Anche se il commando che la sera del primo luglio ha assaltato un locale di Dacca uccidendo 26 persone tra civili e poliziotti era composto da giovani benestanti che avevano frequentato noti atenei all'estero, è tornato attuale il tema dell'educazione nelle madrase. Infatti, il clima fondamentalista che in questi ultimi anni ha caratterizzato il Bangladesh, Paese tradizionalmente tollerante, è particolarmente influenzato dalla formazione che si riceve nelle scuole coraniche, spesso parzialmente finanziate con fondi e donazioni provenienti dagli Stati del Golfo Persico. Le scuole islamiche, note come madrase, presenti principalmente in Medio Oriente, Asia Centrale e Sud-Est asiatico, fin dall'11 settembre del 2001 sono state destinatarie di una crescente attenzione da parte delle agenzie di intelligence occidentali. Allora risultò che nelle madrase - soprattutto in Pakistan - numerosi leader talebani e membri di Al Qaeda avevano sviluppato le loro idee politiche radicali. Madrasa in arabo significa 'scuola'; tuttavia nel linguaggio comune convenzionalmente al termine si attribuisce un significato più ristretto in quanto con esso si intendono gli istituti che propongono un percorso educativo orientato e focalizzato all’apprendimento dei fondamenti dell’Islam e della lingua araba, all'approfondimento delle scienze giuridico-religiose islamiche, e quindi, complessivamente, alla formazione di una cultura che ha un'esclusiva impronta musulmana. Infatti, anche in quelle madrase nelle quali si insegnano materie secolari, l'educazione ha sempre come riferimento lo studio del Corano e degli Hadith (cioè le gesta del Profeta). In alcuni Paesi, come l’Egitto e il Libano, prevale il significato generico del termine, ovvero quello di istituzione scolastica, privata o finanziata dallo Stato, laica o religiosa. In altri Stati, come il Pakistan e il Bangladesh, per 'madrase' si intendono invece le scuole religiose islamiche, soprattutto di livello primario e secondario. Dal XIX secolo alcune di esse hanno assunto la configurazione di università, organizzandosi in facoltà e insegnando anche dottrine non teologiche; ne è un esempio l'Università di Al Azhar (con sede al Cairo), principale centro della cultura islamica, fondata nel 970-972 proprio come semplice madrasa. Le madrase spesso sono associate a moschee ed a luoghi di residenza per studenti e insegnanti: in questo caso l'istituto di istruzione diviene il centro di una comunità confessionale e il processo educativo si articola all’interno di una dimensione di vita nella quale esiste solo l’Islam, che convive con l’incapacità di guardare in maniera obiettiva le altre culture. Si sviluppa così un approccio alla vita di tipo fondamentalista, nel quale ogni problema trova soluzione nella religione presentata in maniera acritica e dogmatica, mentre il resto del mondo è considerato infedele poiché adotta una visione laica della fede religiosa che, confinata nella sfera individuale, non può imporsi come modello socio-politico. L’Occidente, per questo approccio laico, è considerato in generale l’origine di ogni male e, da un punto di vista economico e sociale, la causa di ogni disfunzione. La conoscenza della storia è limitata agli avvenimenti che riguardano esclusivamente il mondo arabo, considerato una monade impermeabile a qualsiasi influsso esterno, mentre lo studio delle religioni è solo in funzione di una difesa dell’Islam; in questo modo si favorisce lo sviluppo di un attivismo politico guidato da una concezione teoretica modellata esclusivamente su principi confessionali. Si consolida così un'incapacità di svolgere un’analisi obiettiva delle altre culture o delle realtà politiche nelle quali la fede musulmana non sia espressione di una maggioranza. Nelle madrase l’insegnamento è affidato a imam e mufti. L’imam è un musulmano che, essendo particolarmente esperto nelle prescrizioni relative ai riti del 'salat' (la preghiera obbligatoria professata in forma collettiva), si pone davanti ai fedeli guidando l’orazione. L’Islam di confessione sunnita non ha una gerarchia religiosa e pertanto l’imam, pur avendo una leadership spirituale, non è un chierico, né è destinatario di una designazione formale superiore, ma acquisisce questo titolo per attribuzione da parte della comunità o per auto-proclamazione. Nell’Islam sciita il titolo di imam ha un significato religioso e politico di maggior rilievo: gli imam sono i successori legittimi di Maometto; in quanto tali, sono ispirati da Dio e hanno l’autorità per fornire commenti e interpretazioni del Corano e per guidare politicamente la comunità. Il muftì è invece un giurisperito. Anche se risulta difficile provare una diretta correlazione fra l’insegnamento nelle madrase e il terrorismo, è tuttavia innegabile che in esse si consolidi una cultura anti-occidentale, che, a seguito di inclinazioni personali o condizionamenti esterni, può incoraggiare azioni violente, che maturano individualmente o in un contesto organizzato. Il tema dell'insegnamento nelle madrase ripropone la più ampia questione delle relazioni fra Islam e terrorismo. In proposito, com'è noto, si contrappongono due tesi estreme: quella di chi vede nel terrorismo di matrice islamica un normale precipitato della religione musulmana, e quella simmetricamente opposta di chi nega qualsiasi rapporto fra l'Islam e il jihadismo violento. Come dimostra l'influsso che l'educazione fondamentalista che si riceve nelle madrase ha esercitato sullo sviluppo delle personalità di talebani e di futuri appartenenti ad Al Qaeda, non si può negare che esista una relazione fra una malintesa interpretazione della religione musulmana e alcune degenerazioni violente. In altri termini, obiettivamente esistono perversi legami fra Islam e degenerazioni violente, anche se non si tratta di è un fenomeno fisiologico in quanto non tutti i musulmani sono violenti, ma di una inquietante patologia. Roberto Rapaccini