popoli arabi fin dal VII secolo a intraprendere iniziative di conquista territoriale sia verso oriente, sia verso occidente. Queste incursioni furono irrefrenabili: gli arabi nei secoli successivi crearono un immenso dominio dirigendosi in Asia, in Africa e in Europa. Conquistarono la Siria, l’Egitto e smembrarono l’Impero persiano; si spinsero in India, in Africa del Nord, e occuparono la Spagna. Con le conquiste militari si è nello stesso tempo diffusa la fede musulmana. Questo impero, a seguito della disfatta del califfato ottomano  subita nella Prima Guerra Mondiale, fu definitivamente sciolto nel 1922. Le Crociate furono un momento di grande crisi nei rapporti fra mondo occidentale cristiano e mondo musulmano. Le vicende storiche hanno reso palese che Islam e Occidente sono mondi completamente diversi. L’Occidente, venendo a contatto con la società musulmana, ha avuto il limite di stimare la nuova civiltà con i propri parametri di valutazione. Si è così consolidata l’immagine di un Islam dispotico e violento, nonostante la convivenza pacifica in molte zone d’Europa – come in Spagna – con le altre due religioni monoteiste, ovvero l’Ebraismo e il Cristianesimo; si è radicata anche la congettura che l’Islam sia rozzo, nonostante l’apporto arabo alla cultura e all’arte. Tuttavia, come ha precisato la scrittrice somala Ayaan Hirsi Ali, criticare l’Islam non significa rifiutare i fedeli, ma soltanto quei precetti islamici che, ove tradotti in comportamenti, hanno conseguenze disumane. In altri termini la libertà di culto non può costituire un’area franca, che assicura l’impunità, ma presuppone, per il suo legittimo esercizio, il rispetto delle norme dell’ordinamento giuridico. Come dire che piuttosto che di Islam ‘tollerante’, sia più pragmatico parlare di Islam ‘tollerato’, intendendo con questa poco felice espressione l’Islam che legittimamente si esprime entro i limiti positivi della legge. Roberto Rapaccini