RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

lunedì 5 giugno 2023

IL RECLUTAMENTO JIHADISTA IN FRANCIA (13-2-2016)

 


Le considerazioni di cui al commento precedente sull'islamizzazione del radicalismo formulate da Michel Onfray - ovvero che il proselitismo musulmano in occidente trovi un fertile terreno nelle fasce sociali nelle quali è forte il malessere per la crisi economica, sociale e politica - ridimensiona le tesi che pongono alla base della conflittualità in atto fra Islam e Occidente rispettivamente uno 'scontro di civiltà', o gli errori, nel mondo arabo, della politica postcoloniale dei Paesi europei. Queste due tesi, infatti, culturalista la prima, terzomondista la seconda, pur restando interessanti chiavi interpretative, evidenziano un limite: se il conflitto fra l'Islam e Occidente è strutturale (come dovrebbe desumersi dalle due teorie), non si spiega perché l'affiliazione al radicalismo jihadista riguardi solo una parte minima, circoscritta e ben definita dei musulmani che vivono in occidente (mentre questa situazione è comprensibile in base alle intuizioni sull'islamizzazione del radicalismo). La tesi di Michel Onfray sull'islamizzazione del radicalismo trova di fatto una conferma pratica in alcuni studi portati a termine lo scorso anno in Francia, che hanno evidenziato che il reclutamento jihadista riguarda quasi esclusivamente due categorie sociali, cioè i musulmani di seconda generazione e i neoconvertiti all'Islam. Per quanto riguarda i musulmani 'francesi' di seconda generazione, si argomenta che la prima generazione di musulmani immigrati nei Paesi europei ha cercato di integrarsi abbandonando spontaneamente tra l'altro l’abitudine di portare indumenti tradizionali. Nella seconda generazione invece è affiorato il malessere per i problemi endemici della società, e per un esito insufficiente delle politiche di integrazione che non sono state facilitate dalla distribuzione e dall'alta concentrazione della minoranza islamica in quartieri periferici, come le banlieue di Parigi, Lione, Marsiglia, dove spesso gli islamici costituiscono la maggioranza degli abitanti. Dalla terza generazione invece ha prevalso l'integrazione e l'omologazione dei giovani nella cultura occidentale. In sintesi, i musulmani di seconda generazione non vogliono la cultura dei genitori, ma nemmeno la cultura occidentale, nella quale identificano l'origine dei mali e del loro disagio. Nello stesso tempo chi si converte all'Islam di fatto manifesta un'avversione all'occidente. L’Islam, infatti, è una religione 'politica', in quanto la fede produce gli effetti di un’ideologia, poiché è tensione per l’affermazione di un nuovo assetto sociale ispirato a un’etica confessionale. L’adesione alla fede musulmana è vissuta dai convertiti come una militanza, come un impegno collettivo rivolto a cambiare, anche con il ricorso alla violenza, le strutture della società. Conseguentemente chi si converte all'Islam non opta per una religione 'di compromesso', ma sceglie la 'purezza' dell'estremismo dell'opzione salafita, che maggiormente esprime la rottura e l'avversione per 'l'odiato' l'occidente, e integra uno strumento di lotta politica. Sembrerebbe quindi desumersi che il fondamentalismo jihadista sia il prodotto di una rivolta generazionale prodotta dalla mancata integrazione di specifiche categorie di giovani. Si giunge così alla paradossale conclusione che l'Islam, nella radicalizzazione dei musulmani, sia solo un fattore contingente e non essenziale. Un'ulteriore prova che sia più corretto parlare di islamizzazione del radicalismo piuttosto che di radicalizzazione dell'islamismo, come afferma Michel Onfray. Roberto Rapaccini