RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 15 dicembre 2020

BALCANI, FUCINA DI RADICALISMO ISLAMICO CHE L’UE NON PUÒ TRASCURARE (21 aprile 2017)

 

Siamo abituati ad associare i Balcani alle rotte della criminalità organizzata e dell'immigrazione clandestina dimenticando che in questa regione si trovano anche gli unici Stati del continente europeo nei quali è presente una consistente maggioranza musulmana (di rito sunnita). Ci si riferisce in particolare alla Bosnia Erzegovina (poco più del 50% della popolazione è islamica), all'Albania (il 60%), al Kosovo (il 90%), che sono pertanto luoghi privilegiati per la formazione di jihadisti e per il transito di fondamentalisti diretti in Europa. La rilevanza dell'Islam nella penisola balcanica è emersa nel lungo periodo di instabilità e durante i conflitti seguiti alla scomparsa del leader comunista Tito, che era riuscito a garantire l'accordo fra realtà religiose eterogenee. In questo contesto l'Islam assunse specifiche peculiarità e un forte carattere politico, perché si coniugò con le rivendicazioni autonomiste di alcune aree, diventando funzionale alla coesione etnica e alla difesa di pretese integrità territoriali. Durante gli eventi bellici dal 1992 al 1999 affluirono combattenti stranieri fondamentalisti. Il loro intento non fu solo quello di dare attuazione alla jihad, ma anche di riproporre in questo scenario la lotta per l'egemonia nel mondo islamico fra Iran e Arabia Saudita.  Fin dal crollo della nazione jugoslava infatti entrambi gli Stati islamici hanno curato la costruzione di reti di influenza in questa regione. Il proselitismo islamista, unito a criticità socio-economiche, come gli alti tassi di disoccupazione giovanile, la povertà, la carente istruzione, l'emarginazione, le discriminazioni e la scarsa incidenza delle attività delle istituzioni statali, ha favorito fenomeni di radicalizzazione.   In proposito il Kosovo, che ha avuto un modesto sviluppo economico, è il Paese più esposto al rischio di derive fondamentaliste, e costituisce un safe harbour per l'estremismo. Erano kosovari i quattro terroristi che avevano progettato di distruggere a Venezia il Ponte di Rialto. I Balcani ospitano le basi logistiche di gruppi affiliati all'Isis e ad Al Nusra, che si finanziano prevalentemente con il traffico di droga. Tuttavia il rischio di terrorismo 'interno' rimane basso, perché queste articolazioni della galassia jihadista sono destinate prevalentemente al supporto del transito di foreign fighters o di returnees, che sono gli occidentali di ritorno dopo essere partiti per arruolarsi con le truppe di Al Baghdadi in Siria o in Iraq.  La cooperazione di polizia e lo scambio di informazioni fra i Paesi della regione è insufficiente. Peraltro, le sole misure repressive adottate dagli Stati, disgiunte da iniziative strumentali all'integrazione, favoriscono la marginalizzazione degli individui vulnerabili alla radicalizzazione. I Balcani sono quindi una realtà strategica nella lotta al terrorismo di matrice islamica che l'Europa non può trascurare, nella prospettiva di una maggiore stabilità e sicurezza del nostro continente. Roberto Rapaccini