Il
drammatico caso del ricercatore italiano, Giulio Regeni, ucciso al Cairo,
induce alcune riflessioni sulla libertà di intelligence.
-
Innanzitutto, dalle modalità dell'uccisione che sembrano tutt'altro che
accidentali sembra probabile il coinvolgimento di organismi di sicurezza
egiziani. Questo, tuttavia, non equivale a ritenere scontato che l'iniziativa
delittuosa sia stata preventivamente conosciuta, approvata e voluta dagli
organi centrali di settore. Nonostante il generale Al Sisi sia un
uomo di potere particolarmente solido, tuttavia non sembra che il Paese e
l'apparato di governo siano completamente sotto il suo controllo.
Conseguentemente non può escludersi che il fatto sia stata commesso
autonomamente da un'articolazione della struttura senza una preventiva
condivisione politica. Peraltro, la gravità del fatto e delle
modalità, le tracce evidenti lasciate sembrano indicare un'operazione non
pianificata, decisa al momento nelle sue tragiche evoluzioni, ed effettuata con
una rudezza ed un accanimento incompatibile con una minima
professionalità. In altri termini, purtroppo può ritenersi possibile che i
servizi di sicurezza di alcuni Paesi possano giungere all'uccisione di una
persona. Si pensi in proposito al controverso caso dell'ex agente prima del KGB
e poi dell'FSB Aleksandr Litvinenko ucciso dai suoi ex compagni. Tuttavia, come
dimostra questo caso, le modalità esecutive di un'iniziativa così meritevole
della più grande censura, se sono pianificate - è sicuramente molto brutto
usare questo termine per l'uccisione di un uomo da parte di organi
istituzionali, seppur stranieri -, dovrebbero essere tali da ridurre quanto più
possibile la prova dal momento che il fatto oltre ad essere in sé
particolarmente grave, è suscettibile di probabili ripercussioni
internazionali. Peraltro, i rapporti commerciali e politici fra Italia ed
Egitto sono ottimi e molto intensi; inoltre, al momento del rinvenimento del
cadavere era in corso una missione governativa italiana in Egitto e quindi
sicuramente il fatto è avvenuto nel momento sbagliato. Da queste premesse può
legittimamente argomentarsi che, se Giulio Regeni per l'Egitto costituiva un
problema, gli apparati di sicurezza dei due Paesi probabilmente avrebbero
congiuntamente dialogato e non si sarebbe arrivati ad un tale esito così
drammatico. Pur escludendo un coinvolgimento ufficiale dell'Egitto nella
questione non può essere considerato un atteggiamento connivente il tentativo
delle autorità di accreditare l'ipotesi dell'incidente nella morte del ragazzo:
è stato un maldestro tentativo per evitare che venissero evocate responsabilità
istituzionali.
- Un tempo l'intelligence intesa come raccolta ed analisi delle
informazioni su un fatto o un evento era un'attività per pochi iniziati. Oggi,
complice il Web, disponiamo di una mole illimitata di dati, una information
overloading, e la fatica di cercare informazioni è stata surrogata da
quella di selezionare, filtrare, organizzare; per questo oggi rispetto al
passato è possibile fare molta intelligence, anche al di fuori degli ambiti
istituzionali, e, non raramente, anche di buona qualità. Tuttavia, prioritario
all'attività di analisi è la raccolta dei dati; in proposito il contatto
diretto con le fonti di informazioni è un valore aggiunto di particolare
importanza. Il povero Regeni aveva ben chiara questa situazione; trasferendosi
in Egitto, aveva deciso di spostare sul campo le sue ricerche
che pertanto avrebbero fatto salto qualitativo, pericoloso per
qualche ente, forse istituzionale. O forse Regeni stesso era diventato una
preziosa fonte di informazioni da estorcere con ogni mezzo. Per gestire
situazioni così pericolose e ridurre i rischi per quanto possibile, è
necessario essere strutturati, cioè avere un apparato alle spalle che sia al
corrente delle specifiche iniziative e quindi di fatto funga da garante
imponendo con la sua presenza ogni necessaria cautela
nell'eventuale controparte. Al contrario Giulio Regeni era
probabilmente un free lance e questo lo ha esposto a dei
rischi fatali. Ogni onore al coraggio e all'amore per la verità e la giustizia
di Giulio Regeni, nella speranza che i suoi carnefici siano individuati e
subiscano la giusta condanna. Roberto Rapaccini