In
questi giorni continuano in Francia le polemiche sull'adeguatezza e
sull'efficienza dei dispositivi di sicurezza predisposti a Nizza sul lungomare
per le celebrazioni dell'anniversario della Festa della Bastiglia, in occasione
delle quali è avvenuto il noto fatto criminale. È opportuno che sia una
Commissione di esperti a stabilire se ci siano stati errori, carenze o
leggerezze che hanno reso possibile o facilitato la commissione del folle
gesto. Molte delle critiche, pur sembrando fondate a prima vista sulla base del
senso comune, non tengono conto delle consolidate modalità di pianificazione
delle misure di sicurezza per eventi di questo genere, e delle problematiche
concrete che ne condizionano i tratti distintivi. La censura maggiore riguarda
la destinazione di una sola autovettura e relativo equipaggio a sbarrare
l'accesso alla strada teatro dei noti fatti. In realtà questa è la normalità.
Come si chiude al traffico una strada? È un dispositivo sufficiente destinare a
questo fine un'auto e alcuni operatori, oltre alle transenne. Credo che nessuno
abbia mai visto in Italia in analoghe contingenze strade interdette al traffico
mediante mezzi blindati o attraverso lo schieramento di decine di agenti o
militari. È accaduto in Turchia in occasione del fallito golpe, ma si trattava
di tutt'altro. Qualora per la chiusura al traffico si sia impiegato personale
della polizia municipale, questa scelta non deve essere censurata. Innanzitutto
il blocco della strada è una delle articolazioni dei servizi di sicurezza
predisposti sotto il coordinamento e la direzione di autorità di polizia (e
quindi non si tratta di un dispositivo che opera isolatamente al di fuori di un
generale coordinamento). Inoltre il concorso degli operatori della Polizia
Municipale è una circostanza ordinaria: infatti in occasioni di questa
importanza si deve ricorrere a tutte le forze disponibili sul territorio.
Sarebbe ottimale poter impiegare solo agenti della Polizia Nazionale, magari
super specializzati nell'antiterrorismo e dotati di mezzi efficientissimi, ma
le risorse sono limitate, e per questo è fisiologico che si impieghino tutti i corpi
‘territoriali', di cui fanno parte anche i dipendenti della polizia municipale,
che sono a tutti gli effetti agenti armati di pubblica sicurezza e di polizia
giudiziaria. Tuttavia, nei limiti delle possibilità, si cerca di 'usare' gli
operatori in base alle specifiche peculiarità del corpo di appartenenza. Così
generalmente la 'municipale' è destinata alla cura della viabilità. Si deve
anche considerare che i servizi di ordine e sicurezza durano molte ore, in
quanto si ritiene che l'esposizione al rischio di atti criminosi inizi ben
prima dell'afflusso della gente e si estenda alla completa evacuazione dei
partecipanti alla manifestazione. Poiché ci sono prescrizioni da rispettare che
stabiliscono i limiti temporali di impiego dei singoli operatori, è normale la
turnazione fra elementi delle forze dell'ordine anche appartenenti a corpi
diversi. Le misure di ordine e sicurezza pubblica in situazioni importanti come
questa non sono garantite solo dalle forze locali: anche in Francia ci si
avvale del concorso di rinforzi di uomini e mezzi che provengono da altre
città. Pertanto, piuttosto che concentrarsi sulla presunta insufficienza delle
modalità di chiusura al traffico della Promenade, sarebbe più sensato
verificare la sufficienza dei rinforzi assegnati dal Ministero dell'Interno
francese alla polizia di Nizza per la serata del 14 luglio, ed esaminare in che
modo sono stati utilizzati dalle autorità locali. Queste considerazioni non
equivalgono ad un giudizio positivo sulle iniziative di sicurezza in questione,
ma intendono solo sottolineare che il giudizio sulle responsabilità per
l'accaduto è molto complesso e non può prescindere da conoscenze tecniche.
Pertanto, se non si vuole fare facile demagogia, sarebbe meglio astenersi da
critiche banali e superficiali. Sullo sfondo della polemica c'è la cattiva
abitudine - evidentemente non solo italiana - di voler sempre trovare un
colpevole, che non di rado viene individuato nell'ultimo esecutore della catena
di comando. Ammettere che non ci siano responsabili, non significa
ridimensionare l'accaduto e non dare valore alle perdite umane, ma equivale a
constatare che il nostro sistema sociale non è perfetto, e che quindi sia
possibile che si producano patologie anche quando ognuno fa il proprio dovere.
In alcuni casi la ricerca di un capro espiatorio è una deprecabile pratica
giacobina per contenere e dare soddisfazione all’indignazione della gente. In
altri casi questo atteggiamento ipocritamente intransigente è cinicamente
alimentato dai vertici politici, che, scaricando colpe su tecnici incolpevoli o
sulle amministrazioni, vogliono implicitamente rivendicare che tutto sarebbe
perfetto se non ci fossero errori umani. Un altro aspetto oggetto di
controverse valutazioni riguarda l'eventuale esistenza di complici del franco
tunisino autore della strage, ed il loro eventuale ruolo nella triste vicenda.
Si è cercato subito di chiarire se l'attentatore fosse un 'cane sciolto' - cioè
una persona che aveva operato al di fuori di gruppi terroristici - o fosse
'semplicemente' un balordo. In genere si tira un sospiro di sollievo se si
accerta che si versi nel secondo caso. Premesso che si possa essere balordi e
'cani sciolti' nello stesso tempo, questa distinzione ha uno scarsissimo
rilievo. In entrambi i casi opera lo stesso meccanismo: l'evento criminoso è il
prodotto della nostra esposizione alle conseguenze che l'efficacia suggestionante
della propaganda jihadista esercita su menti deboli (siano esse di
emarginati, di gente psichicamente instabile, di aspiranti terroristi). Al
contrario il vero elemento che rileva nella ricostruzione dei fatti per tutte
le relative conseguenti implicazioni, è rappresentato dalla necessità di
chiarire se l'atto terroristico sia il frutto dell'azione di un individuo
strutturato in un'organizzazione o si tratti di iniziative estemporanee. Roberto
Rapaccini