Nel
2012 ho scritto un libro, Paura dell'Islam, che partiva da questo presupposto.
Si andava profilando in Occidente, dopo i tragici fatti dell'11 settembre 2001,
un confronto con l'Islam sempre meno pacifico. Il sottotitolo del libro così
specificava i contenuti del saggio: "Il travisamento della cultura
islamica nella genesi del terrorismo". Con questa precisazione volevo
richiamare l'attenzione sul fatto che il ricorso alla violenza come strumento
di affermazione di una malintesa fede religiosa è il prodotto di una deriva
fondamentalista integrata solo da una ridotta frangia di musulmani. Dall'11
settembre 2001 infatti si era diffuso un senso di paura nei confronti del mondo
islamico, che spingeva a vedere in ogni musulmano un potenziale terrorista. L’islam
è un ordinamento allo stesso tempo religioso, politico e giuridico, e risulta
difficile per un occidentale distinguere la norma religiosa da quella
giuridica. Inoltre, la ripartizione dell’Islam in un sistema nello stesso tempo
religioso, politico e giuridico è un'applicazione delle nostre tentazioni
sistematiche: per l'Islam la realtà è unitaria dal momento che la sfera
religiosa e quella politica coincidono essendo disciplinate entrambe da una
stessa legge, la Sharia. Tuttavia, nel suo interno l’Islam è un mondo
estremamente composito e disomogeneo. Nel mondo arabo circola un detto che
precisa che gli Arabi sono d’accordo solo nel non essere d’accordo. Il comune
riferimento all’Islam avrebbe potuto costituire la premessa per un profondo
senso di solidarietà e di coesione fra i Paesi musulmani. Al contrario i
nazionalismi che hanno animato le vicende storiche, soprattutto nel XX secolo
hanno originato profonde divisioni. L’assenza di un magistero centrale e unico,
le diversità fra scuole giuridiche e teologiche all’interno dell’ortodossia,
gli scismi, l'influenza dei particolarismi, gli adattamenti alle varie realtà
regionali, hanno contribuito a produrre tanti Islam, che sono tuttavia
declinazioni di un unico principio ispiratore. In sintesi, l'Islam è unito
nella diversità: il fondamentalismo che degenera anche in atti violenti ne è
un'articolazione marginale e minoritaria. Dire che i fenomeni degenerativi
coincidano con l'Islam è come affermare che la pedofilia o altri episodici
sporadici e patologici siano una caratteristica generale della Chiesa
Cattolica: questa efficace ed acuta esemplificazione è stata pronunciata da una
fedele musulmana nel corso di un'intervista televisiva. Alla base di tante
incomprensioni ci sono anche i danni di una visione etnocentrica, che spinge
ognuno a giudicare le altre culture e ad interpretarle in base ai criteri
unilaterali mutuati dalla propria cultura. Poi, un difetto di conoscenza porta
alla facile assimilazione fra islamici in generale e cellule fondamentaliste. È
di centrale importanza considerare che le contrapposizioni fondate su fedi e
idee diverse hanno carattere astratto in quanto si dimentica che dietro le
ideologie, depurate dal fanatismo violento, nell'ordinario ci sono persone con
affetti, timori e incertezze come le nostre, uomini che conducono una vita
diversa nelle apparenze esteriori ma uguale nei contenuti esistenziali. Così
l'obiettivo dei miei 'commenti' sul mondo arabo è essenzialmente divulgativo:
entro i miei limiti vorrei fornire elementi che siano propedeutici a che ognuno
possa maturare posizioni libere da preconcetti. In altri termini non intendo
favorire un giudizio positivo o negativo sul mondo musulmano, ma, trasferendo
sugli altri quello che in questi anni ho appreso, vorrei semplicemente integrare
le premesse affinché detto giudizio sia informato, cioè supportato da
un'adeguata formazione. Roberto Rapaccini