L’Iraq
ha un’importanza centrale negli equilibri del vicino oriente. Dopo la guerra
con l’Iran, iniziata nel 1980, il Paese affrontò una difficile crisi economica.
Nel 1990 il deterioramento dei rapporti con il Kuwait fu all’origine della
‘Guerra del Golfo’ – che si concluse con la sconfitta delle truppe irachene -
alla quale seguirono le accuse statunitensi di sostenere il terrorismo
internazionale e di possedere un arsenale di armi chimiche, batteriologiche e
nucleari, costituendo così una minaccia per la comunità internazionale. Per
questo motivo – che si rivelò poi infondato - nel 2003 gli Stati Uniti, a capo
di una coalizione di alleati (formata da 28 Paesi, compresi 9 arabi),
intervennero in Iraq, e dopo una lunga e logorante guerra posero fine al regime
di Saddam Hussein. Iniziò un periodo di grave instabilità. Dilagarono violenze
di ogni genere aggravate da divisioni politiche, religiose ed etniche, ovvero
fra Sunniti, Sciiti e Kurdi. Nel 2011 gli Stati Uniti decisero di ritirarsi dal
Paese, che era tutt’altro che pacificato: i diversi governi che si erano
succeduti dal 2005, anno nel quale si tennero le prime elezioni - e quelli
successivi al 2011- non riuscirono a ripristinare la normalità, l’ordine e la
sicurezza pubblica. Nel giugno 2014 venne proclamata la costituzione di uno
Stato Islamico sui territori della Siria e dell’Iraq che erano caduti sotto
l’influenza di un gruppo di jihadisti, che nominarono come
loro leader il ‘califfo’ Abu Bakr Al Baghdadi. Dopo alterne vicende l’offensiva
militare irachena conseguì una progressiva riduzione dei territori dello Stato
Islamico; nel giugno 2017 alcune istituzioni irachene troppo ottimisticamente
dichiararono la definiva disfatta dello Stato Islamico. In realtà, l’ISIS,
quando verrà definitivamente sconfitto e quindi privato del suo territorio,
rimarrà un’organizzazione terroristica che, sebbene frammentata e
ridimensionata, sarà in grado di esercitare la sua influenza destabilizzante.
Attualmente il presidente del Paese è Fu’ad Ma’sud di origine curda, mentre il
primo ministro è Haydar al-'Abadi. Il 25 settembre scorso nel Kurdistan
iracheno si è tenuto uno storico referendum consultivo - perciò non vincolante
– sull’indipendenza da Baghdad, promosso dal presidente della regione autonoma
curda Masoud Barzani. L’esito fortemente favorevole all’opzione indipendentista
apre scenari problematici, suscitando le preoccupazioni non solo delle autorità
irachene, ma anche delle potenze confinanti Siria, Iran e Turchia, che ospitano
consistenti comunità curde. La consultazione referendaria – come auspicano i
promotori - dovrebbe essere il presupposto per la negoziazione di un distacco
dall’Iraq e la nascita di uno stato indipendente. Sono lontani i tempi in cui il
noto leader militare e politico Abd Al-Karim Qasim (1914 - 1963) sosteneva che
il popolo iracheno consiste di etnie fraterne che si sono amalgamate per
difendere l'esistenza di questa eterna nazione. Roberto Rapaccini