Recentemente
Al Jazeera, la tv satellitare del Qatar, ha trasmesso un interessante
servizio, l'Iraq e l'arte della guerra, su due noti artisti
iracheni, le cui opere al momento sono esposte a Doha. Si tratta di Dia Al
Azzawi e di Mahmoud Obaidi. I loro lavori si propongono come interpretazioni,
da un punto di vista creativo, dei recenti tragici avvenimenti mediorientali.
Nell'intervista resa all'emittente araba Dia Al Azzawi e Mahmoud Obaidi si
soffermano in particolare sui massacri e sulle distruzioni che dilaniano
l'Iraq, sede 7000 anni fa di una delle più antiche civiltà. La difficile
condizione del Paese, sconvolto da una decennale guerra, è vissuta dagli
iracheni con un senso di rassegnazione e approssimativa neutralità rispetto
alle parti in conflitto, quasi essi fossero assuefatti e indifferenti al
degrado in atto. L'Arte, con il suo linguaggio non convenzionale, pertanto ha
la responsabilità di risvegliare in quel popolo un senso di consapevolezza che
stimoli una reazione che contrasti la tentazione di sentirsi parte di un cosmo
che non ha futuro. I movimenti artistici, sebbene traggano ispirazione da
questa realtà, sono entità esterne, quasi estranee, perché nascono e si
sviluppano all'estero, dal momento che gli artisti mediorientali ormai vivono
quasi tutti in Paesi occidentali. Mahmoud Obaidi è un apprezzato scultore
concettuale: con la sua mostra 'Frammenti' ha esplorato la distruzione e il
saccheggio del suo Paese, producendo opere che ripetono manufatti, presenze,
dettagli che evocano una Baghdad parcellizzata e violentata dalla drammatica
aggressione bellica; utilizza superfici e materiali ricoperti di ruggine, perché
è così - dice - che vede l'Iraq ora. Obaidi cita una sua opera che raffigura la
statua della libertà appesa con una corda al soffitto che sembra manovrata in
maniera sinistra e incombente, che è metafora dell'invasione subita dai
territori iracheni. Con una scultura composta da una testa di Bush, circondata da
scarpe, ha invece celebrato un noto episodio: quando, durante un discorso del
ex Presidente americano, un giornalista iracheno gli scagliò contro le sue
scarpe. Dia Al Azzawi ha avuto invece una formazione culturale profonda e
globale, che comprende anche studi di archeologia, grazie ai quali ha potuto
lavorare per due anni per il museo archeologico di Mosul. La distruzione
sistematica nel 2015 da parte dell'Isis dei reperti ivi esposti, molti dei
quali provenienti dalle rovine della città assira di Hatra, ha cancellato una
parte fondamentale della memoria degli iracheni. E il popolo di un Paese senza
memoria è disorientato e più debole, perché è compromessa e resa incerta la sua
identità: questo probabilmente, oltre alla lotta all'idolatria, è il vero fine
delle scelleratezze dello Stato Islamico. Con le sue opere Dia Al
Azzawi realizza una ricognizione dei momenti fondamentali della storia
irachena, che dice radicata nel profondo della sua anima. Le sue grandi
superfici, talvolta monocromatiche, con intense raffigurazioni che si avvalgono
di un linguaggio tenacemente simbolico, suscitano profonde suggestioni. Dal
servizio di Al Jazeera emerge l'importanza dell'impegno morale dell'Arte e
della Cultura nella ricostruzione dell'identità di un popolo travagliato dalle
vessazioni della storia. La prima vittima della guerra è sempre la verità. Roberto
Rapaccini
Iraq
e Art of War (video) - https://vimeo.com/195265238
Al
Jazeera (sito) - http://www.aljazeera.com/
Dia
Al Azzawi (opere) - http://www.azzawiart.com/
Mahmoud
Obaidi (opere) - http://www.obaidiart.com/