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PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

domenica 29 novembre 2020

AFGHANISTAN: MUJAHEDDIN, TALEBANI, STATO ISLAMICO (9/2/2018)

 

L’Afghanistan con le sue vicende internazionali è al centro della jihad globale, ovvero è spesso una specie di trincea avanzata del fondamentalismo violento sunnita. In proposito in questi anni si sono consumate anche cruente guerre infra-islamiste, come l’attuale conflitto fra i Talebani, originariamente provenienti da gruppi di Mujaheddin, e lo Stato islamico. Con il generico termine di Mujaheddin si indicavano i militanti della guerriglia islamica attivi soprattutto nell’Asia centrale. Il termine ebbe notorietà nel corso della guerra russo-afghana (1979-89) durante la quale i Mujaheddin, sostenuti da Stati Uniti, Pakistan e Arabia Saudita, contrastarono l’intervento militare sovietico favorevole al governo progressista afghano. Alla fine della guerra, i Mujaheddin afghani (da distinguere da quelli iracheni e da quelli iraniani) si divisero in due componenti, l’Alleanza del Nord e i Talebani. I Talebani, vincitori nel 1995-6 della guerra civile afghana successiva al ritiro dell’URSS, dopo aver conquistato il potere, imposero un regime teocratico basato sulla rigida applicazione della legge coranica. Rovesciati nel 2001 da una coalizione occidentale per i legami con Al Qaeda e con l’eversione di matrice islamista, continuarono a svolgere attività terroristica e di guerriglia. Dal 2015 i talebani ripresero a guadagnare terreno con l’obiettivo di contrastare anche il concorrente potere dello Stato Islamico all’interno della galassia jihadista. I miliziani dello Stato Islamico, presenti in Afghanistan dal 2014, erano confinati nel gruppo Islamic State–Khorasan Province (nel sud est del Paese). Inizialmente lontani dai principali centri abitati, progressivamente aumentarono la loro influenza nel Paese fino ad attuare sistematici attentati nella capitale Kabul. Il Califfato, infatti, dopo aver perso una parte rilevante del proprio territorio in Iraq e Siria, cercava di affermarsi negli Stati, come l’Afghanistan, che avevano una stabilità precaria. Diversamente l’obiettivo dei Talebani - alleati con importanti gruppi jihadisti estremisti come la rete Haqqani particolarmente vicina ad Al Qaeda (e forse ai Servizi Segreti pakistani) - era quello di minare la stabilità del governo afghano filo-occidentale, compiendo attentati continui e costanti contro la popolazione civile, creando quindi instabilità e caos. Si perseguivano così i fini di indebolire le istituzioni governative e di scoraggiare le forze esterne a proseguire il loro impegno militare. In proposito ci si riferisce soprattutto all’accresciuta presenza americana in Afghanistan decisa dall’amministrazione Obama e confermata da quella di Trump, anche se sembra che la lotta al jihadismo non sia più attualmente una priorità degli USA dal momento che si attribuisce sempre più rilievo alla competizione geopolitica e finanziaria con Cina e Russia. Le iniziative eversive violente probabilmente si sono intensificate anche a causa di un conflitto, non sempre latente, fra Talebani, Al Qaeda e Stato Islamico per la supremazia nel mondo jihadista violento, che si afferma attraverso la capacità di imporre il terrore e la relativa propaganda. Le questioni politiche si combinano con gli affari illeciti: i profitti della gestione del traffico di droga frutta ai Talebani ingenti somme con le quali viene finanziato l’acquisto di armi. Questi traffici sono ora insidiati dall’Isis, che inoltre fa proselitismo e recluta militanti fra i Talebani, allettati da un migliore compenso economico. L’Isis si potenzia mentre i Talebani si indeboliscono: anche questa contingenza si traduce in un motivo di reciproca avversione e diffidenza. Ulteriore causa di divisione è l’ottica strategica che riguarda il proselitismo violento per l’imposizione della Sharia: i Talebani sono nazionalisti e pertanto limitano la loro attenzione alle vicende del proprio Paese. Diversamente lo Stato Islamico non è interessato a confini nazionali, ma coltiva l’ambizione di estendere il Califfato quanto più possibile. Gli interessi religiosi inoltre in questa regione sono recessivi rispetto a quelli militari e strategici: l’Iran sciita supporta i Talebani sunniti con l'obiettivo di mantenere debole il vicino governo afghano. Purtroppo non sembrano esserci al momento prospettive di pace per questa disgraziata area: nessuno degli attori di questo sanguinario scenario di guerra ha attualmente la forza per imporsi sugli altri. Accanto alla storia fatta asetticamente dalle vicende dello Stato afghano, ci sono le sofferenze della gente comune alla quale è stata espropriata la possibilità di crescere e di vivere in pace e in serenità la normalità della vita quotidiana. Lo scrittore Khaled Hosseini nel romanzo ‘Il cacciatore di aquiloni’ con una bella frase intensamente lapidaria descrive bene questa condizione: “In Afghanistan ci sono tanti bambini, ma non esiste più l'infanzia”. In un documentario, ‘La vita in un giorno, un afghano dice: “Quando esco di casa al mattino, non sono sicuro che tornerò a casa sano e salvo. Nessun afghano si aspetta di tornare a casa sano e salvo”. Roberto Rapaccini