Si
torna a parlare della compatibilità con le leggi vigenti dell'abbigliamento
delle donne musulmane dopo l'approvazione in Austria di una legge che vieta il
velo islamico integrale. In Francia, dopo essere entrata in vigore nel 2011 una
legge che vietava di coprirsi integralmente il volto in pubblico, un facoltoso
imprenditore franco-algerino ha deciso di provvedere al pagamento delle multe
applicate alle donne che trasgredivano la prescrizione. Ma in seguito il
governo francese, pur di scoraggiare l'uso del velo con le norme sanzionatorie,
ha approvato un emendamento che impedisce di farsi carico di sanzioni altrui.
C'è da dire che la scelta di indossare il niqab (il velo
islamico che occulta completamente il volto) piuttosto che l'hijab (che
copre solo i capelli) ha un carattere prevalentemente culturale e non
religioso. Il Corano infatti invita le donne solo a vestirsi in modo sobrio e
moralmente conveniente. Un dovere che dovrebbe dunque esser declinato dalle
consuetudini locali. Perciò l'adozione di un abbigliamento che occulta
l'identità è il prodotto di un'interpretazione integralista e particolarmente
rigorosa di usi ritenuti di matrice religiosa. L'abbigliamento è anche un mezzo
attraverso il quale le donne musulmane rivendicano l’appartenenza a una cultura
diversa da quella occidentale, manifestando il rifiuto dell’omologazione
occidentale e della sua laicità. L'incompatibilità del velo islamico con le
normative vigenti è giustificato dalle esigenze di pubblica sicurezza: oltre ad
impedire la riconoscibilità della persona, esso potrebbe consentire
l'occultamento di armi, materiale esplodente, oggetti non consentiti. In Italia
manca ancora una legge statale in materia ma l'art. 5 della legge 22/5/1975
vieta l’uso, 'senza giustificato motivo', di caschi protettivi o di qualunque
altro mezzo che impedisca il riconoscimento della persona in pubblico. É
opportuno chiedersi se il rispetto di un principio di carattere religioso o
culturale possa costituire un 'giustificato motivo' per l'adozione di un
abbigliamento che nasconda la propria identità. In passato il Consiglio di
Stato ha stabilito che la matrice religiosa può essere un giustificato motivo
per l'uso in pubblico di qualsiasi tipo di velo islamico che copra il viso. É
un parere tuttavia che alla alla luce dell'attuale livello della minaccia
terroristica andrebbe rivisto. Il divieto di indossare il velo islamico
integrale in pubblico è oggi in vigore in Belgio, Francia, Olanda e in alcuni
cantoni della Svizzera. Nel 2014 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha
precisato che questi provvedimenti non ledono la libertà di religione. Resta sullo
sfondo il più generale problema di come conciliare fede, cultura, libertà,
diritti individuali e sicurezza collettiva. Roberto Rapaccini