Nei
mesi che hanno preceduto il fallito golpe, in Turchia era cresciuta
l'opposizione interna nei confronti di Erdogan, che, per mantenere il controllo
dello Stato, era ricorso all'adozione di misure che, motivate da esigenze di
sicurezza, avevano inciso negativamente sulla vita democratica e sulle libertà
individuali. Il tentato colpo di Stato pertanto non deve considerarsi un
evento eccezionale e imprevedibile, ma il prodotto di queste tensioni, che
avevano avuto pesanti ricadute sulla coesione politica e sociale del Paese.
Tuttavia i moti insurrezionali della sera del 15 luglio hanno consolidato il
leader turco, che, rafforzato anche dalle manifestazioni popolari a suo
sostegno, ha avuto il pretesto per reprimere ogni forma di dissenso interno. La
Turchia resta destinataria di un duplice attacco terroristico, sia da parte del
PKK, sia da parte del radicalismo jihadista nonostante le spregiudicate e
ambigue relazioni con l'Isis. Da un punto di vista internazionale il Paese è in
una situazione di isolamento. Non ha alleati nel mondo arabo, essendo
espressione di un islamismo dai tratti ambigui e palesemente animato solo da
una volontà egemonica, quella di prevalere sugli altri. Il regime turco sta
cercando in di uscire da questa condizione di isolamento attraverso alcuni
tentativi di normalizzazione dei rapporti bilaterali con alcuni Stati,
innanzitutto con la Russia, con la quale le relazioni erano state gravemente
compromesse dal noto abbattimento di un jet russo al confine con la Siria il 24
novembre scorso (2015). È stato avviato anche un processo di pacificazione con
Israele. Sono in crisi i rapporti con gli Usa, sia per le divergenze sulla
questione curda, sia per i sopravvenuti contrasti relativi all'estradizione di
Gulen. Sono incerte e fluttuanti i contatti con l'Unione Europea, motivati solo
dalla convenienza reciproca, come è provato dall’accordo sui migranti.
L'ingresso nel consesso europeo al momento è improbabile, nonostante la
preziosa posizione strategica della penisola anatolica, in quanto la nazione
turca non soddisfa gli standard richiesti per l'ammissione. Il PKK, che da tre
decenni combatte con ogni mezzo per l'autonomia curda, anche in assenza di
specifiche rivendicazioni viene individuato come il primo responsabile di
qualsiasi fatto criminoso eversivo. La Turchia da un punto di vista sociale al
suo interno è profondamente divisa: c'è una borghesia urbana - integrata dalle
classi benestanti e dagli studenti impegnati politicamente - che, seppur non
omogenea, è unita nel contrapporsi ai conservatori islamici che sostengono il
presidente Erdogan, sempre più autoritario e repressivo nei confronti della
libertà di opinione. Le sorti future del Paese dipendono sempre più da quale
delle due anime a lungo termine prevarrà sull'altra. Roberto Rapaccini