RASSEGNA STAMPA S.

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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

mercoledì 16 dicembre 2020

TRUMP E IL MEDIO ORIENTE (29-1-2017)

 

È prematuro fare previsioni sulle scelte di politica estera che saranno compiute dal neopresidente USA Donald Trump nello svolgimento del suo mandato. Non possono essere considerate dirimenti le indicazioni fornite durante la campagna elettorale: come è nella logica dell'essenzialità della propaganda, che è strumentale solo ad ottenere il consenso degli elettori, tali indicazioni sono state enfatizzate a prescindere dagli aspetti problematici conseguenti alla pratica attuazione nella specificità dei contesti. Si deve tener presente che le scelte di Donald Trump risentiranno della sua esperienza professionale: il neopresidente americano non proviene dalla politica, né dall'alta amministrazione, ma è esclusivamente un imprenditore di successo: presumibilmente quindi sarà la logica della convenienza economica a guidare le sue opzioni strategiche. Donald Trump, come parte dell'opinione pubblica americana, considera negativamente l'accordo raggiunto con Teheran sul programma nucleare. Questa posizione riflette un atteggiamento di diffidenza nei confronti dell'Iran, condiviso dallo staff dei suoi collaboratori recentemente nominati. Il dossier iraniano tuttavia va valutato con molta attenzione. L'Iran sta uscendo dall'isolamento nel quale lo avevano relegato l'embargo e l'interruzione delle relazioni commerciali, per tornare ad essere un interlocutore per molti Paesi europei. La Repubblica iraniana potrebbe essere quell'alleato strategico nel mondo islamico di cui l'Occidente ha un bisogno vitale: la sua adesione all'Islam di tipo sciita la rende un partner affidabile per contrastare le derive jihadiste e le ambiguità delle monarchie sunnite del Golfo, che con difficoltà dissimulano la loro pericolosa prossimità ideologica con gli ambienti del fondamentalismo islamico; questa 'contiguità' si concreta in un supporto politico ed economico. È noto che l''Iran è stato in passato una centrale del terrorismo internazionale finanziando gruppi sciiti, in particolare gli Hezbollah, e movimenti sunniti, segnatamente Hamas: l'integrazione nel contesto geopolitico renderà difficile queste pregresse derive. È probabile che l'amministrazione americana subirà pressioni per il mantenimento dell'accordo da parte di multinazionali e colossi industriali, che hanno concluso accordi commerciali con partner iraniani. È comprensibile che anche Israele consideri l'accordo con l'Iran un grave errore. Tuttavia i tempi sono maturi per la stabilizzazione e la normalizzazione delle relazioni di Israele con il mondo arabo attraverso l'implementazione degli accordi di Oslo, per il riconoscimento dello Stato palestinese, e quello di Israele da parte dei Paesi arabi e islamici. Sarebbe auspicabile, anche se appare poco probabile, che gli Stati Uniti, con l'eventuale supporto del neoalleato russo, svolgano una mediazione finalizzata a questa composizione di interessi. Con l'ascesa di Donald Trump Israele tornerà ad essere un alleato fondamentale per la diplomazia statunitense. Se questo però si tradurrà in un appoggio al leader del Likud Netanyhau, si allontanerà la prospettiva di un accordo fra Israeliani e Palestinesi, che sembra avere come unica possibilità la costituzione di due Stati, ovvero quello palestinese accanto a quello israeliano. In proposito la reiterata attualità del paventato spostamento dell'ambasciata statunitense presso Israele da Tel Aviv a Gerusalemme non è un atto di distensione che va in questa direzione, dal momento che i Palestinesi rivendicano Gerusalemme come loro capitale. La crisi siriana ha un'importanza centrale nell'attuale contesto geopolitico. Trump eredita la gestione poco incisiva, incerta, poco lungimirante del suo predecessore. L'amicizia di Trump con Putin e la prospettiva di una reciproca collaborazione cambia completamente lo scenario consentendo di ipotizzare azioni militari congiunte, soprattutto per contrastare lo Stato Islamico. L'alleanza fra Russia e Usa rafforza Bashar Al Assad e avvicina la prospettiva di una soluzione negoziata del conflitto siriano. Gli Stati Uniti, attraverso l'intesa con la Russia, si ritrovano di fatto ad essere alleati dell'instabile Turchia e dell'Iran, in un contesto, quello del vicino Medio Oriente, caratterizzato da delicati equilibri. Donald Trump, dopo il riavvicinamento degli Usa all'Iran (a seguito dell'accordo sul nucleare) dovrà trovare il modo di rassicurare della sua amicizia le monarchie sunnite del Golfo, che presumibilmente continueranno ad essere strategicamente alleate degli Usa, e che si contendono con l'Iran la leadership nel mondo islamico. L'appoggio alla Siria non inciderà sui rapporti con Israele, che è sempre rimasto fuori dai conflitti di difficile gestione e ad esito incerto, soprattutto se non interessano direttamente la propria integrità territoriale: ricorrono le condizioni che inducono lo Stato ebraico a rimanere estraneo alle vicende belliche siriane. Roberto Rapaccini