Il
reclutamento di jihadisti in Europa è in aumento. È una questione complessa che
non può essere sottovalutata riducendo questi casi a situazioni di mancata
integrazione di nuovi immigrati. Infatti, il fenomeno riguarda anche i
neoconvertiti di nazionalità occidentale, nonché i così detti
'homegrown', gli immigrati di seconda generazione, cioè quelli nati e cresciuti
in Occidente. Risultano irrilevanti le classi sociali di appartenenza. In
proposito, alcune ricerche sociologiche hanno evidenziato la falsità del luogo
comune secondo il quale il terrorista sarebbe indigente o proveniente da classi
disagiate: è emerso che alcuni responsabili di azioni criminose di matrice
islamica avevano completato gli studi universitari, altri avevano un lavoro
fisso, in alcuni casi di buon livello. In passato, l'arruolamento di potenziali
terroristi avveniva attraverso l'avvicinamento al radicalismo islamico in seno
all'ambiente familiare o mediante amici. Se il giovane si fosse mostrato
‘sensibile’ sarebbe resa più incisiva la sua formazione al fine di farne un
mujaheddin, cioè un combattente jihadista. L'ambiente privilegiato per queste
iniziative erano le moschee, che non sono solo luoghi di culto, ma anche
contesti nei quali a livello locale si articola una parte significativa della
vita sociale, si svolgono eventi conviviali, e si rinforzano i sentimenti di
solidarietà fra musulmani. La visione integralista, generalmente di tipo
salafita, indotta nel giovane costituisce un terreno fertile perché si formi il
convincimento dell'esistenza di un dovere di andare a combattere in Siria o in
Iraq per sostenere l'Isis, punta esponenziale della jihad globale. A questa
fase segue il contatto diretto con un membro attivo dell'eversione per dare
seguito alle aspirazioni del neo-affiliato, fornendo anche il necessario
supporto materiale. Attualmente questa prassi è divenuta più rischiosa e meno
efficace a seguito delle attività preventive delle forze dell'ordine, e si è
aggiunta la propaganda sul web di predicatori particolarmente carismatici. Più
precisamente il contatto umano con esponenti dell'integralismo probabilmente
continua ad avvenire nelle moschee o in ambienti collegati, ma i siti web e i
social network assicurano efficacemente la promozione del radicalismo. Il
ricorso ad Internet consente di estendere il reclutamento anche a giovanissimi.
I siti sono preparati molto accuratamente, con video ed immagini finalizzati a
suscitare il rifiuto della cultura occidentale, traditrice e infedele, e a
considerare la guerra a sostegno dei fratelli islamici in difficoltà un
obbligo per il vero credente. La capacità dello Stato islamico di attrarre e
motivare giovani disposti a morire deve essere elemento di riflessione e di
autocritica per la realtà occidentale, senza ricorrere alla congettura di moda
nel post-sessantotto secondo la quale ogni disfunzione, ogni disagio era
imputabile 'alla società'. Il reclutamento di jihadisti non è un fenomeno di
massa, è limitato a quei giovani particolarmente disorientati dal relativismo
dominante, incapaci di compiere autonomamente scelte su cui costruire
l'esistenza, nel quadro di un contesto entro il quale l'indifferenza viene
spacciata per tolleranza. L'Isis, con il suo efficace apparato propagandistico
fornisce come alternativa principi saldi che sono il precipitato della sua
discutibile propensione alla certezza. Probabilmente, più o meno
consapevolmente, alcuni giovani avvertono che l'insicurezza generata dalla
crisi di identità possa superarsi attraverso l’inserimento in un gruppo coeso
dalla fede Roberto Rapaccini