La
distruzione di Palmira - una poesia nel deserto, la Venezia delle sabbie, la
porta dell'Oriente, com'è stata definita - ha colpito particolarmente
l'opinione pubblica. Sembra che ci sia stato più risentimento per la
decapitazione delle vestigia del passato che per la caduta delle teste dei
molti civili che avevano la sorte di vivere in quelle zone. La morte degli
uomini è un fatto naturale, fisiologico, accettato dalla nostra ipocrisia
morale, mentre la distruzione dei segni della storia ci colpisce perché in essi
il nostro immaginario proietta la convinzione di una presunta immortalità.
L'Isis ha cercato di cancellare i segni di un passato preislamico, reperti che
i nuovi barbari vorrebbero sottrarre alla memoria collettiva con il pretesto di
una presunta iconoclastia. L'iconoclastia non c'entra. L'iconoclastia è una posizione
ideologica che riguarda la rappresentabilità del divino. Piuttosto si tratta di
una dannatio memoriae, una 'condanna della memoria', la pena che nel diritto
romano consisteva nella cancellazione di qualsiasi traccia che potesse
tramandare ai posteri il ricordo di chi veniva considerato un acerrimo nemico
di Roma. La distruzione dei monumenti è anche estranea alla tradizione
islamica. Alle conquiste musulmane di Gerusalemme nel VII sec. e a quella di
Bisanzio nel XV sec. seguirono il rispetto e talvolta l'ammirazione per gli
edifici e i luoghi di culto delle altre religioni del Libro. Per questo è
sbagliato dire che l'Isis appartiene ad un presunto medioevo islamico. L'Isis -
ed è inquietante - vive solo nel presente. Il passato che, sebbene in una luce
critica, è così importante per noi e per la nostra civiltà, è un'identità che
lo Stato Islamico vuole cancellare. Poi la caduta di Palmira ha dei risvolti
strategici molto preoccupanti. Tra l'altro apre la via alla 'tollerante'
Damasco, che è a 200 Km. Ma questo merita un altro approfondimento. È sempre
più importante che la comunità internazionale neghi il carattere
religioso dello Stato Islamico, che trasforma la guerra all'Isis in uno scontro
di civiltà e di religione, e questo è il presupposto che consente il
reclutamento dei miliziani jihadisti. Roberto Rapaccini