Il
Fondamentalismo è un atteggiamento conservatore e di reazione nei confronti di
qualsiasi forma di modernità al fine di proteggere con ogni mezzo l’ortodossia.
Nel linguaggio comune i termini Fondamentalismo, Integralismo e Radicalismo
possono essere considerati sinonimi quando esprimono un atteggiamento acritico
e dogmatico nei confronti di testi o teorie non necessariamente religiose.
Comunemente la parola ‘fondamentalismo’, usata per definire un attivismo
politico di tipo religioso, viene associata all’Islam. Tuttavia, il
Fondamentalismo ha avuto la sua origine alla fine del XIX secolo in ambito
protestante, per designare all’interno della Chiesa Battista una corrente che
si opponeva al razionalismo e al modernismo, e affermava l’opportunità di
un’interpretazione letterale dei fondamenti della fede cristiana. Il termine è
stato poi esteso a tutti i punti di vista che, insistendo sull’interpretazione
letterale di testi sacri quali la Bibbia o il Corano, avevano carattere
antimodernista all’interno delle rispettive religioni. Il filosofo
Juergensmeyer ha evidenziato la genericità del termine ‘Fondamentalismo’,
troppo vago e scarsamente connotato dal punto di vista politico, ritenendo più
significativo l’uso della locuzione ‘nazionalismo religioso’. Il ‘nazionalismo
religioso’ è infatti la sintesi fra il nazionalismo, inteso come l’insieme dei
valori del patrimonio culturale e spirituale espressione di una collettività
omogenea, e un particolare credo religioso. È questa relazione che può in
concreto determinare la politicizzazione della religione e l’influenza della
religione sulla politica nazionale. Nella Chiesa Cattolica nel secolo scorso è
stata espressione di un’istanza fondamentalista la condotta dell’arcivescovo
Marcel Lefebvre, che era profondamente ostile allo spirito innovatore del
Concilio Vaticano II. Il Fondamentalismo, quindi, non è una caratteristica
esclusiva degli ambienti islamici. Sicuramente in ambiente islamico il
Fondamentalismo può essere incoraggiato dal tipo di formazione che si riceve
nelle madrase, che induce o rafforza sentimenti dai
connotati fortemente anti-occidentali, che tuttavia non possono essere
considerati il presupposto necessario e sufficiente delle iniziative
terroristiche. Il terrorismo è un fenomeno degenerativo della
contrapposizione fra Islam e mondo occidentale; si manifesta a livello
internazionale avvalendosi anche di ambigui equilibri geopolitici e di
discutibili motivazioni culturali; ha una particolare genesi, che è complessa e
articolata. Il terrorismo presuppone la disponibilità di ingenti capitali per
la formazione e l’addestramento dei militanti e per l’attuazione dei progetti
criminosi; è necessario il contributo di personalità aventi particolari
capacità organizzative e carismatiche, nonché la connivenza di alcuni Stati che
forniscano rifugio e supporto organizzativo (i così detti ‘Stati canaglia’). È inquietante,
tuttavia, che dagli ambienti fondamentalisti islamici provenga non raramente
una simpatia per le iniziative terroristiche, che sono percepite come
strumentali alla prevalenza dell’Islam sull’Occidente infedele e miscredente.
In proposito, un efficace contrasto del terrorismo richiede che ne vengano meno
le giustificazioni politiche e ideologiche, e il sostegno popolare. Pertanto,
il Fondamentalismo si distingue dal terrorismo perché si esaurisce nello
sviluppo di una cultura di forte opposizione all’Occidente, purché sia chiara
la sua dissociazione dalle derive violente. In proposito come corollario di
chiusura va anche precisato che la libertà di culto non può mai costituire una
malintesa area franca che assicuri l’impunità, ma presuppone per il suo
legittimo esercizio il rispetto dei principi di giustizia e di democrazia
strutturati nei rispettivi ordinamenti nazionali. Probabilmente si dovrebbe
riflettere anche su questo; negli ultimi 20 anni, negli Stati Uniti sono
stati compiuti attentati contro centri per omosessuali, nei confronti di medici
abortisti e delle loro cliniche, da terroristi che si sono dichiarati o
di fede cattolica, o luterana, o presbiteriana. Tuttavia, a nessuno
(giustamente) è venuto in mente di avviare una riflessione sulla compatibilità
tra fede cristiana e democrazia, o confondere queste iniziative estremistiche e
i metodi violenti per supportarle con le posizioni delle corrispondenti
Chiese. In altri termini è facile cedere alla tentazione di usare la religione
come alibi per giustificare la violenza contro un proprio nemico, ma è assurdo
confondere tutto questo con la religione stessa. Inoltre, come i
terroristi di Parigi urlavano ‘Allahu akbar’, anche gli appartenenti al Ku Klux
Klan, quando commettevano i loro misfatti, dicevano di ispirarsi a specifici
versetti della Bibbia, che menzionavano nei loro documenti farneticanti; ma
nessuno confonderebbe il Ku Klux Klan con il pensiero cristiano. In altri
termini, anche se si va radicando una diversa convinzione, confondere il
terrorismo e il radicalismo con l’ordinaria professione della fede musulmana -
a prescindere dalle dispute sull’interpretazione del Corano - non sembra
ragionevole. Ed è anche un errore strategico perché considerare tutto il mondo
islamico coalizzato e contrapposto all’Occidente alimenta la congettura che sia
in atto uno scontro di civiltà fra Islam e Occidente, del quale la guerra
asimmetrica con il terrorismo è la punta avanzata. Ed il terrorismo è alla
ricerca di una base ideologica sempre più ampia e condivisa; al contrario, come
tante esperienze pregresse dimostrano, la sconfitta del terrorismo presuppone
il suo isolamento. Roberto Rapaccini