Il
mondo arabo nella sua storia ha avuto anche esperienze di governo laiche,
legate soprattutto all'ascesa al potere, in alcuni Stati, del Partito Ba'ath,
un movimento i cui riferimenti ideologici erano il socialismo, il sindacalismo,
la visione laica della società, e soprattutto il panarabismo, che, in
concorrenza con i nazionalismi locali, auspicava il potenziamento dei valori
arabi comuni. Il movimento politico Ba'ath nacque in Siria nel 1953 dalla
fusione tra il Partito della Rinascita Araba e il Partito Socialista
Arabo. Il suo carattere panarabo ne favorì la diffusione dalla Siria agli Stati
vicini, in particolare in Iraq. Nel 1958 uno dei suoi fondatori, Salah Al
Din Bitar, allora ministro degli esteri siriano, promosse la costituzione della
RAU, la Repubblica Araba Unita, una formazione politica nata dall’unione
dell'Egitto con la Siria ed aperta all'allargamento ad altri Stati. La RAU,
nonostante l'ambizioso proposito di unificare la politica araba, fallì subito
il suo primo obiettivo ovvero quello di potenziare reciprocamente i due Stati
aderenti. L'unione si sciolse nel 1961 (anche se l’Egitto mantenne la
denominazione ufficiale di RAU fino al 1971) quando la Siria se ne distaccò a
causa di divergenze con l'altro Stato partner. Attualmente l'unico Paese ancora
governato da un regime baathista è la Siria di Bashar Al
Assad. La resistenza di Bashar Al Assad nella lunga e cruenta guerra civile,
che da più di cinque anni contrappone con alterne vicende il regime di Damasco
- che ha l'appoggio esterno di Russia, Iran e Siria - all' Esercito Siriano
Libero e alle milizie islamiche di Jabat Al Nusra, potrebbe indurre a ritenere
che il baathismo sia ancora un forte elemento di coesione
capace di garantire equilibri politici e religiosi. In realtà la sopravvivenza
del regime baathista siriano si fonda solo su quarant'anni di
potere assoluto, che ha cancellato la coscienza critica collettiva ed eliminato
qualsiasi occasione di dialogo e di crescita politica. A conferma di questa
congettura, quando scoppiò la guerra civile in Siria, mentre le forze sunnite
si coalizzarono rapidamente contro Bashar Al Assad, le altre comunità come
quella dei Drusi e dei Cristiani rimasero incerte tra l'appoggio o
l'opposizione al regime, non per motivi ideologici o religiosi, ma per il
timore che una Siria senza Assad potesse compromettere la loro esistenza e la
loro sicurezza. Il Partito Ba'ath - dopo aver svolto nel periodo post-coloniale
una funzione significativa nella scena politica mediorientale, in particolare
in Siria, in Iraq, in Egitto (durante il regime di Gamal Abd Al Nasser) e
in Libia (durante la dittatura di Muhammar Gheddafi) - attualmente non assume
rilevanza politica. In particolare, a seguito della fine
dell'esperienza della Repubblica Araba Unita e dopo la sconfitta, nel 1967, di
Egitto, Siria e Giordania nella Guerra dei Sei Giorni, tutti i partiti arabi di
ispirazione socialista, come il Ba'ath, conobbero un definitivo calo di
consensi. Per supplire a questa diminuzione di consenso, Hafiz Al Assad,
enfatizzò nel suo governo la componente religiosa (alawita) al fine di
avvicinare la popolazione progressivamente all'Islam, che veniva
percepito come un elemento non compromesso dai fallimenti della politica
interna ed estera del Movimento Ba'th. Come è evidenziato dalla vicenda
siriana, il fallimento dell'esperienza laica del partito Ba'ath, fu una delle
premesse per l'ascesa dell'Islam politico, definito più sinteticamente anche
con il termine 'islamismo'. Questo processo è stato particolarmente evidente
con la Primavera araba: i moti rivoluzionari, sebbene ebbero un carattere
iniziale spiccatamente laico - in quanto i manifestanti non scesero in piazza
in nome dell'Islam, ma inneggiavano ai valori universali della dignità, della
giustizia e della libertà -, approdarono ad esiti fondamentalisti ovvero a
forme di Islam politico, in quanto, nel richiedere i diritti, i popoli arabi
non potevano considerare come riferimento le democrazie laiche occidentali, da
sempre demonizzate e ritenute corrotte e lontane da valori spirituali, ma
potevano essere reputati adeguate alternative solo i regimi fondati su una
piena e integrale applicazione dei valori dell'Islam. Anche l'Afghanistan ebbe
un'esperienza di governo socialista, ma fu solo per giustificare la presenza
militare sovietica, in quanto l'orientamento del regime non ebbe incisività a
livello amministrativo nell'organizzazione politica e sociale, dal momento che
il controllo del territorio rimase nelle mani dei gruppi tribali. Inoltre solo
in Iraq e in Siria - e non in Afghanistan - in epoca coloniale si
costituì un'elite in grado di elaborare una cultura nella quale elementi
del socialismo potessero associarsi a quelli della cultura araba; va aggiunto
che a differenza di quello che avvenne in occidente (ad esempio in URSS, fonte
di ispirazione per il partito Ba'ath), la visione laica socialista diffusa nel
mondo arabo non fu mai particolarmente ostile all'Islam, limitandosi ad auspicare
solo che la spiritualità rimanesse confinata nella sfera privata. Pertanto al
tramonto dell'ideologia laica del partito Ba'ath, è subentrata l'ascesa
del'Islam politico, che tuttavia sta dimostrando tutti i suoi limiti di forza
reazionaria incapace di coniugarsi con la modernità. Potrebbe essere alle porte
un post islamismo, caratterizzato dal ritorno ad una visione politica di
impronta laica mediata dall'Islam, ovvero nella quale verrebbero difesi solo
quei principi dell'Islam che non sono negoziabili (in parziale analogia a
quanto avviene nelle società occidentali laiche nelle quali la maggioranza
della popolazione è di fede cattolica). Roberto Rapaccini