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PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

domenica 27 dicembre 2020

LA STRAGE DI NIZZA E LA SICUREZZA FRANCESE (17-7-2016)

 

Come è noto, la sera del 14 luglio intorno alle 22.30 a Nizza (in Francia) un camion ha investito decine di persone che sul lungomare la 'Promenade des Anglais’ assistevano allo spettacolo pirotecnico con il quale si stavano concludendo le celebrazioni per l’anniversario della presa della Bastiglia, la festa nazionale francese. Nell’occasione sono state uccise 84 persone, mentre più di un centinaio sono rimaste ferite; tra di esse una ventina versano in condizioni gravi. Le modalità dell’incidente hanno subito indicato che si è trattato di  un atto terroristico premeditato: il camion è proceduto alla velocità di circa 80 Km l'ora, zigzagando con il chiaro intento di travolgere quante più persone potesse. Sembra inoltre che nel frattempo l’autista sparasse sui passanti. La folle corsa è terminata dopo due chilometri, quando il conducente, un cittadino francese trentunenne di origini tunisine, è stato attinto dai colpi sparati dalla polizia.  A 36 ore dai drammatici fatti è giunta una blanda rivendicazione: l'agenzia Amaq, vicina allo Stato Islamico, con un breve comunicato ha precisato che l'attacco è stato portato a termine da un soldato del Califfato in risposta all'appello di colpire i Paesi della coalizione. Sembrerebbe quindi trovare conferma che l'atto è il risultato di un'iniziativa autonoma in adesione alla lotta 'jihadista' proclamata dallo Stato Islamico, e non costituisce pertanto l'attuazione di un ordine specifico. Fin dal giorno successivo si è discusso nei media, spesso con una competenza inversamente proporzionale alla presunzione, circa eventuali responsabilità delle forze dell'ordine francesi, che con una maggiore attenzione forse avrebbero potuto impedire il fatto o contrastarne le gravi conseguenze. Le attività di prevenzione di atti terroristici si articolano attraverso due fasi: nella prima ha un ruolo prioritario l'intelligence, che dovrebbe essere mirata a conoscere in anticipo le pianificazioni delinquenziali, cosicché possano essere intraprese tutte le iniziative operative finalizzate ad impedirne la realizzazione. La seconda fase si occupa di tutte quelle situazioni - come le celebrazioni per la festa nazionale francese - che possono costituire occasione per la commissione di atti che mettano in pericolo l'incolumità collettiva ed individuale. In questi casi le autorità elaborano delle ordinanze (ormai 'standardizzate') che contengono le necessarie prescrizioni - di cui principalmente sono destinatari gli appartenenti alle forze di polizia - necessarie a garantire la sicurezza dell'evento. Quest'ultima attività di prevenzione globale si realizza mediante specifiche tipologie di dispositivi, come posti di blocco, controlli di vario genere, presidi, che hanno soprattutto un'efficacia dissuasiva; prevalentemente costituiscono un deterrente, perché rendono difficoltosa l'attuazione di un eventuale progetto criminale. Naturalmente, il proposito di un attentato, se non viene scoperto dall'intelligence, arriva alla fase esecutiva; la sua realizzazione in questo caso può essere impedita solo da queste generali predisposizioni di sicurezza, che tuttavia, non essendo specificamente mirate, possono essere aggirate. Naturalmente più puntuali sono queste misure, più è difficoltoso portare a termine un disegno delittuoso. Come si può ben comprendere, non esistono dispositivi che garantiscono in maniera assoluta. Ciò premesso, tornando ai fatti di Nizza, se l'autore della strage è solo un 'cane sciolto' non strutturato in una cellula terroristica, può essere comprensibile la mancata previsione della sua iniziativa da parte dell'intelligence. L'attenzione deve essere allora rivolta alle modalità dell'ingresso del camion nell'area pedonale riservata ai festeggiamenti. In proposito, le possibilità sono due: o sono state lacunose le prescrizioni di sicurezza emesse dall'autorità per l'occasione, o ci sono state leggerezze da parte degli operatori. Se è vera la tesi della Polizia francese, ovvero che il camion avrebbe aggirato la barriera che chiudeva la strada salendo improvvisamente sul marciapiede, è possibile che in concreto non ci siano responsabilità. Anche se l'attentato è il risultato di una grave patologia non è detto che necessariamente ci debba essere un responsabile, come viene sostenuto con il solito giacobinismo. Se invece il franco-tunisino aveva dei complici e il proposito criminoso è stato oggetto di una preventiva pianificazione, in questo caso si dovrebbe prendere atto dell'ennesimo insuccesso delle capacità dell'intelligence francese, ovvero dell'inefficacia della sua azione informativa e di controllo. A bordo del camion sono state rinvenute copie 'giocattolo' di alcuni kalashnikov e qualche granate disinnescata. Questa circostanza poco spiegabile potrebbe indurre a considerare anche la possibilità che il piano originario dell'attentato fosse un altro e che potesse prevedere la partecipazione di complici. La personalità dell'autore della strage, che aveva gravi problemi personali che lo avevano confinato ai margini della società, conferma la tesi, autorevolmente sostenuta, che le iniziative 'jihadiste' sono il risultato di un 'islamizzazione del radicalismo', anziché di 'radicalizzazione dell'islamismo'. Infatti, nella società occidentale, che versa in una fase di diffuso malessere, non esistono più valori oggetto di riferimento, e tutto sembra dominato dalla mancanza di un'etica comune, da un vuoto ideologico, da una generale visione relativistica in un contesto di diffuso nichilismo. Questo clima nelle frange dell'emarginazione, nei giovani che hanno difficoltà ad orientarsi radicalizza un atteggiamento critico nei confronti della società. Al contrario l'Islam offre un modello che, seppur discutibile, si basa su valori definiti e solidi, e che pertanto possono esercitare una qualche seduzione su chi è alla ricerca di una identità definita per arginare il senso di insicurezza.  Così la contestazione radicale della nostra società può subire un processo di islamizzazione. Pertanto la penetrazione della cultura islamica fondamentalista non sarebbe il risultato di un'aggressione esterna, ma è resa possibile dal nostro vuoto etico, dal clima di costante contraddizione, da una generale crisi che si declina nella cultura, nelle connotazioni sociali, in una dialettica che con difficoltà produce convincenti esiti politici.  Anche se - come appare probabile - l'autore dell'attentato non era un militante dello Stato Islamico, è improcrastinabile un'azione efficace da parte della coalizione occidentale che annienti il Neocaliffato troncando innanzitutto i flussi finanziari che ne consentono l'esistenza. Lo Stato Islamico, anche se la presenza del radicalismo in Europa è ormai capillare ed endemica e perciò non cesserebbe con la sua fine, per i cosiddetti 'cani sciolti', è un riferimento concreto e ideale; la sua presenza incoraggia un potenziale terrorista ad agire per auto accreditarsi come suo emissario. Come dimostrano i fatti di Nizza, le azioni dei cosidetti 'cani sciolti' sono particolarmente imprevedibili e insidiose, perché oltre a colpire i 'soft target', sono poste in atto da islamici non conosciuti dalla polizia in quanto non  strutturati in una organizzazione. E il potere dello Stato Islamico trova fondamento nella nostra insicurezza. Roberto Rapaccini