La
Giornata Internazionale della Donna riaccende i riflettori sulla condizione
femminile nei Paesi a maggioranza islamica dove, come è noto, è molto
diversificata. Mentre la maggior parte delle donne arabe è vittima di
drammatici condizionamenti, una ridottissima minoranza favorita dalla buona
estrazione sociale delle famiglie di provenienza ha potuto intraprendere un cammino
di emancipazione anche in realtà arretrate e maschiliste come quelle saudita
(dove ci sono ben 20.000 imprese a guida femminile, benché il tasso di
occupazione femminile rimanga il più basso del mondo arabo, intorno al 13%) e
yemenita, dove diverse donne sono dirigenti e accademiche. Pur non potendosi
disconoscere la penalizzazione della donna nella società araba, da un sommario
sguardo alla cinematografia mediorientale si evince che spesso protagonisti dei
film sono personaggi femminili. Alcuni esempi: ‘Caramel’ e ‘Ora dove andiamo?’
della regista libanese Nadine Labaki, ‘Il Giardino di Limoni’ di Eran Riklis e
‘Free zone’ di Amos Gitai, entrambi israeliani, i lungometraggi iraniani ‘Il
Cerchio’ di Jafar Panahi, ‘Persepolis’ di Marjane Satrapi, ‘Donne senza uomini’
di Shirin Neshat. Lo scorso autunno poi tre film diretti e interpretati da
donne arabo-israeliane hanno scosso il panorama cinematografico dello Stato
ebraico: il pluripremiato “Sand Storm” (Tempesta di sabbia) della regista
israeliana Elite Zexer, “Personal Affairs” di Maha Haj e “In Between” di
Maysaloun Hamoud, hanno sfatato degli stereotipi e infranto dei tabù su come la
società ebraica israeliana si relazioni con la minoranza palestinese al suo
interno. Esiste un movimento femminista trasversale a tutta la comunità
musulmana che sostiene la parità di genere come corollario delle disposizioni
coraniche che sanciscono l’uguaglianza di tutti gli esseri umani. Come avviene
solitamente nei contesti teocratici per altre problematiche sociali, la soluzione
della questione femminile richiede un approfondimento teologico, dal quale
emergerebbe che non è il Corano a discriminare le donne, ma l’interpretazione
che ne viene data. Il paradosso è che questo avviene mentre in Europa il
femminismo è spiazzato da tentativi di femminilizzazione del modello maschile:
gli uomini infatti per migliorare il loro aspetto ricorrono a mezzi - come le
depilazioni e l’uso di creme di bellezza - attribuiti per pregiudizi
consolidati solo all’universo femminile. Roberto Rapaccini