SISO
(Save Israel - Stop the Occupation) è un movimento di recente costituzione,
segnatamente è stato fondato nel 2015, che intende favorire con mirate iniziative
una soluzione negoziata del conflitto in Israele fra ebrei e palestinesi.
SISO afferma il carattere prioritario del ritiro di Israele dai territori
occupati ed auspica la costituzione di uno Stato palestinese. Questa posizione
è ancora minoritaria nell'ambito dell'opinione pubblica israeliana, in quanto
superficialmente e a prima vista potrebbe sembrare il corollario di un'opzione
filo-araba o filo-palestinese. Al contrario, gli obiettivi del movimento non
sono motivati da scelte di carattere politico, ma esclusivamente da una visione
pragmatica della situazione. I tempi sono sicuramente maturi per il generale
riconoscimento di Israele da parte di tutta la comunità internazionale.
Tuttavia la piena legittimità di Israele è condizionata dalle evoluzioni della
questione palestinese, che influiscono di fatto anche sulla normalizzazione
della società civile israeliana. In proposito, l'unica soluzione concreta in
grado di porre fine alla controversia interetnica e territoriale sembra essere
la costituzione di uno Stato indipendente che assicuri l'autodeterminazione del
popolo palestinese. Questa prospettiva - sottolinea l'associazione - è nell'interesse
sia dei palestinesi, sia degli ebrei, che finalmente potranno aspirare ad un
futuro di pace in un contesto di sicurezza, democrazia e prosperità; inoltre
questo nuovo assetto politico e territoriale influirebbe positivamente sulla
considerazione di Israele in ambito internazionale, che con il ritiro dai
territori palestinesi sarebbe meno controversa. Il movimento - che si avvale
del supporto anche di molte personalità israeliane, dal mondo scientifico a
quello della cultura - intende articolare la propria azione su due direttive:
oltre a promuovere proprie iniziative mediante tutte le potenzialità
mediatiche, si propone come centro di coordinamento e di raccordo delle
attività dei gruppi che operano per gli stessi obiettivi, ovvero per una svolta
pacifica del conflitto israelo - palestinese. Recentemente il
movimento SISO ha diffuso un appello di 500 personalità israeliane
(intellettuali, politici, diplomatici, scienziati, attivisti per la pace). Fra
di essi vi sono gli scrittori David Grossmann, Amos Oz e Orly Castel Bloom, la
cantante Noa, il regista Amos Gitai, gli intellettuali Naomi Chazan e
Daniel Bar Tal, l'ex-leader laburista ed ex-generale Amram Mitzna,
l'ex-deputata ed ex-vicesindaco di Tel Aviv Yael Dayan, il Premio Nobel Daniel
Kahneman. L'appello si rivolge agli ebrei di tutto il mondo affinché,
solidarizzando con gli israeliani, intraprendano un'azione coordinata che ponga
fine alla politica dell'occupazione dei Territori. L'appello va nella direzione
opposta dei piani rigidi e intransigenti dell'attuale governo israeliano.
Tuttavia l'approccio governativo alla questione palestinese non coincide con il
comune sentire della base popolare: dai sondaggi e dalle analisi della stampa
che hanno preceduto le ultime elezioni nel Paese si evince infatti che
l'inaspettato successo del leader Netanyahu si giustifica maggiormente con il
timore degli israeliani per le incertezze di un eventuale cambiamento che
inauguri una nuova linea politica, piuttosto che con un reale
convincimento circa l'opportunità di sostenere i desueti propositi del
conservatore Likud. Naturalmente la realizzazione delle prospettive di pace
richiede la cooperazione dei palestinesi, che devono uscire dal tunnel
dell'odio indiscriminato nei confronti di Israele. Le iniziative di SISO, a
prescindere dal fatto che siano condivise o meno, come importante corollario
stimolano un dibattito, libero da posizioni preconcette, sul futuro di Israele.
In proposito, nell'incipit dell'appello di cui si è detto si legge: "Se ti
interessa Israele, il silenzio non è più un'opzione". Secondo il
punto di vista del movimento SISO, come in passato la solidarietà degli Ebrei
ha consentito la nascita e lo sviluppo di uno Stato ebraico, oggi l'alleanza
fra gli ebrei israeliani e quelli della diaspora dovrà costituire uno strumento
che consenta ad Israele di ritrovare la sua anima democratica, di riaffermare
con coerenza i suoi fondamenti morali, di combattere con efficacia i pregiudizi
della comunità internazionale e l'impatto negativo sull'opinione pubblica
alimentato dal perdurare del conflitto con i palestinesi. Roberto Rapaccini