Quando
si parla di Islam, la discussione si focalizza sui rapporti fra religione e
terrorismo. Il terrorismo può essere definito di matrice religiosa quando è
animato da motivazioni che trascendono la realtà materiale, mentre gli
obiettivi delle singole azioni sono mezzi per la progressiva affermazione di un
progetto che si ispira a un ordine soprannaturale. Preliminarmente dovrebbe
essere chiarito cosa si intende per terrorismo. Da un punto di vista
linguistico, l’Enciclopedia Treccani precisa che esso consiste nell’uso di
violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una
collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine, mediante
azioni quali attentati, rapimenti, dirottamenti di aerei e simili. In
proposito, in ambito internazionale non è stata elaborata una nozione
universalmente condivisa. Il dissenso si è manifestato essenzialmente nella
qualificazione di situazioni di conflitto armato (in particolare, in materia di
guerre di liberazione) e di azioni di dubbia liceità poste in essere da
eserciti regolari (il cosiddetto ‘terrorismo di Stato’). La questione della
definizione di atto terroristico ha rilevanza pratica in quanto alcune misure
preventive e repressive previste dalle Convenzioni internazionali non sono
consentite nei confronti di illeciti comuni, ma sono legittime quando siano
adottate in risposta o al fine di prevenire atti di terrorismo. Inoltre, la
relatività soggettiva con la quale viene valutato il movente ideologico - reale
o semplicemente proclamato - dell’atto terroristico ha, come conseguenza, che
chi per alcuni è definito terrorista, per altri è un combattente politico,
mentre quelle che per alcuni sono azioni terroristiche, per altri sono atti di
resistenza nei confronti di potenze occupanti o atti di popoli che lottano
legittimamente per la propria autodeterminazione. Un aforisma inglese così
esprime questo concetto: “One man’s terrorist is another man’s freedom
fighter”. Il terrorismo di matrice religiosa ha sempre carattere radicale,
poiché è mosso dalla fede in un ordine soprannaturale che si ritiene di dover
affermare a ogni costo e non ammette alternative alla prevalenza dell’assetto
sociopolitico che costituisce un corollario del credo religioso. L’adesione a
una fede religiosa, anche quando rimane confinata nella sfera individuale, ha
rilevanza esterna, in quanto il credo religioso impone al fedele il
proselitismo. In proposito, la fede religiosa può essere vissuta in due modi: o
come rapporto individuale tra l’uomo e il trascendente, o come dimensione
afferente la collettività. In questo secondo caso la fede produce gli effetti
di un’ideologia in quanto diviene tensione per l’affermazione di un assetto
sociale ispirato da un’etica confessionale. In questo caso la fede richiede un
impegno collettivo rivolto a cambiare le strutture della società: il correlato
delle iniziative di proselitismo (che generalmente hanno carattere individuale
in quanto si articolano all’interno di una relazione personale) è la militanza,
cioè la partecipazione a gruppi nei quali i fedeli si strutturano per
promuovere con ogni mezzo, compreso il ricorso alla violenza, l’instaurazione
di un ordine sociale nel quale le leggi civili siano sostituite da un
ordinamento giuridico plasmato sulla legge divina. Il terrorismo di matrice
islamica è una degenerazione di questo atteggiamento: l’uso della violenza e
della minaccia sono infatti una scorciatoia per l’instaurazione di una società
ispirata ai precetti del Corano. Il carattere ideologico dell’Islam ha come
corollario un atteggiamento militante dei fedeli che è il correlato delle
iniziative di proselitismo individuale che caratterizzano molte altre
religioni. In realtà in molte religioni è presente l’aspirazione più o meno
manifesta a sostituire ai principi laici della società civile una visione etica
confessionale. Pertanto, una conquista delle democrazie moderne è stata la
laicità dello Stato: le iniziative di proselitismo ovvero l’avvicinamento o la
conversione di un soggetto a una fede religiosa si devono realizzare solo
attraverso relazioni individuali. Il fondamentalismo islamico e l’islamismo
radicale sottolineano un modo di vivere la religione in maniera politicamente
invasiva nei confronti della comunità civile: in altri termini l’adesione
all’Islam in concreto travalica la dimensione individuale per assumere la
valenza di un’ideologia che impone la trasformazione della società. Così per
molti essere musulmani non è solo una scelta di fede, ma è un'opzione di vita
totalizzante. Il Fondamentalismo, attraverso l’enfatizzazione dei valori
religiosi, è anche un elemento di forte coesione sociale che rafforza la comune
identità e consente di sopravvivere all’imposizione di altri modelli culturali.
Nella visione fondamentalista l’invasività sulla società del credo islamico si
spinge fino a prescrivere la sostituzione delle leggi dello Stato con i
precetti del Corano. In questo caso l’osservanza dei principi religiosi si
impone a tutti i cittadini: chi non si adegua è escluso dalla comunità sociale
in quanto solo il fedele musulmano è soggetto giuridico a pieno titolo. Nello
Stato forgiato da questi principi l’evoluzione sociale e normativa si può
sviluppare solo nell’ambito della via tracciata dall’Islam. Non può esserci la
formazione di un libero pensiero, che è il presupposto di un dialogo articolato
e costruttivo; la cultura e la politica subiscono una cristallizzazione che può
generare solo arretratezza. Pertanto, nella realtà storica attuale l’islamismo
spesso non è sentito solo come una religione, ma si manifesta come un’ideologia
che non tollera l’esistenza di situazioni e assetti sociopolitici diversi da
quanto prescritto o scaturisce dai testi sacri. Questi principi male intesi
costituiscono il presupposto del Fondamentalismo e delle derive terroristiche
di matrice islamica. Roberto Rapaccini