Gli scontri nell'attuale scenario mediorientale sono spesso motivati da contrapposizioni di carattere religioso (in particolare fra Sciiti e Sunniti). Nella sostanza, tuttavia, questi contrasti hanno come reale obiettivo il conseguimento o la conservazione di un'egemonia politica. A prescindere da questa realtà concreta dietro l'apparenza spirituale, resta una particolare natura teocratica della società islamica, caratterizzata da politiche governative che o coincidono o sono fortemente influenzate da principi religiosi. Questo aspetto può essere imputato sia a peculiarità dell'Islam, segnatamente invasivo della dimensione collettiva e sociale, sia alla mancanza, nella storia di questi popoli, di un movimento analogo all'Illuminismo, che in Occidente ha ridimensionato gli elementi religiosi riducendoli a semplici valori culturali, enfatizzando la necessità dell'uomo di ricercare la verità affrancato da schemi preconcetti e guidato esclusivamente dalla ragione. Va tuttavia ricordato che nella storia dei Paesi arabi ha svolto un ruolo centrale il Partito Socialista Ba'th, fondato in Siria, ispirato anche da elementi illuministici e di estrazione non confessionale. Questa dimensione è sottolineata dalla eterogeneità dell'appartenenza religiosa dei fondatori: Al Arsuzi, alauita (e quindi sciita), Aflaq, cristiano ortodosso e Al Bitar, musulmano sunnita. Tuttavia, il Partito Ba'th è un'eccezione apparente. Infatti, il panarabismo materialista che caratterizzava l'ideologia del movimento era permeato di elementi islamici, mentre in essa l'ateismo era pressoché assente. Corollario dell'impronta confessionale della società musulmana è la mancanza della percezione della necessità di stabilire con chiarezza i confini e le relazioni fra religione e politica, condizione essenziale per lo sviluppo di principi quali la tolleranza, l’uguaglianza, il rispetto della libertà di pensiero e quella di culto. Poiché non esiste alternativa alla Fede musulmana - l'unica ed il coronamento dei precedenti monoteismi del Libro (Ebraismo e Cristianesimo) - è di difficile comprensione il concetto di laicità; il termine ‘laico’, pertanto, viene spesso confuso con il termine 'ateo'. Più precisamente nella lingua araba fino a qualche decennio fa non esisteva la parola 'laicità', che attualmente si dice 'al maniyya'. Questo termine però è generalmente compreso nel suo esatto significato solo dai musulmani che hanno avuto contatti con la cultura occidentale. Mancando la nozione di laicità, è del tutto sconosciuta la distinzione fra secolare e religioso. Non bisogna confondere il rispetto e la valorizzazione delle tradizioni con il rifiuto di laicità. Mentre negli anni ’60 i musulmani immigrati nei Paesi europei cercavano di integrarsi abbandonando spontaneamente l’abitudine di portare indumenti tradizionali, attualmente il ritorno all’uso del niqab, dello chador, del burqa e del qamis (la tunica maschile) non trova fondamento nell’adempimento di un dovere religioso ma è un mezzo per rivendicare l’appartenenza a una cultura diversa e per manifestare il rifiuto dell’omologazione occidentale. Il Corano non prescrive nulla di preciso con riferimento all’abbigliamento: l’uso del burqa, diffuso principalmente in Afghanistan e in alcune regioni del Pakistan, è un obbligo legato solo a tradizioni locali. Roberto Rapaccini
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
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