Si
è tenuto il 2 giugno a Parigi il vertice sull'Isis, ovvero la riunione degli
Stati (una trentina circa) e delle Organizzazioni Internazionali (segnatamente
ONU, Unione Europea, Lega Araba) che aderiscono alla coalizione che si oppone
allo Stato Islamico. Si tratta di un'alleanza più virtuale che reale, in quanto
in concreto nelle operazioni militari sono coinvolti solo alcuni Stati, che
generalmente limitano le loro iniziative a raid aerei e all'addestramento di
reparti dell'esercito curdo e iracheno. Al vertice non hanno partecipato la
Russia, la Siria e l'Iran. La cronaca riferisce che nella circostanza l'Iraq,
che ha lamentato di subire 400 attacchi terroristici al mese, ha sottolineato
l'importanza di un maggiore supporto internazionale anche al fine di combattere
il così detto euro-jihadismo, ovvero il flusso di combattenti fondamentalisti
reclutati all'estero. In concreto, come previsto, non è stata presa nessuna
determinazione di rilievo. Viene il sospetto che ci sia un non dichiarabile
interesse di alcuni Stati occidentali all'esistenza dell'Isis sebbene in
termini territorialmente e militarmente contenuti (non a caso il vertice è
seguito alle conquiste di Ramadi e Palmira, che, in questa logica, possono
essere considerate uno sconfinamento). Nella complessa regione medio -
orientale, infatti, la presenza dello Stato Islamico sunnita può essere
strumentale a contrastare e a bilanciare l'emergente potenza della Repubblica
sciita dell'Iran, che in virtù delle trattative in atto sul nucleare ed al probabile
ridimensionamento o alla cessazione delle note sanzioni è destinata in futuro a
riacquistare tutto il suo pregresso peso politico. Forse questa è una delle
possibili motivazioni del carattere blando delle iniziative anti - Isis
finora intraprese. Sullo sfondo c'è il ruolo ambiguo dell'ambizioso e dispotico
leader turco Erdogan, che, se avrà un sufficiente consenso nelle prossime
imminenti consultazioni elettorali, aspira a trasformare il Paese in una
Repubblica Presidenziale. In proposito recentemente un giornale turco ha
pubblicato le foto di un veicolo con un presunto carico di armi che, attraverso
la frontiera turca, sarebbe entrato in territorio siriano. La forte reazione di
Erdogan ha portato all'arresto dei giornalisti responsabili della divulgazione
della notizia, accusati di fare spionaggio contro i servizi di sicurezza
turchi. In conclusione, tornando al vertice di Parigi, sembra che la comunità
internazionale non consideri che il compito della politica è di risolvere i
problemi prendendo decisioni piuttosto che limitarsi a discuterne. Roberto
Rapaccini