RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 6 giugno 2023

BOMBARDARE LO STATO ISLAMICO? (20-11-2015)


In questi giorni è sempre più insistente la voce di chi nei mass media e nei contesti politici manifesta la necessità di una reazione forte nei confronti dell’Isis, che si rende ulteriormente necessaria dopo l’iniziativa criminale jihadista in Mali, che si concreti almeno in azioni operative come bombardamenti nelle zone siriane e irachene occupate dallo Stato Islamico. In proposito, la questione va affrontata cercando di evitare l’influenza della comprensibile emotività del momento. Prescindendo dalle considerazioni etiche relative all’incidenza del lancio di bombe su civili e dalle valutazioni relative all’efficacia di bombardamenti alla cieca  – tali sarebbero se non fossero supportati dalle necessarie informazioni sugli obiettivi da colpire che possono essere fornite solo da una presenza militare on the ground –, devono essere svolte alcune valutazioni strategiche. Innanzitutto va considerato che, se in questi anni l’Italia non ha subito gravi atti terroristici a differenza di altri Paesi (Usa, Francia, Regno Unito, Spagna, etc.,), tutto questo è dovuto probabilmente non solo alla professionalità dell’apparato di sicurezza, ma anche ad una politica estera che, fin dai tempi dei governi Andreotti, ha mantenuto una prudente e talvolta pilatesca equidistanza nella questione israelo –palestinese, e non ha mai intrapreso crociate nei confronti del mondo islamico. Emblematico il famoso episodio di Sigonella. Naturalmente questo non significa che l’Italia per opportunismo politico e interessi egoistici debba sottrarsi ai suoi impegni internazionali, tuttavia ci si deve chiedere se valga la pena esporsi facendo parte di una coalizione che non ha una strategia e una vera leadership, che è guidata da un Paese, gli Usa, che ha responsabilità sulla nascita dello Stato Islamico e sulla carriera di Al Baghdadi e che ha un ruolo ambiguo nella questione, che comprende 5 Stati arabi sunniti (Giordania, Arabia Saudita, Barhein, Emirati Arabi Uniti e Qatar) che, a parte un atteggiamento di facciata, non si sa da che parte stiano (o forse si sa), e che è integrata dalla Turchia che preferisce colpire i curdi o il PKK (che combattono l’Isis) piuttosto che lo Stato Islamico. In realtà, oltre alla Francia, all’Iran e ai curdi, solo la Russia sta svolgendo una coerente e lineare politica di contrasto nei confronti dell’Isis. Il cinico e sinistro Putin può essere il reale alleato dell’Occidente contro l’Isis? Sicuramente Putin non è un benefattore né un filantropo, ha un suo progetto in testa. Ma gli alleati in politica estera non devono essere belli, buoni, migliori degli altri, ma è necessario e sufficiente che condividano l’avversione per uno stesso nemico. Roberto Rapaccini