RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 6 giugno 2023

LA DARIJA E IL DIBATTITO SULL'UNIFORMITÀ LINGUISTICA E CULTURALE DEL MONDO ARABO (11-8-2015)

 


 Sul sito arabo 'El Watan', dedicato alla stampa algerina, qualche giorno fa è stato pubblicato un articolo di Soufiane Djilali - il politico presidente del Partito riformista Jil Jadid - sul dibattito suscitato in Algeria dalla proposta di introdurre nelle scuole la Darija, ovvero l’arabo dialettale. È noto che l’Islam non è una monade dai tratti definiti in quanto in esso convivono tante confessioni che assumono posizioni spesso divergenti fra di loro. Da un punto di vista culturale, a partire dall'aspetto linguistico, si riscontra la stessa mancanza di omogeneità: questa condizione è sintomatica della difficoltà dei popoli arabi di definire una loro generale uniformità.  Riflettendo sulla paradigmatica situazione dei Paesi del Maghreb, l'uso dell'arabo, la lingua ufficiale, al contrario di quanto si ritiene, non è così radicato nel comune patrimonio da poter essere utilizzato nei rapporti sociali di quotidiana abitualità. L'arabo ha una valenza unificante  ideologica, in quanto è la lingua sacra, ovvero l'unica lingua dell'Islam dal momento che si ritiene che qualsiasi traduzione del Corano in altre lingue esponga all’introduzione di elementi di ambiguità se non di un vero e proprio travisamento: ogni musulmano quindi, anche se non vive o non è nato in una nazione nella quale si parla l’arabo come lingua primaria o di minoranza, avrebbe il dovere di conoscere questo idioma. Accanto all'arabo classico esiste l’arabo moderno standard, che è una sorta di koinè  utilizzata nei consessi ufficiali e internazionali. La lingua araba originaria si è modificata nel corso dei secoli nelle singole regioni interagendo con gli idiomi locali, dando luogo a lingue nazionali a matrice araba. La Darija è dunque la variante araba dialettale parlata nella zona del Maghreb (più precisamente con questo termine si indica comunemente solo il dialetto parlato in Marocco, sebbene sia molto simile a quelli diffusi in Algeria, Tunisia e Libia). Le varianti dialettali della lingua araba sono  talvolta molto diverse tra loro. Nonostante l’esistenza di un arabo ufficiale standard, usato per la comunicazione scritta e in situazioni formali, per la comunicazione informale vengono usati sempre i dialetti, alcuni dei quali sono solo parzialmente comprensibili agli arabi che provengono da regioni diverse. Anche se le persone con un discreto grado di istruzione sono in genere in grado di esprimersi nell’arabo ufficiale, la maggioranza usa e comprende generalmente solo la variante dialettale. Il tamazight, che è invece la lingua berbera, con le sue numerose varianti è usato in situazioni informali orali, ma ha una ridotta diffusione. Il francese è ampiamente conosciuto ma ha un uso elitario, e porta con sé una carica fortemente negativa essendo l'idioma dei colonizzatori.  La Darija, pur essendo la lingua  maggiormente radicata nel patrimonio etnico, è considerata volgare; con l'emancipazione e l'ascesa sociale individuale viene acquisita la padronanza dell’arabo classico e del francese, e l'utilizzo della Darija cede il passo. Questo processo di svalutazione dialettale crea una frattura fra  un’élite, che utilizza espressioni artificiose mutuate dal francese e dall'arabo standard, e il popolo che molto più pragmaticamente ha bisogno di uno strumento pratico per comunicare. Un atteggiamento di rivalutazione delle varianti dialettali dell'arabo non è contrario al Corano, che precisa che "...Tra i Suoi segni, c’è stata la creazione dei cieli e della terra, la diversità delle vostre lingue, dei vostri colori...". In conclusione, si è più volte constatato che non esiste un Islam ma tanti Islam; così un altro luogo comune da sfatare è quello della uniformità identitaria dei popoli arabi fondata sul potere unificante della lingua araba. Roberto Rapaccini