Come
è noto, la sera del 14 luglio intorno alle 22.30 a Nizza (in Francia) un
camion ha investito decine di persone che sul lungomare la 'Promenade des
Anglais’ assistevano allo spettacolo pirotecnico con il quale si stavano
concludendo le celebrazioni per l’anniversario della presa della Bastiglia, la
festa nazionale francese. Nell’occasione sono state uccise 84 persone, mentre
più di un centinaio sono rimaste ferite; tra di esse una ventina versano
in condizioni gravi. Le modalità dell’incidente hanno subito indicato che si è trattato
di un atto terroristico premeditato: il camion è proceduto alla velocità
di circa 80 Km l'ora, zigzagando con il chiaro intento di travolgere quante più
persone potesse. Sembra inoltre che nel frattempo l’autista sparasse sui passanti.
La folle corsa è terminata dopo due chilometri, quando il conducente, un
cittadino francese trentunenne di origini tunisine, è stato attinto dai colpi
sparati dalla polizia. A 36 ore dai drammatici fatti è giunta una blanda
rivendicazione: l'agenzia Amaq, vicina allo Stato Islamico, con un breve comunicato
ha precisato che l'attacco è stato portato a termine da un soldato del
Califfato in risposta all'appello di colpire i Paesi della coalizione.
Sembrerebbe quindi trovare conferma che l'atto è il risultato di un'iniziativa
autonoma in adesione alla lotta 'jihadista' proclamata dallo Stato Islamico, e
non costituisce pertanto l'attuazione di un ordine specifico. Fin dal giorno
successivo si è discusso nei media, spesso con una competenza inversamente proporzionale
alla presunzione, circa eventuali responsabilità delle forze dell'ordine
francesi, che con una maggiore attenzione forse avrebbero potuto impedire il
fatto o contrastarne le gravi conseguenze. Le attività di prevenzione di atti
terroristici si articolano attraverso due fasi: nella prima ha un ruolo
prioritario l'intelligence, che dovrebbe essere mirata a conoscere in anticipo
le pianificazioni delinquenziali, cosicché possano essere intraprese tutte le
iniziative operative finalizzate ad impedirne la realizzazione. La seconda fase
si occupa di tutte quelle situazioni - come le celebrazioni per la festa
nazionale francese - che possono costituire occasione per la commissione di
atti che mettano in pericolo l'incolumità collettiva ed individuale. In questi
casi le autorità elaborano delle ordinanze (ormai 'standardizzate') che
contengono le necessarie prescrizioni - di cui principalmente sono destinatari
gli appartenenti alle forze di polizia - necessarie a garantire la sicurezza
dell'evento. Quest'ultima attività di prevenzione globale si realizza mediante
specifiche tipologie di dispositivi, come posti di blocco, controlli di vario
genere, presidi, che hanno soprattutto un'efficacia dissuasiva; prevalentemente
costituiscono un deterrente, perché rendono difficoltosa l'attuazione di un
eventuale progetto criminale. Naturalmente, il proposito di un attentato, se
non viene scoperto dall'intelligence, arriva alla fase esecutiva; la sua
realizzazione in questo caso può essere impedita solo da queste generali
predisposizioni di sicurezza, che tuttavia, non essendo specificamente mirate,
possono essere aggirate. Naturalmente più puntuali sono queste misure, più è
difficoltoso portare a termine un disegno delittuoso. Come si può ben
comprendere, non esistono dispositivi che garantiscono in maniera assoluta. Ciò
premesso, tornando ai fatti di Nizza, se l'autore della strage è solo un 'cane
sciolto' non strutturato in una cellula terroristica, può essere comprensibile
la mancata previsione della sua iniziativa da parte dell'intelligence.
L'attenzione deve essere allora rivolta alle modalità dell'ingresso del camion
nell'area pedonale riservata ai festeggiamenti. In proposito, le possibilità
sono due: o sono state lacunose le prescrizioni di sicurezza emesse dall'autorità
per l'occasione, o ci sono state leggerezze da parte degli operatori. Se è vera
la tesi della Polizia francese, ovvero che il camion avrebbe aggirato la
barriera che chiudeva la strada salendo improvvisamente sul marciapiede, è
possibile che in concreto non ci siano responsabilità. Anche se l'attentato è
il risultato di una grave patologia non è detto che necessariamente ci debba
essere un responsabile, come viene sostenuto con il solito giacobinismo. Se
invece il franco-tunisino aveva dei complici e il proposito criminoso è stato
oggetto di una preventiva pianificazione, in questo caso si dovrebbe prendere
atto dell'ennesimo insuccesso delle capacità dell'intelligence francese, ovvero
dell'inefficacia della sua azione informativa e di controllo. A bordo del
camion sono state rinvenute copie 'giocattolo' di alcuni kalashnikov e qualche
granate disinnescata. Questa circostanza poco spiegabile potrebbe indurre a
considerare anche la possibilità che il piano originario dell'attentato fosse
un altro e che potesse prevedere la partecipazione di complici. La personalità
dell'autore della strage, che aveva gravi problemi personali che lo avevano
confinato ai margini della società, conferma la tesi, autorevolmente sostenuta,
che le iniziative 'jihadiste' sono il risultato di un 'islamizzazione del
radicalismo', anziché di 'radicalizzazione dell'islamismo'. Infatti, nella
società occidentale, che versa in una fase di diffuso malessere, non esistono
più valori oggetto di riferimento, e tutto sembra dominato dalla mancanza di
un'etica comune, da un vuoto ideologico, da una generale visione relativistica
in un contesto di diffuso nichilismo. Questo clima nelle frange
dell'emarginazione, nei giovani che hanno difficoltà ad orientarsi radicalizza
un atteggiamento critico nei confronti della società. Al contrario l'Islam
offre un modello che, seppur discutibile, si basa su valori definiti e solidi,
e che pertanto possono esercitare una qualche seduzione su chi è alla ricerca
di una identità definita per arginare il senso di insicurezza. Così la
contestazione radicale della nostra società può subire un processo di
islamizzazione. Pertanto la penetrazione della cultura islamica fondamentalista
non sarebbe il risultato di un'aggressione esterna, ma è resa possibile dal
nostro vuoto etico, dal clima di costante contraddizione, da una generale crisi
che si declina nella cultura, nelle connotazioni sociali, in una dialettica che
con difficoltà produce convincenti esiti politici. Anche se - come appare
probabile - l'autore dell'attentato non era un militante dello Stato Islamico,
è improcrastinabile un'azione efficace da parte della coalizione occidentale
che annienti il Neocaliffato troncando innanzitutto i flussi finanziari che ne
consentono l'esistenza. Lo Stato Islamico, anche se la presenza del radicalismo
in Europa è ormai capillare ed endemica e perciò non cesserebbe con la sua
fine, per i cosiddetti 'cani sciolti', è un riferimento concreto e ideale; la
sua presenza incoraggia un potenziale terrorista ad agire per auto accreditarsi
come suo emissario. Come dimostrano i fatti di Nizza, le azioni dei cosidetti
'cani sciolti' sono particolarmente imprevedibili e insidiose, perché oltre a
colpire i 'soft target', sono poste in atto da islamici non conosciuti dalla
polizia in quanto non strutturati in una organizzazione. E il potere
dello Stato Islamico trova fondamento nella nostra insicurezza. Roberto Rapaccini