RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

lunedì 5 giugno 2023

IL MONOPOLIO DELLE IDEE, ISIS, YOUTUBE (19-2-2016)

 

Nella diffusione delle idee e nel dibattito che ne segue la Rete ha ormai un ruolo centrale. Se ne serve con professionalità lo Stato Islamico che richiama alla jihad milioni di persone utilizzando il Web per il proselitismo, per la diffusione delle notizie, per la rivendicazione delle azioni; per questo l'Isis recluta non solo combattenti ma anche ingegneri informatici. Un'abile campagna mediatica accompagna le vicende del Califfato fin dal momento della sua proclamazione. Lo Stato Islamico, infatti, ha curato la pubblicitaria esposizione diretta di sè stesso fin dall'inizio, anticipando l'Occidente nella possibilità di definirlo da un altro e più obiettivo punto di vista.  In generale propaganda e pregiudizio sono termini simmetricamente opposti ma strettamente correlati fra loro. Mentre la conoscenza dovrebbe fornire  un’immagine oggettiva, la propaganda produce una rappresentazione migliorativa; il pregiudizio invece ne elabora una peggiorativa. In realtà etimologicamente il pregiudizio avrebbe un’accezione neutra, sarebbe soltanto un giudizio anticipato e superficiale, cioè non suffragato dal necessario approfondimento; tuttavia, nella pratica il termine viene considerato solo negativamente, ovvero come rappresentazione preconcetta e denigratoria. Gli effetti della propaganda e il loro rapporto con i media tradizionali sono stati approfonditi del linguista Noam Chomsky, che ha evidenziato l’esistenza nel mondo occidentale di un monopolio delle idee di cui dispone il potere economico attraverso l’influsso in grado di esercitare sui mass media. Attualmente la Rete potrebbe essere un’entità antagonista a questa situazione, perché ha la capacità di consentire a ognuno la libera espressione del proprio punto di vista senza filtri e a basso costo. In proposito, se la democraticità della Rete consiste principalmente nella possibilità di sottoporre agli altri il proprio pensiero, con riferimento alla situazione pratica questa opportunità è più teorica che reale. Penso agli articoli che di tanto in tanto scrivo. Se riesco a piazzarli in qualche rivista anche online, i miei scritti sono sottoposti all’attenzione di un pubblico. Diversamente, è vero, posso pubblicarli in Rete, ma così facendo si perdono nell’oceano digitale. Di fatto, quindi, non è cambiato nulla. Se la libertà del Web può essere un baluardo della democrazia, la propaganda in Rete dello Stato Islamico è espressione, tuttavia, di una fisiologica patologia di questa nuova frontiera della comunicazione. Ad esempio, la caratteristica libertaria del video sharing  - che è la principale funzione di Youtube - ha dato a milioni di persone, Isis compreso, la possibilità di esprimersi senza alcun limite e con effetti non sempre socialmente apprezzabili. Sono centinaia i video in alta definizione sia in arabo che in inglese caricati in Rete dall'Isis, che danno l'inquietante sensazione che pratiche medioevali si declinino attraverso un moderno uso della tecnologia. In particolare, destano perplessità le immagini del video Flames of War, diffuso nel 2014, - già il titolo sembra quello di un colossal - che, realizzato in perfetto stile hollywoodiano, rappresenta le gesta di terroristi che inneggiano alle azioni di guerra del Califfato.  Inquietante è il messaggio di chiusura coming soon (in arrivo), come se un conflitto prossimo e la morte potessero essere oggetto di un trailer. È naturale chiedersi come può essere impedita su Youtube la pubblicazione di materiale di dubbia liceità. Innanzitutto, i controlli sono finalizzati, attraverso l'automatico confronto con i contenuti di un database, a verificare che il video non leda il copyright, cioè il diritto d’autore, e non contenga riferimenti ad argomenti non consentiti. Una successiva verifica riguarda il merito della conformità del filmato a quanto prevede il regolamento della community, al quale ogni utente deve aderire. Questa ulteriore verifica - che non riguarda una formale violazione, ma la sostanziale infrazione del codice di comportamento - è affidata principalmente alle segnalazioni degli utenti, in conseguenza delle quali il video può essere bloccato dagli amministratori. Può quindi accadere che un filmato che non leda il copyright, e non contenga o riesca a mascherare indici di presunta illiceità, ma che abbia contenuti profondamente offensivi, possa rimanere indisturbato in Rete finché nessuno lo segnali. La segnalazione, a cui segue la rimozione, apre un contenzioso nel quale chi ha caricato il video può precisare le sue ragioni. Questa considerazione evidenziano che, se la  illimitata libertà su Youtube può essere ritenuta ormai un mito superato, la censura rimessa a segnalazioni e a iniziative individuali può avere caratteri di arbitrarietà, eventualità, e soprattutto di una dannosa tardività. Infatti, la pubblicazione, anche seguita dalla rimozione, è già un danno: nel frattempo tra la pubblicazione e la rimozione, un video può essere visto, scaricato, copiato e può circolare. Roberto Rapaccini