L’Afghanistan
con le sue vicende internazionali è al centro della jihad globale, ovvero è
spesso una specie di trincea avanzata del fondamentalismo violento sunnita. In
proposito in questi anni si sono consumate anche cruente guerre
infra-islamiste, come l’attuale conflitto fra i Talebani, originariamente
provenienti da gruppi di Mujaheddin, e lo Stato islamico. Con il generico
termine di Mujaheddin si indicavano i militanti della guerriglia islamica
attivi soprattutto nell’Asia centrale. Il termine ebbe notorietà nel corso
della guerra russo-afghana (1979-89) durante la quale i Mujaheddin, sostenuti
da Stati Uniti, Pakistan e Arabia Saudita, contrastarono l’intervento militare
sovietico favorevole al governo progressista afghano. Alla fine della guerra, i
Mujaheddin afghani (da distinguere da quelli iracheni e da quelli iraniani) si
divisero in due componenti, l’Alleanza del Nord e i Talebani. I Talebani,
vincitori nel 1995-6 della guerra civile afghana successiva al ritiro
dell’URSS, dopo aver conquistato il potere, imposero un regime teocratico
basato sulla rigida applicazione della legge coranica. Rovesciati nel 2001 da
una coalizione occidentale per i legami con Al Qaeda e con l’eversione di
matrice islamista, continuarono a svolgere attività terroristica e di
guerriglia. Dal 2015 i talebani ripresero a guadagnare terreno con l’obiettivo
di contrastare anche il concorrente potere dello Stato Islamico all’interno
della galassia jihadista. I miliziani dello Stato Islamico,
presenti in Afghanistan dal 2014, erano confinati nel gruppo Islamic
State–Khorasan Province (nel sud est del Paese).
Inizialmente lontani dai principali centri abitati, progressivamente
aumentarono la loro influenza nel Paese fino ad attuare sistematici attentati
nella capitale Kabul. Il Califfato, infatti, dopo aver perso una parte
rilevante del proprio territorio in Iraq e Siria, cercava di affermarsi negli
Stati, come l’Afghanistan, che avevano una stabilità precaria.
Diversamente l’obiettivo dei Talebani - alleati con importanti gruppi jihadisti estremisti
come la rete Haqqani particolarmente vicina ad Al Qaeda (e forse ai Servizi
Segreti pakistani) - era quello di minare la stabilità del governo afghano
filo-occidentale, compiendo attentati continui e costanti contro la popolazione
civile, creando quindi instabilità e caos. Si perseguivano così i fini di
indebolire le istituzioni governative e di scoraggiare le forze esterne a
proseguire il loro impegno militare. In proposito ci si riferisce soprattutto
all’accresciuta presenza americana in Afghanistan decisa dall’amministrazione
Obama e confermata da quella di Trump, anche se sembra che la lotta al jihadismo non
sia più attualmente una priorità degli USA dal momento che si attribuisce
sempre più rilievo alla competizione geopolitica e finanziaria con Cina e
Russia. Le iniziative eversive violente probabilmente si sono intensificate
anche a causa di un conflitto, non sempre latente, fra Talebani, Al Qaeda e
Stato Islamico per la supremazia nel mondo jihadista violento,
che si afferma attraverso la capacità di imporre il terrore e la relativa
propaganda. Le questioni politiche si combinano con gli affari illeciti: i
profitti della gestione del traffico di droga frutta ai Talebani ingenti somme
con le quali viene finanziato l’acquisto di armi. Questi traffici sono ora
insidiati dall’Isis, che inoltre fa proselitismo e recluta militanti fra i
Talebani, allettati da un migliore compenso economico. L’Isis si potenzia
mentre i Talebani si indeboliscono: anche questa contingenza si traduce in un
motivo di reciproca avversione e diffidenza. Ulteriore causa di divisione è
l’ottica strategica che riguarda il proselitismo violento per l’imposizione
della Sharia: i Talebani sono nazionalisti e pertanto limitano la loro
attenzione alle vicende del proprio Paese. Diversamente lo Stato Islamico non è
interessato a confini nazionali, ma coltiva l’ambizione di estendere il
Califfato quanto più possibile. Gli interessi religiosi inoltre in questa
regione sono recessivi rispetto a quelli militari e strategici: l’Iran sciita
supporta i Talebani sunniti con l'obiettivo di mantenere debole il vicino
governo afghano. Purtroppo non sembrano esserci al momento prospettive di pace
per questa disgraziata area: nessuno degli attori di questo sanguinario
scenario di guerra ha attualmente la forza per imporsi sugli altri. Accanto
alla storia fatta asetticamente dalle vicende dello Stato afghano, ci sono le
sofferenze della gente comune alla quale è stata espropriata la possibilità di
crescere e di vivere in pace e in serenità la normalità della vita quotidiana.
Lo scrittore Khaled Hosseini nel romanzo ‘Il cacciatore di aquiloni’ con una
bella frase intensamente lapidaria descrive bene questa condizione: “In
Afghanistan ci sono tanti bambini, ma non esiste più l'infanzia”. In un
documentario, ‘La vita in un giorno, un afghano dice: “Quando esco di casa al
mattino, non sono sicuro che tornerò a casa sano e salvo. Nessun afghano si
aspetta di tornare a casa sano e salvo”. Roberto Rapaccini