La
ricorrenza della giornata contro la violenza sulle donne (25 novembre)
suggerisce alcune riflessioni sulla condizione della donna nei Paesi musulmani.
Il Corano è sensibile nei confronti del benessere femminile; la sua
applicazione concreta, tuttavia, condizionata dalla tradizione islamica, crea
situazioni di profonda discriminazione. Nel diritto di famiglia, ad esempio,
l’istituto matrimoniale si fonda in linea di massima su principi di reciprocità
e di uguaglianza; nella pratica però la tradizione attribuisce un potere
assoluto al marito. Il Corano consente il divorzio, ma la società musulmana
rende difficile per le donne – sia legalmente che socialmente - il ricorso a
questa facoltà. In teoria entrambi i genitori hanno la stessa influenza
sull'educazione dei figli, ma in molti Paesi musulmani le donne divorziate
perdono automaticamente la custodia dei figli in età preadolescenziale. Alcuni
studiosi affermano che le tradizioni musulmane hanno frainteso lo spirito del
Corano in materia di poligamia, di diritti di eredità, di separazione fisica
dei sessi, di prescrizioni in materia di abbigliamento femminile. Queste
consuetudini sarebbero state originariamente istituite per proteggere le donne
e per garantirne l'autonomia; si sono però poi trasformate in segni di una
condizione legalmente minorata. È necessario che le donne musulmane non solo
rivendichino indipendenza rispetto alla soggezione patriarcale, ma acquisiscano
una dignità piena che consenta loro di determinarsi liberamente respingendo i
modelli occidentali estranei alla loro cultura. Roberto Rapaccini