Uno
degli aspetti più emblematici delle differenze fra Islam e cultura occidentale
all'origine di tragiche conseguenze, è la diversa valutazione della blasfemia.
Sono significativi in proposito l'attentato alla sede parigina del giornale
satirico Charlie Hebdo, gli incidenti avvenuti in varie parti del mondo seguiti
alla pubblicazione su Youtube di stralci del film su Maometto Innocent of
Muslims, le tante severe condanne emesse su queste condotte offensive dai
tribunali sciaraitici. I dizionari precisano che la blasfemia coincide con la
bestemmia, ovvero con quelle espressioni ingiuriose e irriverenti nei
confronti di chi o di quello che è considerato sacro da una religione. La
qualificazione di un'esternazione come blasfema ha ovviamente un carattere
relativo alle specifiche confessioni, in quanto quello che è oggetto di
venerazione per una fede religiosa non lo è per un'altra. Tuttavia, la libertà
di espressione non può mai integrare la licenza di irridere con
leggerezza la sensibilità spirituale e religiosa altrui, anche se eventuali
comportamenti irriguardosi non possono giustificare come reazione omicidi
o atti terroristici. Un acuto giornalista ha richiamato l'attenzione su questo passo
contenuto in un testo sacro: "Chi bestemmia il nome del Signore deve
morire: tutta l’assemblea lo deve lapidare. Straniero o cittadino, se bestemmia
il Nome, sia messo a morte". Dalla premessa iniziale si potrebbe pensare
che si tratti di un passo tratto dal Corano. L'inciso coincide invece con il
versetto 16 del capitolo 24 del Levitico, e quindi, trattandosi del
Pentateuco, è contenuto nella Bibbia dei Cristiani e nella Torah degli Ebrei.
Il Corano, invece, come precisano molti intellettuali islamici, non
prescrive sanzioni per chi offende Maometto anche se numerosi drammatici fatti
sembrerebbero contraddire questa affermazione. Partendo da queste premesse,
come è stato possibile giungere all'attuale realtà nella quale la libertà di
espressione dispiega le sue potenzialità solo in Occidente? Probabilmente la
risposta al quesito è nella mancanza nella storia dei popoli arabi di un
movimento analogo all'Illuminismo, che ha stabilito con chiarezza le relazioni
fra religione e politica, condizione essenziale e imprescindibile per lo
sviluppo di principi quali la tolleranza, l’uguaglianza, il rispetto della
libertà di pensiero, la libertà di culto. A conferma di questa asserzione si
ricorda che prima dell'Illuminismo la blasfemia e i movimenti ereticali erano duramente
repressi anche in Occidente. La consapevolezza dell'importanza dell'apporto
della ragione per orientare l’evoluzione della società ha contribuito a rendere
il Cristianesimo una Fede ragionevole. Peraltro, come argomentato
nell'enciclica di Giovanni Paolo II Fides et Ratio, la Fede e la Ragione non
integrano termini antinomici, ma sono...le due ali con le quali lo spirito
umano s'innalza verso la contemplazione della verità. Al contrario l'assenza
negli Stati islamici dell'esperienza storico filosofica illuministica ha
favorito lo sviluppo di società teocratiche nelle quali le libertà di pensiero
e di espressione subiscono evidenti limitazioni. Tuttavia, anche il culto
esclusivo della ragione può alimentare un atteggiamento fondamentalista, che,
nel privilegiare la materialità tangibile, preclude alla spiritualità di
forzare i limiti dell'oggettività e di trascendere la realtà sensibile. Albert
Einstein amava ripetere che chi non ammette l'insondabile mistero non può
essere un uomo di scienza. Roberto Rapaccini