RASSEGNA STAMPA S.

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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 6 giugno 2023

LA BANALIZZAZIONE IN RETE DEL PREGIUDIZIO ANTISEMITA (23-10-2015)

 


Il recente film ironico-surreale 'Pecore in erba' - che racconta con lo stile del (falso) documentario la paradossale vicenda di un attivista del diritto alla libera professione del razzismo, di  un antisemita che trova difficoltà ad essere compreso in una società nella quale il razzismo, sebbene in forma latente, è saldamente e insidiosamente radicato - è un esperimento spericolato e stravagante che mi ha fatto riflettere su come l'Antisemitismo cambi forme, si mimetizzi, ma rimane una costante della nostra società. Anche nelle reti sociali l’avversione per gli Ebrei è un fenomeno diffuso che si avvale anche della costituzione di gruppi 'ad hoc' a cui si aderisce per emulazione, per solidarietà amicale, per superficiale suggestione (questi meccanismi operano soprattutto nelle fasce adolescenziali). Prima della nascita di Internet, l’Antisemitismo era un fenomeno circoscritto all’interno di una limitata cultura, se così può essere definita. Con il Web, ma soprattutto con i 'social network', si è assistito purtroppo ad un incremento di iniziative antiebraiche: una diffusa deprecabile propaganda induce  sottilmente nella comunità  virtuale - soprattutto nei giovani che non hanno avuto una conoscenza diretta delle persecuzioni nazifasciste - la convinzione che l’Antisemitismo sia un punto di vista socialmente accettabile come tanti altri; in concreto i social network, oltre ad amplificare il pregiudizio, hanno determinato una banalizzazione dell’aggressione antiebraica. L’ampiezza del fenomeno e la sua espansione comunicano una superficiale e inconsapevole accettazione del pregiudizio razziale: così viene recepito dai cybernauti al pari di una qualsiasi ideologia politica o, peggio, del tifo per un club sportivo. Così, nel contesto virtuale, seppur non condiviso, l’odio antisemita viene 'normalizzato':  è inquietante che  materiale razzista sia proposto in un contesto di apparente normalità come se si trattasse di una normale espressione di pensiero. Anche i videogiochi sono un altro ambito nel quale il pregiudizio può essere alimentato dalle relazioni con la  realtà virtuale. In essi si interagisce con le immagini riprodotte in un monitor. Inizialmente il 'partner' del gioco era soltanto il software e l’hardware del dispositivo elettronico; successivamente i videogiochi si sono evoluti fino a prevedere la possibilità di interagire e quindi di misurarsi con un altro giocatore collegato online e quindi lontano e non fisicamente presente. I videogiochi sono oggetto di un complesso dibattito, per i loro contenuti che in alcuni casi coincidono con simulazioni di attività particolarmente violente, offensive, o, più in generale, diseducative, e per le forme di dipendenza che possono generare. Ne sono fruitori non solo gli appartenenti a fasce giovanili, ma anche adulti alla ricerca di momenti di relax, di evasione, o di un passatempo che possa creare una soluzione della routine quotidiana. Un’indagine effettuata nel 2008 ha rivelato che i videogiochi sono principalmente praticati dagli individui compresi fra i 16 e i 29 anni. Con riferimento al pregiudizio assumono rilievo alcuni videogiochi che alimentano o contribuiscono a creare stereotipi offensivi di una fede religiosa, dei suoi fedeli, o di un'etnia.  Purtroppo, la Rete offre molti casi di questo genere, nei confronti dei quali, anche nelle ipotesi più gravemente lesive, non esistono di fatto forme interdittive giustificabili per i contenuti diffamatori dell'esercizio ludico. Anche in questo contesto il pregiudizio, lo stereotipo, l’odio razziale quando divengono l’oggetto di un’attività ludica vengono banalizzati e attraverso la ripetitività dell’evento sono inconsapevolmente accettati come una realtà normale, mentre scompare qualsiasi giudizio critico, del tutto incompatibile con le dinamiche 'superficiali' del gioco. Roberto Rapaccini