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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

lunedì 5 giugno 2023

CONSIDERAZIONI A MARGINE DI "LETTERA AI TRUFFATORI DELL'ISLAMOFOBIA" DI STEPHANE CHARBONNIER. (17-2-2016)

 

Ho letto recentemente con molto interesse il saggio 'Lettera ai truffatori dell'islamofobia' di Stephane Charbonnier, detto Charb,  l'ex direttore del giornale satirico Charlie Hebdo, trucidato insieme ad una decina di collaboratori nell'attentato terroristico di matrice jihadista  il 7 gennaio 2015. Lo scritto assume il senso di un testamento intellettuale, in quanto è stato chiuso per la stampa il 5 gennaio scorso, ovvero due giorni prima della tragica uccisione dell'autore. Il libro si articola su due direttive che sono strettamente connesse: da una parte viene elaborata una acuta revisione critica del concetto di lotta all'islamofobia, dall'altra viene esposta la filosofia che aveva ispirato fino ad allora le scelte satiriche del giornale.

- L’Islamofobia, nel senso di infondato timore dell’Occidente nei confronti dei musulmani e dell’Islam, è una patologia della nostra società che si è sviluppata di recente; in particolare è cresciuta negli ultimi decenni e si è intensificata dopo l’attentato a New York dell’11 settembre 2001. Paradossalmente - come osserva Charb - la lotta all'islamofobia può generare un razzismo 'di ritorno' causato da una iperprotezione  degli islamici rispetto ad altri individui. La lotta all’islamofobia, infatti, condanna qualsiasi  aggressione solo nei confronti dei musulmani in quanto tali, e dei loro simboli religiosi. Mi spiego meglio con un esempio. La condanna di chi insulta una donna abbigliata secondo l'usanza musulmana non ha come presupposto l'attentato alla libertà di una cittadina straniera di vestirsi  - nei limiti consentiti dalla legge - come meglio ritenga, ma è imposta esclusivamente dalla protezione  degli usi islamici. In altri termini, in questo caso la tutela non ha come condizione necessaria e sufficiente l'essere destinatario/a di diritti di libertà, ma si fonda sulla confessione religiosa praticata dal soggetto che subisce l'offesa. In proposito Charb polemicamente osserva “…tra non molto le vittime del razzismo di origini indiane, asiatiche, rom, africane, antillane, eccetera, faranno meglio a trovarsi una religione se ci tengono ad essere difese...". Charb sembra pertanto concludere che sarebbe più opportuno e più giusto eliminare la categoria della lotta all'islamofobia ed includerla in quella più generale della lotta al razzismo, ovvero nel contrasto a qualsiasi forma di pregiudizio. Al contrario la lotta all'Islamofobia crea una specifica categoria protetta, e quindi nella sostanza è essa stessa paradossalmente fonte di discriminazione. In proposito, la satira irriguardosa di Charlie Hebdo nei confronti della religione musulmana non tenendo conto della specifica  pericolosità della suscettibilità degli islamici sarebbe il corollario di questo punto di vista. 

- Charb precisa che la satira nei confronti degli islamici in realtà vuole colpire solo il fondamentalismo, opponendosi a  quella visione che riconduce tutto l'Islam all'accezione integralista. Al riguardo, la celebre vignetta che raffigurava Maometto con un turbante a forma di bomba, non intendeva insultare tutti i musulmani suggerendo di vedere in essi dei potenziali terroristi, ma era un modo per denunciare la strumentalizzazione della religione da parte dei jihadisti. La polemica che ne è scaturita è stata enfatizzata dal circuito mediatico, da ognuno per propri fini. Charb si chiede in virtù di quale teoria l’umorismo, che colpisce altre religioni, dovrebbe essere incompatibile con l’Islam.

Il linguaggio virulento, sfacciato talvolta insultante  di Charlie Hebdo - da questo punto di vista la satira si distingue dalla critica che, anche quando è negativa, dovrebbe rimanere  lucida e priva di eccessi - sembra far proprio il principio più volte affermato da Dario Fò secondo cui la prima regola della satira è che non ci sono regole. In proposito personalmente non sono d'accordo. Credo che la satira non possa mai essere offesa gratuita, soprattutto quando tratta materie che possono essere oggetto di particolare sensibilità, come la religione. Nella pratica naturalmente non è facile stabilirne i confini. Peraltro, nella nostra società i media digitali consentono una notevole amplificazione di qualsiasi messaggio, e pertanto si deve tener presente nella questione anche l'eventuale allargamento delle possibili vittime   destinatarie di un atto di satira. Roberto Rapaccini