ISLAM E DEMOCRAZIA - I Parte - Premessa (31-8-2015)
Il tema della compatibilità fra Islam e democrazia - così sensibile e complesso - sarà oggetto di più commenti. Preliminarmente è necessario precisare che il concetto di democrazia sarà considerato da un punto di vista 'occidentale', ovvero come quel sistema politico fondato sulla divisione dei poteri e che garantisce l'esercizio dei diritti di libertà a livello individuale e collettivo, nonché la tutela delle minoranze. L'interesse per i sistemi politici islamici si evidenziò con l'ascesa del terrorismo jihadista culminato nei tragici fatti dell'11 settembre 2001: si ritenne infatti che la deriva fondamentalista e i conseguenti problemi di stabilità e sicurezza potessero essere arginati dal dialogo democratico all'interno dei regimi ad impronta teocratica musulmana. Inoltre, poteva così essere evitato quello 'scontro di civiltà' ipotizzato dal politologo Huntington, che già in un suo saggio del 1996 ('Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale') aveva scritto: "...la fonte di conflitto fondamentale nel nuovo mondo in cui viviamo non sarà sostanzialmente né ideologica né economica. Le grandi divisioni dell'umanità e le fonti principali di conflitto saranno legate alla cultura". La questione e la sua analisi vanno esaminate obiettivamente, cioè - per quanto possibile - in modo scevro da preconcetti e pregiudizi influenzati da una visione 'etnocentrica'. In proposito, quale democrazia si auspica per i Paesi musulmani retti da regimi autoritari? Preliminarmente è infatti necessario chiedersi se sia sufficiente - per definire democratici i Paesi islamici - l'esistenza di libere elezioni che garantiscano una adeguata partecipazione popolare, o invece debba essere assicurata una base politica, giuridica, culturale, sociale che consenta il rispetto dei diritti individuali e collettivi, l'eguaglianza tra i generi, la separazione tra i poteri, il pluralismo, la legalità integrata dalla supremazia del diritto positivo. Per quanto riguarda le libere elezioni questa strada è ormai percorsa da vari Paesi islamici (Tunisia, Egitto, Turchia, ad esempio); il problema è semmai garantire poteri all'opposizione, ovvero evitare la 'tirannia della maggioranza', cioè un autoritarismo 'legalizzato'. È più difficile invece assicurare il rispetto di alcuni diritti e libertà civili, dal momento che la religione 'codifica' forme di disuguaglianza, come quella tra i sessi, e più in generale le aspirazioni laiche delle istituzioni sono condizionate dall'ingerenza dei principi della Sharia. Come detto più volte, manca nell'Islam una versione 'ufficiale' in quanto non c'è un'autorità religiosa gerarchicamente superiore - come nella Chiesa cattolica - legittimata a decidere ciò che è dogma o meno. L'assenza di un'autorità centrale ha permesso la nascita di più ortodossie, alcune delle quali violente e intolleranti. Quindi Islam e democrazia sono compatibili se il primo resta solo fonte di ispirazione etica per l'azione di individui e gruppi nella società e non ci sia sottomissione del potere statuale alla sovranità divina: così le sorti della politica e della religione rimangono distinte. Se, invece, l'Islam coincide con una concezione globale del mondo totalizzante, cui lo Stato deve ispirarsi assumendo un carattere etico e rinunciando alla laicità, la strada per la democrazia è segnata da ostacoli insormontabili. Roberto Rapaccini