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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

domenica 27 dicembre 2020

IL CARATTERE IRRISOLTO DEL CONFLITTO FRA ISRAELIANI E PALESTINESI (13-10-2016)

 

Come sostiene il professor Daniel Bar-Tal[1], i contrasti fra ebrei e palestinesi appartengono alla categoria dei conflitti irrisolti. Questa tipologia è integrata da contrapposizioni che hanno un carattere radicale in quanto le parti percepiscono i relativi interessi del tutto incompatibili e inconciliabili fra di loro; conseguentemente le rispettive soggettività politiche che sono referenti delle collettività contrapposte non sono disponibili a compromessi. Queste premesse spiegano il carattere permanente di certi scontri e l'oggettiva difficoltà di trovare soluzioni che possano essere accettate dalle rispettive comunità. Spesso i conflitti irrisolti per il loro carattere politico travalicano i confini locali e possono esercitare effetti destabilizzanti a livello internazionale. Il confronto fra israeliani e palestinesi non può essere ricondotto solo ad un contrasto fra diverse confessioni, cioè fra ebrei e musulmani, né a una guerra fra due popoli. Questo conflitto al contrario ha una natura estremamente composita e complessa, in quanto in esso, oltre a componenti di carattere religioso ed etnico, confluiscono elementi che incidono su equilibri geopolitici, mondiali e regionali, o che sono mutuati da aspetti umani, storici e culturali. Per le implicazioni transnazionali la soluzione di questo conflitto va oltre la mera riconciliazione tra i due popoli. Le trattative fra israeliani e palestinesi hanno sempre avuto le peculiarità di un dialogo fra sordi. Per Hamas, l'organizzazione estremista politico-religiosa palestinese, gli attacchi terroristici contro Israele sarebbero una modalità necessaria per difendere i propri territori dall'aggressione sionista. Al contrario Israele rivendica il diritto di occupare nuovi territori per insediare comunità; questi intenti espansionistici sarebbero motivati anche da una carenza abitativa. Analogamente israeliani e palestinesi rivendicano per opposti motivi la legittimità delle loro pretese di sovranità su Gerusalemme. Quest'ultima ambizione ha anche una matrice religiosa: Gerusalemme infatti è la terza città sacra dell'Islam dopo La Mecca e Medina, mentre il nome della metropoli in ebraico significa letteralmente il luogo dove apparirà il Messia. Le scelte strategiche di israeliani e palestinesi, oltre ad avere margini di illegalità, si traducono in concreti ostacoli a prospettive di pace. C'è una chiara asimmetria fra gli attori dei negoziati: Israele è uno Stato moderno e solido; il popolo palestinese non ha invece una chiara soggettività politica, né un esercito regolare, e con difficoltà individua una leadership pienamente rappresentativa e plenipotenziaria. La rispettiva propaganda interna delle due parti, già a cominciare dai testi scolastici, demonizza il 'nemico' descrivendolo come un interlocutore crudele, sanguinario, e soprattutto disinteressato ad una composizione pacifica della vertenza. A causa di quest'ottica negativa e deviata, nell'immaginario collettivo degli israeliani tutti i palestinesi sono terroristi, mentre in quello dei palestinesi tutti gli israeliani sono oppressori e usurpatori. Fortunatamente non mancano su entrambi i fronti personalità moderate che auspicano la tolleranza e l'accettazione dell'altro. Sia la società israeliana che quella palestinese hanno molti problemi interni che rendono difficile la definizione di una propria condivisa identità: l'esistenza di un nemico esterno, come avviene frequentemente in casi analoghi, distoglie da questi problemi e unifica il sentimento nazionale. C'è ancora una lunga strada da fare. Gli approfondimenti e le analisi  del Prof. Daniel Bar-Tal e di altri studiosi israeliani sugli aspetti che rendono irrisolto (o intractable, come dicono gli inglesi con un'espressione più pragmatica) il conflitto fra israeliani e palestinesi, non sono una mera speculazione o un contributo intellettuale alla democrazia israeliana, ma hanno importanti risvolti pratici, in quanto sono finalizzati all'individuazione delle barriere socio-psicologiche che impediscono ad Israele di intraprendere un cammino di pace. Essere consapevoli di questi ostacoli è il presupposto per il loro superamento e per l'individuazione di azioni concrete la cui attuazione potrà essere congiuntamente concertata in un eventuale tavolo negoziale. In proposito, Shimon Peres amava dire: "...non è vero che non c'è luce in fondo al tunnel in Medio Oriente. Tutt'altro, la luce c'è. Il problema è che non c'è il tunnel…". Roberto Rapaccini

 


[1] Il prof.  Daniel Bar-Tal è docente emerito di Psicologia politica all’Università di Tel Aviv. Dal 2000 al 2005 è stato direttore dell’Istituto di ricerca Walter Lebachper la coesistenza tra arabi e ebrei attraverso l’educazione; dal 2001 al 2005 è stato condirettore del Palestine Israel Journal; dal 1999 al 2000 è stato Presidente della Società Internazionale di Psicologia della Politica.