Nella
Regione Mediorientale (intesa in senso lato e quindi comprensiva di Iran, di
Iraq, di Afghanistan, etc.) le situazioni si evolvono con grande velocità e
quindi è necessario fissare alcuni punti per mettere un po' d'ordine e
formulare previsioni sulle prospettive di sviluppo.
-
La Turchia è sotto attacco da parte del marxista Fronte Rivoluzionario di
Liberazione del Popolo e del PKK, il Partito Curdo dei Lavoratori. Il recente
dichiarato impegno contro l'Isis probabilmente è anche un modo per avere più
libertà di azione nel contrastare questi nemici. Il governo turco -
è stato autorevolmente rilevato - si fonda su valori etici,
ma anche sul più cinico pragmatismo. La Turchia vive un momento di difficoltà:
l'espansione dell'economia si è fatalmente arrestata, mentre ormai è palese
l'inaffidabilità e l'ambiguità politica del leader turco Erdogan, che è
strumentale al velleitario progetto di far assumere al Paese una centralità
nell'ambito del mondo sunnita. L’ingresso della Turchia nell’Unione Europea
sembra definitivamente tramontato essendo ormai archiviata la possibilità
dello Stato turco - non più laico, ma sempre membro della Nato - di svolgere
una mediazione strategica fra l'Europa e la Regione islamica mediorientale: in
proposito i pregressi sospetti rapporti di concreta connivenza con i
jihadisti hanno compromesso le relazioni con gli alleati
occidentali.
-
Sembra inarrestabile il processo che porterà nei prossimi decenni alla
costituzione di uno Stato curdo, integrato dalle aree curde del nord della
Siria e da quelle settentrionali dell'Iraq, mentre le regioni curde della
Turchia e dell'Iran rimarranno presumibilmente sotto la sovranità dei
rispettivi due Paesi.
-
La Siria e l'Iraq sono attualmente Stati cuscinetto particolarmente deboli, e
sembrano destinati ad essere smembrati in relazione all'avanzata dell'Isis e
alla costituzione dello Stato Curdo. Se riusciranno a conservare
l'esistenza, la loro portata territoriale sarà fortemente ridimensionata. Se
cadrà il governo di Assad, tornerà ad essere attuale il coinvolgimento nel
futuro della Siria degli interessi dell'Iran e degli Hezbollah. .
-
Nonostante l'attuale consolidamento, lo Stato Islamico, nella condizione
attuale, è destinato a soccombere: gli orrori che si consumano nel
Califfato e gli atti di minaccia e di aggressione nei confronti dell'Occidente
sono sempre più intollerabili. Tuttavia, al suo posto, attraverso un processo
di riconfigurazione interna, si potrebbe costituire un 'Sunnistan', ovvero uno
Stato sunnita senza velleità terroristiche e quindi tollerato dalla comunità
internazionale.
-
L'Iran, che in passato ha supportato finanziariamente il terrorismo sunnita
(Hamas) e quello sciita (Hezbollah,) ha bruscamente rotto i rapporti con Hamas,
a causa dell'avvicinamento del movimento terroristico palestinese all'Arabia
Saudita, grande avversario dell'Iran per l'egemonia regionale. Questo
nuovo scenario potrebbe preludere anche ad un'intesa segreta con Israele per
fronteggiare la comune minaccia saudita, e questo, a lungo termine, potrebbe
influire positivamente sul processo di pace fra israeliani e palestinesi (è
un'ipotesi molto ottimistica, ma possibile).
-
In questo contesto la politica statunitense non si muove su linee coerenti,
condizionata dalla necessità di salvaguardare interessi contingenti e incapace
di una strategia a lungo termine, anche per il contrasto interno fra il
Congresso e le scelte del Presidente. Poi il gioco delle alleanze di fatto crea
situazioni imbarazzanti. Ad esempio, Stati Uniti ed Hezbollah sono rivali ma,
nella loro lotta comune contro lo Stato islamico e il Fronte Al-Nusra nella
Siria occidentale, si trovano a combattere dalla stessa parte.
Questa
complessiva situazione conferma il principio secondo cui la geopolitica è
sempre una questione locale: infatti, le identità e gli interessi locali
determinano situazioni che obbligano le potenze regionali e globali a reagire.
Roberto Rapaccini